“I dazi al 30% all’Europa annunciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump vanno oltre ogni più cupa previsione e sono assolutamente inaccettabili. Per l’agricoltura europea e per quella italiana, sarebbero una condanna che va a colpire non solo il settore primario, ma l’economia di interi Paesi”. Così il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, commenta la lettera di annuncio dei dazi USA inviata alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
“Le nostre imprese – aggiunge Giansanti – non potrebbero sopportare un carico di questo tipo e la questione non riguarda solo la filiera agroalimentare. Come Europa dobbiamo essere uniti nel negoziato e trovare una soluzione che non affossi l’economia del nostro continente”. “Nessuno si aspettava i dazi americani corrispondenti a quelli del Messico e del Sudafrica e francamente noi europei, che siamo una grande potenza economica, politica e un grande alleato degli Usa, ci aspettavamo un trattamento diverso – ha rimarcato Giansanti -. Mi auguro un ripensamento americano – ha precisato – i dazi a questi livelli creerebbero un caos globale, non solo nei rapporti tra Ue e Usa”.
Secondo il presidente di Confagricoltura, la chiave per disinnescare la crisi potrebbe essere l’apertura di un confronto sulle barriere non tariffarie, ancora molto diffuse nel settore agricolo. Ma la questione va ben oltre il semplice scambio di merci: “L’obiettivo americano non è tanto imporre maggiori dazi, ma riuscire ad aprire il mercato europeo e rafforzare l’economia americana. O la Ue dimostra di essere veramente solidale con una politica economica in grado di sostenere il suo sistema produttivo – conclude Giansanti – oppure resteremo solo un grande condominio”.
Marco Casagrande, direttore di Confagricoltura Piacenza, interviene con una riflessione sull’economia locale: “il nostro territorio è particolarmente vocato a produzioni agroalimentari di pregio: i nostri salumi e formaggi Dop, i vini Doc e i trasformati del pomodoro, giusto per citarne alcuni, hanno nel mercato americano un interlocutore privilegiato. Non sappiamo quale impatto reale potrebbe avere una politica protezionistica di questo tipo su produzioni considerate di alta gamma, certo è che l’atteggiamento americano, che vorrebbe rafforzare l’economia chiudendo le frontiere, ricalca una ricetta proposta anche in salsa nazionale e non si discosta troppo dal mantra del localismo esasperato, della guerra ai cibi trasformati, della disintermediazione rispetto alla filiera industriale. Una visione miope di cui auspichiamo nessuno sia ancora succube ora che la viviamo anche come minaccia esterna. Un’agricoltura forte e competitiva, come in generale un’economia forte, vive di filiere globali e interconnesse. I nostri prodotti vincono sui mercati quando sono migliori e non si deve impedire loro di confrontarsi con il mondo”.