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    Anche a Piacenza al via la sperimentazione con la colchicina contro il Covid -19

    Università di Parma e Azienda Ospedaliero-Universitaria insieme per la sperimentazione di un nuovo farmaco per il trattamento del coronavirus.  L’agenzia Italiana del Farmaco – AIFA ha infatti autorizzato un protocollo di ricerca ad hoc su pazienti con COVID-19, ricoverati all’Ospedale Maggiore, ai quali verrà somministrata la colchicina, un farmaco antinfiammatorio già ampiamente utilizzato per il trattamento della gotta, della pericardite e di alcune patologie reumatologiche.

    La colchicina potrebbe aprire nuove frontiere nella cura del Coronavirus. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, con i suoi reparti per i pazienti COVID-19, sarà capofila della sperimentazione, i cui risultati saranno noti entro l’estate. Lo studio, che prenderà il via nei prossimi giorni, verrà effettuato su 310 pazienti ricoverati con COVID-19, ed è mirato a valutare la sicurezza e l’efficacia della colchicina, un antinfiammatorio già disponibile e ben tollerato.

    “La scelta di utilizzare la colchicina nel trattamento dell’infezione da coronavirus – spiega il prof. Umberto Maggiore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo, coordinatore della ricerca afferente all’Unità Operativa di Nefrologia dell’Azienda Ospedaliera, diretta dal prof. Enrico Fiaccadori dello stesso Dipartimento universitario –  è giustificata dal suo meccanismo di azione, in quanto potrebbe contrastare la forte cascata infiammatoria che produce la polmonite nel decorso della malattia COVID-19. Il farmaco somministrato per via orale è un farmaco già in uso da decenni nel trattamento di diverse malattie auto-infiammatorie e potrebbe rivelarsi particolarmente efficacie nelle fasi precoci di malattia. Ciò potrebbe creare le premesse per un suo ampio utilizzo anche nei paesi ove non è possibile accedere a cure ad elevato costo”.

    Le sperimentazioni cliniche di nuove terapie per il trattamento dell’infiammazione attualmente in corso riguardano spesso le forme più gravi della malattia e impiegano farmaci biologici che, verosimilmente, potrebbero nel futuro non essere disponibili su larga scala. Questo studio si distingue perché mirato al trattamento dei pazienti affetti da COVID-19 con polmonite ma un quadro clinico stabile, di moderata o media gravità. L’obiettivo principale è quello di valutare se la colchicina possa prevenire gravi danni all’organismo responsabili anche del ricovero in terapia intensiva, e quindi se sarà possibile ridurre progressivamente l’infiammazione, migliorando la condizione di salute generale dei pazienti.

    Il progetto è stato ideato grazie al contributo di Licia Peruzzi, nefrologo pediatra all’Ospedale Regina Margherita di Torino, Lucio Manenti, nefrologo di Parma, e di Anna Maria Degli Antoni, infettivologa dell’Ospedale di Parma, e vedrà la partecipazione di Tiziana Meschi, docente di Medicina interna al Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università e responsabile della degenza COVID, con Carlo Ferrari, docente di Malattie infettive all’Università e Direttore del reparto di Malattie infettive del Maggiore. La ricerca, della durata di 3 mesi, si svolgerà nei reparti COVID e Malattie Infettive dell’Ospedale di Parma, Lodi, Cremona, Piacenza e Reggio Emilia, strutture in cui è stato registrato un alto tasso di contagi.

    “Fino ad oggi, solo undici sperimentazioni farmacologiche hanno superato il severo processo di valutazione di AIFA – conclude Caterina Caminiti, Direttore dell’Unità Operativa Ricerca e Innovazione dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria – per noi è motivo d’orgoglio sostenere e favorire la realizzazione di questo studio nato a Parma e realizzato senza alcun contributo economico esterno”.

    In tempi brevi saranno disponibili dati utili sull’efficacia del farmaco contro il virus. Se i risultati dello studio saranno promettenti, consentiranno di offrire una terapia efficace a tutti i pazienti affetti da Coronavirus.

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