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Cristina Vangone presenta il suo libro “Principesse delle mie brame”

Fu folgorata dai cartoni animati quando era una bambina, tanto da scriverne addirittura una tesi di laurea, che è stata rivista per la pubblicazione di un libro “Principesse delle mie brame” (Effatà Editrice), che parla dell’identità di genere e cartoon.

Come è nato il libro? 

Mi ero laureata da un paio di mesi, dopo la proposta della pubblicazione ho cercato di limare alcune parti più “accademiche”, integrando il testo con altro materiale. E’ un libro a metà tra il saggio e la narrativa, cercando una commistione tra queste due anime che fosse appetibile per il lettore. Mi piace sempre dire che propone un viaggio tra principesse, per verificare quali sono i modelli di donna proposti alle bambine, attraverso Classici Disney. Cerco in una prima parte di chiarire alcuni aspetti di cui oggi tanto si sente parlare, creando un gran polverone, ma che non sono molto chiari, come sesso e genere, identità di genere e orientamento sessuale etc.

Come mai hai scelto proprio Biancaneve, Mulan, Pocahontas e Rapunzel per la tua trattazione? 

Un’esperienza in particolare mi lega a Mulan, fulcro di tutto, perchè ha fatto nascere in me spunti di riflessione prima ancora che facessi studi di genere, e prima ancora che avessi le parole adatte per parlare di questioni come queste; quando è uscito il cartone animato, infatti, avevo solo 9 anni e mezzo. Un altro dei grandi obiettivi sottesi al mio lavoro è però verificare se nel corso del tempo c’è stata una evoluzione nella percezione e nella rappresentazione della figura femminile. L’obiettivo è vedere se nel corso del tempo c’è stata una evoluzione nella percezione della figura femminile. Sono partita da Biancaneve perché è la regina di tutte le principesse, poi mi sono concentrata sui lungometraggi venuti dopo gli anni 70 e infine, su uno del nuovo millennio, quindi una scelta dettata dagli sviluppi temporali del movimento femminista.

Nell’introduzione parli di un episodio particolare legato alla tua infanzia, quando ricevevi per l’Epifania una cassetta di un cartone Disney.  

Sì, si tratta di un momento che mi ha segnato profondamente, perché anche se mi sono sempre sentita una femmina, rispetto ai canoni della nostra società ero una bambina un po’ particolare: amavo giocare con le bambole, per esempio, ma anche a calcetto. Le principesse che ho visto prima dei miei 9 anni e mezzo però, erano sempre e solo soggetti deboli da salvare, tutte rosa, vestitini, cuoricini e fiorellini. Io odiavo i collant, odiavo portare i capelli lunghi. Il rischio è che dinanzi a rappresentazioni femminili standardizzate e riduttive non ci si riesca ad immedesimare, finendo per sentirsi diversi o, peggio ancora, sbagliati. Io sono cresciuta serena grazie ai miei genitori, che non mi hanno mai fatto pressioni sul mio modo di essere ma per qualcuno potrebbe non essere così. In Mulan ho visto per la prima volta un modello altro di donna; una donna coraggiosa che andava a combattere e con la quale potevo finalmente sentirmi affine.

Cosa ne pensi dell’approccio che ha Piacenza verso l’identità di genere e la tutela della stessa? E della recente fuoriuscita della nostra città dalla rete R.e.a.d.y? 

Mi ha fatto molto piacere partecipare alla manifestazione sotto Palazzo Mercanti, ma mi avrebbe fatto ancora più piacere non parteciparvi! Francamente è una scelta che non comprendo. L’amministrazione non nega la possibilità di far partire un confronto su queste tematiche, però mi chiedo, se già c’era una rete predisposta a questo, perché uscirne? Sento che nella società attuale ci sia sempre più bisogno di progetti come questo, purtroppo accade ancora troppo spesso che le discriminazioni passino in secondo piano.

Se volte ulteriori informazioni o volete acquistare il libro: https://editrice.effata.it/libro/9788869292286/principesse-delle-mie-brame/  

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