Un altro acquisto di documenti storici deciso dalla Banca locale per arricchire Piacenza di nuovi elementi di studio, utili alla valorizzazione di quanto merita di essere valorizzato: si tratta di una ricca documentazione – acquisita da un collezionista privato – relativa al restauro della nostra Cattedrale, compiuto tra il 1894 e il 1902.
Attraverso lettere, telegrammi, fatture, diari di lavoro, schizzi, disegni, bozzetti, promemoria è possibile ricostruire l’andamento dei lavori direttamente dai protagonisti di quell’intervento di recupero: il professore di architettura e ornato Camillo Guidotti (direttore dei lavori), l’ingegner Ettore Martini (incaricato della direzione dei lavori interni al Duomo) e l’avvocato Guerra Carolippo (presidente della Commissione amministrativa dei restauri).
Tra il materiale acquistato dalla Banca di Piacenza, di particolare significato alcune immagini fotografiche che testimoniano il “prima” e il “dopo” restauri: come quella risalente al XIX secolo, nella quale sono visibili gli affreschi realizzati dal bolognese Marcantonio Franceschini, tra il 1688 e il 1689, sui pennacchi e al centro della volta; e quella dell’interno del tempio post restauro, dove sotto la cupola sono visibili le finestre trifore, i pennacchi e lo spazio al loro interno ove, prima del distacco, si trovavano gli affreschi del Franceschini.
Spulciando tra le carte ci si imbatte in altre curiosità. Il 10 ottobre 1899, per esempio, l’ing. Martini avvisa l’ingegnere capo dell’arrivo di due vagoni di mattoni alla stazione di Piacenza per la Fabbrica del Duomo, mattoni “attesi come il Messia, perché i muratori sono senza”.
Dalla documentazione risulta anche che veniva ritenuta importante una scoperta artistica fatta durante i restauri del Duomo. Ecco quanto si legge in un ritaglio di giornale a firma “Un curioso”: “L’ing. Martini potè stabilire che nelle due pareti della nave maggiore della traversa, in prossimità delle due grandi absidi, e nelle altre pareti ad esse normali, esistevano una volta otto magnifici matronei; quattro dalla parte della Madonna del Popolo e quattro della testata opposta. Una volta ripristinati questi matronei, il nostro massimo tempio acquisterà sempre maggiore bellezza, maggior grazia e sempre più sarà avvicinato alla sua forma e struttura originale…”. Da segnalare, infine, un interessante documento del 1898: le memorie dell’ing Ettore Martini sul colloquio avuto con monsignor Scalabrini per il restauro di San Sepolcro e del Duomo.
Questo, per l’Istituto di via Mazzini, è solo l’ultimo salvataggio, in ordine di tempo, di patrimonio storico-culturale piacentino. Lo scorso anno la Banca di Piacenza ha realizzato la Salita al Pordenone grazie al recupero di un antico camminamento manutentivo trasformato in un percorso facilmente agibile. Contemporaneamente alla Salita, nella Sala del Duca in Santa Maria di Campagna sono stati esposti due Panini recuperati dalla Banca dall’estero, dov’erano da 300 anni. Sempre del Panini, ritrovati due disegni nell’archivio di Santa Maria di Campagna: uno raffigurante la stessa Basilica, l’altro la chiesa delle Benedettine. L’Istituto ha poi collaborato al recupero del carteggio di Verdi e acquisito il carteggio Illica-Tebaldini (lettere inedite di Luigi Illica indirizzate a corrispondenti quali Giulio e Tito II Ricordi, Pietro Mascagni e Giovanni Tebaldini, musicista e musicologo). La Banca ha in seguito ulteriormente arricchito il Fondo Illica con l’acquisto, da un collezionista privato, di 105 cartoline postali indirizzate al librettista vissuto a Castellarquato. Una raccolta perfettamente conservata, con cartoline spedite anche dall’estero. E oggi, questa “banca dei recuperi”, aggiunge un altro tassello all’opera di riemersione di patrimoni documentali destinati, altrimenti, a restare chiusi in soffitta.