Il calcio femminile in Italia fino a non molto tempo fa pochi se lo filavano. Poche sporadiche realtà che arrancavano per avere visibilità, nonostante in altre zone d’Europa e del mondo pallone “rosa” fosse ritenuto dagli addetti ai lavori alla stregua di quello maschile.
Poi arrivò nel 2017 la Juventus Women, e da allora l’interesse per le calciatrici è aumentato esponenzialmente, e ora cavalca la parabola più alta grazie ai successi della nostra Nazionale ai Mondiali in corso in Francia. Prime nel girone, vittoria confortante contro la Cina 2 – 0 negli ottavi e miglior risultato al Mondiale eguagliato (quarti, 1991) dai tempi di Carolina Morace.
Anche Piacenza ha fatto il suo, in piccolo. Nel 1968 la fondazione della squadra femminile, solo 3 anni dopo arriva anche lo scudetto. In seguito il movimento va scemando fino al 1984, quando la squadra dichiara la propria inattività, nonostante un terzo posto in Serie A.
Ora la squadra è ripartita, ci sono le Biancorosse Piacenza che tengono vivo il settore in Serie D. Abbiamo voluto intervistare la presidente Cristina Zoccheddu per capirne di più dopo l’ultimo campionato finito ad un passo dalla promozione.
Come è andato questo campionato?
Siamo soddisfatte perchè abbiamo raggiunto il nostro obiettivo, i playoff, facendo un buon girone di ritorno. Abbiamo perso la partita decisiva e ci siamo classificate terze. Io per prima sono la più soddisfatta. Il prossimo anno cercheremo di fare del nostro meglio, la squadra si sta rinforzando e auspichiamo di fare il salto di categoria.
Quante calciatrici ci sono a Piacenza?
Vedo che il settore si sta muovendo, noi tra bambine, la squadra di 23 elementi più il Piacenza Calcio che ci dà una mano, raggiungiamo un centinaio di calciatrici, dagli 8 ai 30 anni. Vedo che anche altre squadre, come la Sarmatese, sta ampliando il proprio organico.
Che rapporti ci sono col Piacenza Calcio?
Il Piacenza Calcio ci ha aiutato in questi anni a livello di marchio, come biglietto da visita. Dobbiamo discutere del rinnovo di questa collaborazione, per portare avanti questo progetto e integrarlo ancora di più col settore giovanile. Con la chiusura del Pro hanno rilevato le bambine.
Come coniugano il lavoro e gli allenamenti le ragazze?
Queste ragazze lavorano e studiano. Nella vita sono ingegnere, commercialista, fisioterapista, commessa, la gamma è ampia. Alcune adesso stanno dando la maturità. Facciamo due allenamenti serali a settimana proprio per dare la possibilità a tutte di allenarsi regolarmente. Poi il sabato la partita.
State seguendo i Mondiali? Cosa ne pensate di questa squadra?
Assolutamente, ad ogni partita c’è il ritrovo. Vedo interviste delle calciatrici orgogliose che tutta l’Italia le stia seguendo, perchè è giusto e corretto. E’ giusto supportare queste giocatrici fenomenali. Sicuramente ci ha aiutato molto, anche nel nostro piccolo, questo exploit della Nazionale, che si parli di calcio femminile. Anche perchè esprimono un buon gioco, ma soprattutto fanno gruppo, lo si vede anche in alcuni dettagli dell’ultima partita con la Cina.
Possono arrivare fino in fondo?
Si, certamente. Almeno fino alla finale, poi li ce la si gioca sempre, è un terno al lotto.
Pensate che l’entusiasmo (anche in termini di share televisivo) nei confronti di questa Nazionale possa durare nel tempo o andrà scemando finita la Coppa del mondo?
Penso che possa durare, perchè attorno a loro anche i grandi club, come Juventus e Fiorentina, hanno creato una squadra e stanno investendo in questi nuovi progetti. Si sono messi in gioco.
Cosa dovrebbe imparare il calcio femminile dal calcio maschile?
L’umiltà. Meno pretese e più umiltà.
Una nota conclusiva su Luciana Meles, che tipo di allenatrice è?
Lei ha alle spalle una storia, che si porta appresso. Sicuramente negli anni il calcio è cambiato rispetto a quando veniva giocato da Luciana. Un’ottima insegnante.
QuotidianoPiacenzaOnline