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«Il cavalier Malosso, collante artistico tra le città di Piacenza e Cremona»

La Giornata Arisi al PalabancaEventi incentrata su Giovan Battista Trotti, artista di cui l’indimenticato critico d’arte era esperto. La brillante relazione di Antonio Iommelli

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Sala Panini gremita al PalabancaEventi (presenti anche i familiari del professor Ferdinando) per l’ormai tradizionale Giornata Arisi, celebrata dalla Banca di Piacenza in memoria del maggior storico dell’arte che la nostra città abbia avuto. Il professore è stato “lo” storico dell’arte di Piacenza che ha dato un grandissimo contributo alla valorizzazione degli artisti locali. La Banca ad Arisi deve tanto: fu l’anima delle manifestazioni culturali dell’Istituto e l’ispiratore delle mostre allestite nel già Palazzo Galli, dove in ogni stanza si respira l’aria del prof. Ferdinando. Fu infatti lui a decidere a chi intitolare le varie sale. La Banca gli sarà sempre riconoscente e proprio all’interno del PalabancaEventi gli ha dedicato un museo, lo Spazio Arisi.

Il professore era un grande conoscitore, tra gli altri, di Giovan Battista Trotti detto il Malosso (Cremona 1555, Parma 1619), a cui è dedicata una mostra in corso a Palazzo Farnese (Cavalier Malosso. Un artista cremonese alla corte dei Farnese) che si concluderà il prossimo 13 luglio ed incentrata sulla recente ricomposizione di un trittico, la cui pala centrale (Adorazione dei pastori) è parte della collezione d’arte della Banca di Piacenza.

E proprio “Il cavalier Malosso tra Cremona, Piacenza e Parma” è stato il tema scelto per questa edizione della Giornata Arisi, argomento brillantemente affrontato da Antonio Iommelli, direttore dei Musei Civici di Palazzo Farnese.

Riferendosi al citato trittico (dipinto nel 1595 per la cappella della chiesa dei Cappuccini a Regona di Pizzighettone, su commissione del gran cancelliere del governo spagnolo don Diego Salazar, «uomo ricchissimo», ed entrato poi a far parte del patrimonio della famiglia Turina di Casalbuttano), il dott. Iommelli ha ricordato che fu lo stesso prof. Arisi, nel 1957, a descrivere le tre opere del Malosso di proprietà del conte Anguissola d’Altoè e caratterizzate dalla medesima cornice con stemmi della famiglia (un passaggio di proprietà che si ipotizza avvenuto per eredità in seguito al matrimonio, nel 1831, tra Fortunato Turina e la contessa Camilla Anguissola d’Altoè) e che sempre l’indimenticato critico d’arte attestò la vendita della pala centrale a Giuseppe Chiapponi, pala entrata a far parte della collezione d’arte della Banca di Piacenza nel 1992. Delle ante laterali si era invece persa traccia, ritrovata dal presidente degli Amici dell’Arte Stefano Antonio Marchesi che ha individuato gli attuali proprietari privati (olandesi).

Il direttore dei Musei Civici (che ha ringraziato la Banca «non solo per il prestito dell’opera principale ma soprattutto per il sostegno economico alla mostra») ha sottolineato l’importante ruolo del Malosso come «collante artistico tra le città di Piacenza e Cremona» descrivendolo come un artista molto attento al mercato e alla carriera, «abile nell’autopromuoversi in modo intelligente».

Allievo di Bernardino Campi («maestro che fece molti ritratti per personaggi piacentini e dal quale ereditò bottega e contatti»), il Trotti – ha spiegato il dott. Iommelli – arrivò a Piacenza attraverso Monticelli d’Ongina (dove dipinse per Girolamo Favalli, un prevosto legato a Cremona, una tela raffigurante Santa Lucia per la Collegiata di San Lorenzo e dove lavorò per Alessandro Pallavicino di Zibello, marito di Lavinia Farnese). A Piacenza al Malosso la famiglia Burla nel 1591 affidò la decorazione del loro sacello nella chiesa di Sant’Agostino, dove realizzò la pala d’altare raffigurante l’Immacolata Concezione («era interprete rigoroso dei dettami della Controriforma e questo lo rendeva un pittore particolarmente ambito sulla scena artistica locale»). Otto anni dopo furono i francescani ad incaricare il Nostro di realizzare in San Francesco un’opera avente lo stesso tema “ma più bella”. Questa committenza portò molti problemi all’artista, accusato di ritardi, di essersi preso libertà interpretative e di aver utilizzato suoi allievi per parti del dipinto. Il Malosso finì addirittura a processo e questo lo allontanò da Piacenza in favore di Parma, dove divenne artista di corte per Ranuccio Farnese. Qui cambiò la sua produzione («dimostrandosi artista a 360 gradi che gli valse nel 1609 il titolo di cavaliere») e dipinse tele su temi non religiosi, cimentandosi anche nelle vesti di progettista e designer.

A tutti gli intervenuti è stato riservato il volume “L’Oratorio di San Giorgio in Sopramuro a Piacenza”.

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