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Chiara Bersani, i successi a teatro e il suo corpo “non conforme”: “Qualcuno ha smussato gli angoli del sistema”

“Se dovessi raccontare come mi sento ora, mentre provo ad organizzare i pensieri in un breve discorso, mi vengono in mente gli astronauti quando si avvicinano alla luna”. Con queste parole Chiara Bersani prova a raccontare le emozioni dopo il ricevimento del premio Ubu, il più importante nel settore teatrale in Italia, per la performance in “Gentle Unicorn”, da lei scritto e diretto. Chiara ha vinto nella categoria Under 35

“Loro sanno che pochi altri uomini li hanno preceduti su quel satellite. Sanno di essere un’eccezione perché la norma vuole che i corpi come i loro restino sulla terra e sulla terra camminino e vivano. Se i corpi degli astronauti sono arrivati sulla luna è perché molte persone prima di loro li hanno immaginati là e hanno fatto il possibile per mandarli”.

Chiara è affetta da una forma medio grave di Osteogenesi Imperfetta, e da anni cerca si interessa al significato politico dei corpi, a come possono essere percepiti.

“Se io, con il mio corpo disabile oggi sono qui, a ricevere un riconoscimento così prezioso, è perché qualcuno da chissà quanti anni ha iniziato lentamente a smussare gli angoli di un intero sistema. Se il mio corpo è qui è grazie a tutti i maestri che hanno scelto di accogliermi come allieva anche se questo significava adattare i loro metodi ai miei movimenti. È grazie ai registi, ai coreografi, ai curatori, ai colleghi attori e performer che hanno abbracciato la specificità della mia forma. È grazie a chi inizialmente non era d’accordo e poi ha cambiato idea.

Quando gli astronauti sono arrivati sulla luna hanno messo una bandierina volevano segnare una conquista: quello era il punto più lontano nell’universo raggiunto dall’uomo. Anche io oggi vorrei mettere una bandierina qui ma non per fissare un punto d’arrivo. La mia bandierina vuole essere una linea di partenza perché io non voglio più essere un’eccezione!

I premi servono ad aprire questioni e io vorrei che si iniziasse a riflettere in maniera più strutturata sull’importanza di rendere veramente accessibile la formazione per attori e performer anche a corpi non conformi. Vorrei che sempre più autori, curatori, registi e coreografi iniziassero a vedere nella variabilità della forma un potenziale e non solamente un rischio. Vorrei che si uscisse dal pensiero narrativo – naturalistico per cui uno spettacolo contenente un attore appartenente ad una qualsiasi minoranza debba necessariamente affrontare tematiche relative ad essa.

Oggi desidero leggere questo premio come un’assunzione di responsabilità da parte del teatro italiano nei confronti di tutti quei corpi che per forma, identità, appartenenza, età, provenienza, genere faticano a trovare uno spazio in cui far esplodere le loro voci”. 

QuotidianoPiacenzaOnline

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