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Caso Almasri: per gli avvocati penalisti italiani l’iscrizione di Meloni e dei ministri nel registro delle notizie di reato “non era un atto dovuto”

Secondo la Giunta dell'Unione Camere Penali Italiane "non esistono automatismi". "Malgrado quanto sostenuto da ANM non è dovuta l’iscrizione di una notizia che non abbia un minimo di fondamento"

Resta alta la tensione intorno all’iscrizione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni (nella foto durante un comizio a Piacenza), del ministro della Giustizia Carlo Nordio, del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano nel registro delle notizie di reato in seguito alla denuncia dell’ex politico ed avvocato Luigi Li Gotti. Come è noto la decisione presa dal procuratore della Repubblica di Roma, Francesco Lovoi, è stata difesa dall’associazione dei magistrati ANM che l’ha definita “un atto dovuto”. Contro questa tesi ora però si schiera nettamente l’L’Unione della Camere Penali Italiane, l’associazione degli avvocati penalisti a cui aderiscono 128 Camere Penali territoriali per un totale di più di 10.000 legali.

Il presidente Francesco Petrelli ha diffuso una nota in cui sottolinea la pericolosità, per gli equilibri dello Stato, di questa iscrizione:

«In un momento in cui è già altissima la tensione fra politica e magistratura apprendiamo con preoccupazione di una iniziativa giudiziaria che vede indagati i vertici del governo per favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda della liberazione del comandante libico Almasri. Non conoscendo nel merito le ragioni dell’iscrizione non è allo stato possibile comprendere ove la procura romana individui il limite fra il legittimo esercizio della discrezionalità politica esposta al solo sindacato dell’opinione pubblica e dall’elettorato ed il controllo di legalità, fermo restando che anche la eventuale violazione di un trattato internazionale cui lo stato italiano debba ottemperare non può essere oggetto di una azione giudiziaria da parte della magistratura.
Risulta pericoloso per gli equilibri dello Stato che, mentre si devono ancora accertare gli effettivi limiti e la correttezza dell’azione politica del Governo davanti al Parlamento,  si intervenga da parte del potere giudiziario con un’azione davvero eclatante che rischia di innescare ingiustificatamente un ulteriore motivo di tensione e di conflitto».

Ancora più interessante è però la nota scritta dalla Giunta dell’Unione Camere Penali Italiane in cui si spiega, con i dovuti riferimenti normativi, perché l’iscrizione di Meloni e dei suoi ministri non sarebbe affatto automatica e quindi dovuta a prescindere. Un’interpretazione che smentisce nettamente quanto sostenuto dai rappresentanti dei magistrati.

Il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusta senza esserlo

«Come chiarito fin dal 2009 dalle Sezioni Unite dalla Suprema Corte di Cassazione, con la famosa sentenza “Lattanzi”, l’obbligo del Pubblico Ministero di iscrivere una notizia di reato e il nome dell’indagato nel relativo registro sorge solo a fronte di una notizia “qualificata” e non in presenza di qualunque esposto, denuncia o querela. Il principio è stato recepito dal legislatore, che con la riforma “Cartabia” nel 2022 ha modificato l’articolo 335 del Codice di Procedura Penale, prevedendo che si debba trattare “di un fatto, determinato e non inverosimile riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice” e per il quale “risultino” “indizi” a carico “della persona alla quale il reato è attribuito”.

Sul punto si era ampiamente diffusa anche la nota “circolare Pignatone” del 2 ottobre 2017”, che escludeva “iscrizioni automatiche basate su una lettura meccanica della normativa” che poterebbero ad “attribuire impropriamente alla polizia giudiziaria – o addirittura al privato denunciante – il potere di disporre in ordine alle iscrizioni”.

Dunque il pubblico ministero è onerato di verificare se le condotte descritte nell’eventuale esposto possano essere ritenute, anche solo astrattamente, penalmente rilevanti, e ove questo giudizio dia esito negativo, non deve procedere ad alcuna iscrizione.

La legge costituzionale numero 1 del 1989 che prevede poi, per i reati che si ipotizza siano stati commessi dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dai Ministri nell’esercizio delle loro funzioni, l’obbligo di avviso alle persone interessate e la Trasmissione al Tribunale dei Ministri, deve ovviamente essere letta alla luce della regola generale.

Ne discende che non esistono automatismi. A nessuno può sfuggire che, ogni interpretazione contraria, oltre a contraddire la legge, darebbe luogo ad esiti paradossali; la più insensata, infondata e fantasiosa denuncia dovrebbe dare luogo alla costituzione di un Tribunale dei Ministri, composto da tre magistrati, e determinare l’avvio di un’attività di indagine.

Sorprende, dunque, la lettura data dall’ANM alla scelta da parte del Procuratore di Roma di iscrivere nel registro delle notizie di reato la Presidente del Consiglio, il Ministro della Giustizia, il Ministro dell’Interno e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, secondo cui si sarebbe trattato di “atto dovuto”.

Malgrado quanto sostenuto dal sindacato delle toghe, non è dovuta l’iscrizione di una notizia che non abbia un minimo di fondamento e tale valutazione spetta, appunto, al Pubblico Ministero.

L’8 agosto dell’anno scorso, l’On. Roberto Giachetti ha presentato un esposto-denuncia contro il Ministro Nordio e i sottosegretari Andrea Delmastro Delle Vedove e Andrea Ostellari, ritenuti responsabili di condotte omissive in relazione ai 65 suicidi di detenuti all’interno degli istituti di pena. Qualcuno ha avuto notizia che il Procuratore di Roma li abbia inscritti nel registro degli indagati e abbia trasmesso gli atti al Tribunale dei Ministri previo avviso agli interessati? Sarebbe istruttivo conoscere il pensiero dell’ANM a riguardo.

Insegnava Platone: “Il capolavoro dell’ingiustizia è di sembrare giusta senza esserlo”.

Almeno per questa volta il capolavoro però, per quanto ci si sforzi, non pare sia riuscito».

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