Abbiamo parafrasato un famoso slogan pubblicitario del prosciutto crudo per riassumere la paradossale vicenda del baule di Giuseppe Verdi di cui ci siamo più volte occupato in passato.
L’oggetto del contendere sono le carte contenute in un baule da viaggio appartenuto al maestro; costruito a Chicago dalla Marshall Field and Company, alla fine dell’Ottocento, è sempre rimasto nella villa di famiglia, andata in eredità, alla morte del compositore ai Carrara Verdi.
Verdi scomparve nel 1901 senza figli naturali (ne aveva avuti due, morti entrambi in tenera età). Aveva però adottato la cugina Filomena, andata poi in sposa ad Alberto Carrara, figlio di Angiolo, il notaio di Verdi.
Verdì passò gran parte della sua vita, in compagnia della seconda moglie Giuseppina Strepponi, proprio nella casa di Sant’Agata dove rimasero tutti i suoi beni.
I carteggi trattenuti a Parma a titolo cautelativo
I carteggi, di proprietà degli eredi del maestro, il 10 gennaio del 2017, erano stati portati dalla Villa di Sant’Agata (PC) presso l’Archivio di Stato di Parma ufficialmente per essere digitalizzati. Avrebbero dovuto rientrare “a casa” rapidamente ed invece da Parma non sono mai più mossi, trattenuti dall’Archivio di Stato “a titolo cautelativo”.
A fine aprile 2017 Gino Famiglietti, direttore generale per gli archivi del ministero dei Beni culturali, tenne una conferenza stampa, nella sede romana dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi attaccando indirettamente la famiglia ed accusandola, di non aver messo a disposizione i documenti e di averli mal conservati «In sei mesi – disse – grazie a fondi già disponibili, saranno completati la descrizione analitica e il restauro dei documenti che lo richiedono, per procedere subito dopo alla digitalizzazione e alla messa a disposizione online di un materiale che il mondo degli studiosi attendeva da troppo tempo. Non era fruibile, presto lo sarà».
Come ebbe modo di dire Famiglietti la consegna dei beni da parte degli eredi era avvenuta consensualmente con il Ministero (in caso contrario probabilmente sarebbe scattata la richiesta di consegna coattiva, prevista dalla legge per “verificare la conservazione e la consistenza dei beni archivistici anche se in possesso dei privati”).
Verdi aveva chiesto di bruciare le carte, salvate invece dagli eredi
L’Istituto Nazionale di Studi Verdiani di Parma è stato individuato come referente tecnico-scientifico del progetto di digitalizzazione delle carte sul cui destino il maestro era stato chiarissimo (e lo aveva scritto su uno di questi fogli) “Abbruciate tutte queste carte!”.
Dunque se le carte esistono ancora lo si deve proprio alla famiglia Carrara Verdi a cui, dopo 116 anni, sono state improvvisamente tolte.
Piacenza vs. Parma
La vicenda è più volte balzata agli onori della cronaca ed ha riattizzato il mai sopito campanilismo fra Parma e Piacenza. La Banca di Piacenza è stata probabilmente la prima a parlare del baule, chiedendone la restituzione, e ne ha ripetutamente scritto sulle pagine del proprio sito.
Anche il parlamentare piacentino Tommaso Foti se ne è occupato in varie occasioni.
Totalmente ignorata, dallo Sato, la risoluzione della Regione
Quando ancora sedeva nel Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna fece approvare all’unanimità dalla commissione cultura della Regione la risoluzione n. 5301 (firmata fra gli altri anche dalla piacentina Katia Tarasconi del PD) per far tornare i documenti a Villa Verdi, una volta digitalizzati. Da allora (era il settembre del 2017) ad oggi, nulla è cambiato ed il baule resta a Parma.
Foti, nella sua attuale veste di parlamentare, ha presentato un’interrogazione al ministro del MiBACT ricordando innanzitutto come la dimora del maestro sia «soggetta a vincolo del Ministero dei beni culturali che ha sancito l’inscindibilità della predetta Villa e dei beni in essa contenuti». Invece gli ispettori della Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia Romagna, dopo un ulteriore sopralluogo a Villa Verdi (avvenuto il 7 maggio 2018) hanno stabilito l’inadeguatezza della conservazione dei “Carteggi verdiani”, disponendo, seduta stante, il trasferimento degli stessi. Nessuna restituzione del baule dunque ma anzi un ulteriore trasferimento coatto delle memorie verdiane dalla loro naturale collocazione, ritenuta improvvisamente non adeguata.
