Il Cammino di Santiago per Claudio Pelizzeni è diventato metafora della vita, con le sue fatiche, le sue difficoltà, con la via verso la meta finale tracciata da frecce e conchiglie gialle.
Un percorso dove le certezze lasciano posto ai dubbi, dove l’asfalto, apparentemente più comodo e meno dissestato, si rivela in realtà duro e faticoso da percorrere, nemico giurato per piedi e giunture e dove, invece, i sentieri di campagna con le loro asperità risultano più adatti all’incedere del viaggiatore.
Anche il destino di Claudio sembrava dritto, lineare, prevedibile, finchè non ha deciso di lasciare un lavoro ben retribuito (come vice-direttore di una banca) ed attraversare il mondo senza aerei e con la scomoda compagnia del diabete. Una scelta apparentemente folle e che invece lo ha premiato trasformandolo in uno fra i più apprezzati travel blogger italiani.
Dopo il libro, il successo, le comparsate televisive molti si sarebbero aspettati un nuovo viaggio, ancor più estremo, magari verso l’Antartide. Pelizzeni ha di nuovo spiazzato tutti scegliendo di percorrere uno fra i più antichi pellegrinaggi al mondo e di farlo in assoluto silenzio.
Per comunicare con gli altri un foglietto in cinque lingue (per spiegare la sua originale scelta, simile ad un voto), un taccuino ed una penna. Un modo per disconnettersi dai social, di Facebook, di Instagram. Un mondo virtuale a cui Claudio sa bene di dovere tanto ma da cui ha sentito il bisogno di distaccarsi per ascoltare sé stesso, il suo corpo ed i suoi pensieri.
Tutto senza parlare, per aprirsi agli altri: pronto ad accogliere i racconti di chi ha incontrato lungo la strada.
Storie che trovano ospitalità nel suo nuovo libro “Il silenzio dei miei passi” (Sperling & Kupfer) presentato presso la libreria laFeltrinelli di Piacenza. Ad intervistarlo, con elegante ironia, Alberto Fermi.
In un mondo in cui le parole abbondano e spesso strabordano, in cui si parla ma non si ascolta, Pelizzeni ha deciso di compiere il suo Cammino tacendo e mettendosi all’ascolto.
Lo hanno accolto – ha spiegato – un mix di sorrisi e di diffidenza. Diffidenza verso il silenzio, verso lo straniero ed anche verso i tatuaggi che, con l’inchiostro, raccontano squarci della sua vita sulle braccia. Quando non li nascondeva, con le maniche abbassate, trovare un posto dove dormire (magari in un convento od in un piccolo villaggio rurale) si faceva più difficile.
Quello di Santiago – secondo Pelizzeni – è un viaggio iniziatico in cui «la cosa importante è partire persone e tornare pellegrini. Un viaggio che dà tantissimo e che tutti dovrebbero fare». Duemila chilometri percorsi con la sensazione di essere protetti da una forza superiore come quando lo stesso Claudio è “miracolosamente” scampato all’esondazione del fiume Aude che ha causato la morte di 13 persone. Solo perché, per motivi inspiegabili, ha cambiato la routine che lo accompagnava da giorni ed ha evitato la furia della natura per una manciata di minuti.
«In realtà, in tutti i miei viaggi ho sempre avuto più paura dell’imprevedibilità degli uomini rispetto ai pericoli della natura».
Il viaggiatore piacentino, nell’incontro ha parlato di dolore «che fa parte della vita e non va mai evitato ma affrontato» e di coraggio che vuole semplicemente dire «andare oltre le proprie paure. Qualcuno mi dice che sono stato coraggioso a mollare tutto e partire per il giro del mondo. Ma a volte penso che sia più coraggioso chi continua, ogni giorno a fare il bancario».