«Piccolo è bello o piccolo è brutto? Piccolo è possibile». Questa la risposta data dal prof. Mario Comana – ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari dell’Università Luiss Guido Carli di Roma ed editorialista di MF-Milano Finanza – ospite della Banca di Piacenza al PalabancaEventi, dove ha tenuto una conferenza sul tema “Preservare l’identità delle banche locali con l’efficienza e la sostenibilità” davanti a un numeroso pubblico che ha affollato Sala Panini.
Dopo l’intervento di saluto del presidente dell’Istituto di credito Giuseppe Nenna, il relatore – dati alla mano – ha rappresentato che cosa sta accadendo nel sistema bancario italiano. Nel 2001 c’erano 761 banche; nel 2023, 428: di queste, però, 350 sono banche di credito cooperativo che fanno parte di 2 gruppi bancari. Quindi gli Istituti di credito che si fanno concorrenza in Italia sono di fatto un’ottantina, ha precisato il professor Comana, che ha evidenziato come alla diminuzione del numero di banche abbia fatto seguito un ridimensionamento degli sportelli, passati dai 33mila del 2001 ai 20mila del 2023, anno in cui la quota di mercato delle prime 5 banche italiane era del 48,7% (22,68% nel 2001). Oggi siamo al 74,82%, percentuale che salirebbe al 78,87% se andasse in porto l’ipotesi di fusione Unicredit-BPM, all’82,15% se si aggiungesse anche la fusione tra MPS e Mediobanca e addirittura all’84,05% con l’ulteriore unione tra BPER e Popolare di Sondrio. «Il che vuol dire – ha spiegato l’economista – che il resto degli operatori si dividerebbero il 15% del mercato. Di fatto un oligopolio, quando sappiamo che i mercati più efficienti sono quelli aperti e competitivi».
Per non cadere nell’errore di considerare una banca cosa positiva o negativa in base alle dimensioni, il prof. Comana ha invitato a prendere lezione dalla natura: «Che ci dimostra come gli animali più grandi non vincono su quelli più piccoli, ma che ogni specie usa le sue caratteristiche per assicurarsi il successo ecologico ed è utile a suo modo per l’equilibrio dell’ecosistema».
Il relatore ha quindi sfatato il mito delle economie di scala («nel sistema bancario cessano di manifestarsi al di sopra di soglie dimensionali piuttosto modeste») sostenendo che l’importante è «saper definire, raggiungere e soddisfare un mercato adeguato alle proprie dimensioni». Il prof. Comana ha poi riferito i risultati di una ricerca commissionata dall’Associazione delle banche popolari, secondo i quali dei modelli di business individuati nessuno appare dominante. «Quello che conta per l’efficienza e l’efficacia della banca sono i fattori individuali più che caratteristiche generali (come ad esempio la dimensione o la collocazione competitiva) e la sostenibilità si acquisisce nel tempo attraverso la persistenza dei risultati, non con profitti brillanti ma episodici e volatili».
In conclusione l’illustre relatore si è domandato se piccolo è utile o bastano le banche grandi. La risposta la troviamo nel fatto che le banche locali servono utilmente le comunità dei territori di appartenenza e i loro soci. Ma il radicamento sul territorio e la prossimità alla clientela sono ancora un vantaggio competitivo ai tempi della banca digitale? «La risposta è sì – ne è convinto il prof. Comana – perché essere una banca piccola non è una condanna ma un’opportunità che si giustifica nel fatto di portare un servizio con efficienza e correttezza in territori dove c’è ancora richiesta di banche fisiche. La sfida è quella di integrare il rapporto interpersonale con soluzioni digitali, non solo nel credito ma anche nell’offerta di servizi, individuando grazie all’intelligenza artificiale bisogni, target e soluzioni più efficaci».
«Lei ha dato “scientificità” al nostro pensiero – ha chiosato il presidente Nenna -. Abbiamo avuto in Corrado Sforza Fogliani un grande maestro e portiamo avanti i suoi insegnamenti»
Banca piccola o banca grande? «Banca utile»
Il prof. Comana al PalabancaEventi - «Essere banca locale non è una condanna ma un’opportunità di servire con efficienza i territori dove si è insediati»