Nessuna restituzione, anzi altri documenti trasferiti coattivamente a Parma
La risposta all’interrogazione dell’onorevole Tommaso Foti è arrivata dal sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Gianluca Vacca secondo cui lo spostamento presso l’archivio di Parma si sarebbe reso necessario sia per la sostanziale impossibilità da parte degli studiosi di consultare gli archivi, sia per il cattivo stato di conservazione in cui si sarebbero trovati.
Anzi il Vacca ha rincarato la dose e fatto sapere come la villa abbia problemi di sicurezza (alcuni documenti sarebbero stati sottratti negli anni senza che la famiglia se ne accorgesse) e sia priva di un idoneo impianto di spegnimento incendio. Proprio per questi gravi motivi lo scorso maggio «la direzione generale ha dato immediate disposizioni ai fini della custodia coattiva delle 66 unità archivistiche presenti a Villa Verdi».
Secondo il sottosegretario Vacca la famiglia ha disatteso gli obblighi di conservazione
Il sottosegretario ha poi riservato una deciso affondo contro la famiglia pur assicurando che non vi è nessun intento “persecutorio” « è opportuno ribadire che tale misura cautelare, pienamente giustificata dalle condizioni riscontrate nel corso del sopralluogo, è stata posta in essere con l’obiettivo di garantire la sicurezza e la corretta conservazione dei documenti verdiani, e non già con un intento punitivo nei confronti degli eredi Carrara Verdi; fermo restando il fatto che, come è stato ricordato in precedenza, questi hanno in più occasioni e in varie forme disatteso agli obblighi conservativi, di inventariazione e di consultazione ai quali sono tenuti i proprietari, possessori o detentori di beni culturali».
Perché le carte resteranno per sempre a Parma
Soprattutto Vacca nei passaggi finali della sua risposta ha messo una pietra tombale sulla possibilità che i carteggi tornino da dove sono venuti, cioè a Villa Verdi «si aggiunga peraltro che le caratteristiche fisiche stesse dei materiali archivistici richiedono, ai fini della conservazione, specifiche condizioni microclimatiche e di condizionamento, che sia gli ambienti di Villa Verdi, sia gli arredi nei quali la documentazione era conservata non avrebbero potuto in alcun modo garantire. La volontà di conservare la documentazione verdiana nelle stanze e nel mobilio della villa non può essere condotta fino alla conseguenza estrema di mettere a repentaglio l’integrità materiale e la sopravvivenza stessa delle carte».
Dalla risposta del sottosegretario emerge chiaramente come queste carte non torneranno mai più in terra piacentina. Probabilmente finiranno assieme ai carteggi che erano stati messi all’asta dalla londinese Sotheby’s ed acquisiti dal ministero ossia, presso la Biblioteca Palatina di Parma.
Prima del 2017 nessuno aveva contestato alla famiglia il cattivo stato di conservazione dei documenti, nessuno aveva prescritto l’adozione di sistemi antincendio, di condizionamento e quanto necessario per garantire la conservazione dei documenti che lì giacevano dal 1901.
A pensar male si fa peccato, recita il proverbio. Ma viene spontaneo leggere questa vicenda (in cui certamente anche la famiglia avrà colpe e responsabilità) come l’ennesimo scippo di Parma nei confronti di Piacenza. Uno scippo materiale di carte ed immateriale di memorie, quelle dell’indiscussa piacentinità scelta da Verdi. Perché il maestro nacque si in provincia di Parma (non aveva voce in capito su dove venire al mondo) ma scelse, in età adulta, di vivere in territorio piacentino e fu consigliere provinciale di Piacenza. Se il luogo di conservazione dei carteggi non può essere la villa di Sant’Agata perché non conservarli presso palazzo Farnese a Piacenza? E’ proprio necessario “estradarli” a Parma?
Un concetto espresso oggi anche da un tweet al vetriolo dell’avvocato Corrado Sforza Fogliani «I piacentini sono invitati il 29 del mese a PR dove verrà illustrato il contenuto del famoso baule di Verdi ritrovato nel piacentino. Dopo tante muscolose esibizioni sulla stampa (l’unica cosa che interessa a PC), il risultato. Si prepari la collaborazione con PR capitale».
Presentazione che si terrà ovviamente a Parma. Perché anche se Maria Luigia è morta e sepolta da anni, anche se il Ducato non esiste più … la capitale resta sempre la stessa!