Sono state necessarie due sale di Palazzo Galli (la Panini e la Verdi, videocollegata) per accogliere il numeroso pubblico intervenuto per scoprire tutti i segreti di Enigma, la macchina cifrante più famosa al mondo, utilizzata da militari e servizi segreti tedeschi durante la II Guerra mondiale per inviare messaggi in codice. L’appuntamento della Primavera culturale organizzata dalla Banca di Piacenza è stato introdotto dal direttore generale dell’Istituto di credito Mario Crosta che, presentando i relatori Alberto Campanini e Bruno Grassi, ha ricordato come la loro associazione culturale Rover Joe abbia un museo con esposti ben 1800 apparecchi di telecomunicazione (12 dei quali esposti nella Panini, mai visti da alcuno assieme).
Campanini e Grassi hanno quindi dato vita ad una dinamica illustrazione – passandosi di continuo la parola – sia di Enigma, sia di rari esemplari di altre macchine cifranti utilizzate nel secondo conflitto mondiale (tra queste, anche un modello italiano voluto da Mussolini, che non si fidava dei tedeschi).
Enigma («che ha allungato la guerra di almeno due anni») si ispira alla tecnica dei dischi cifranti inventati da Leon Battista Alberti nel 1450 (crittografia polialfabetica). E’ nata per scopi civili (utilizzata per le transazioni di Borsa) ed è poi stata riconvertita ad uso militare dalla Wehrmacht, per comunicare i piani d’attacco alle varie truppe. Ma come funziona? Intanto, non trasmette: codifica e decodifica messaggi. Ha l’aspetto di una macchina da scrivere con una tastiera ed una serie di lampadine corrispondenti alle lettere. Ad ogni tasto premuto si accendono – secondo il codice scelto – le lettere luminose. La sequenza delle lettere che si illuminano dà il messaggio cifrato (i relatori hanno dimostrato il funzionamento di Enigma coinvolgendo il pubblico). Il segreto della macchina cifrante sono i rotori, che contengono il labirinto dei collegamenti (ogni rotore ha 26 contatti di ingresso e uscita, uno per ogni lettera dell’alfabeto). I possibili codici di partenza sono 17.576 (26x26x26). Alla fine, le configurazioni possibili di enigma raggiungono una cifra incredibile: 107 triliardi, numero a 21 zeri. Ciò nonostante, si è scatenata la “guerra dei codici” per riuscire a decodificare i messaggi del nemico.
Sono stati i polacchi, sfruttando i difetti della macchina, a riuscire nell’impresa. Nel 1939 la Germania invade la Polonia e la tecnologia di decodifica è ceduta agli inglesi. A Bletchley Park vengono riuniti matematici, esperti di enigmistica, maestri di scacchi, elettrotecnici, meccanici di precisione allo scopo di studiare un sistema sempre più affinato per la decodifica dei messaggi di Enigma. Ed è in quel contesto che Alan Turing (è stato richiamato il celebre film The imitation game che racconta la vita del matematico inglese, considerato il padre dell’informatica) teorizza una grande macchina decodificatrice ispirandosi al principio che sarà poi alla base dei moderni computer. Turing – hanno spiegato Campanini e Grassi – muore nel 1954 (non si sa bene se suicida o “suicidato”) addentando una mela avvelenata: «Quasi tutti noi portiamo un po’ di Turing nelle nostre tasche», perché molto probabilmente è a quella tragica morte che s’ispirò la nota ditta di Cupertino nella scelta del simbolo che campeggia oggi sui nostri smartphone.
Al termine della conversazione – applauditissima in entrambe le sale – la gran parte del pubblico composta in specie da giovani, si è assiepata vicino alle macchine, commentandole ed anche provandole sotto l’esperta guida di Alberto Campanini e Bruno Grassi, ai quali la Banca ha riservato un ricordo della serata, due preziosi piatti Royal Copenhagen, riproducenti la facciata di Palazzo Galli, con la promessa dei due esperti di ritornare prossimamente.