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Il giorno dell’invasione alpina

L’atmosfera alpina aveva già contagiato Piacenza ieri sera con lo spettacolo delle fanfare in piazza Cavalli e con alcune centinaia di penne nere che, fino a notte fonda, hanno animato il centro storico.

Non sono mancate  divertenti sfide musicali come quelle messe in scena da due trombettisti della fanfara Alpina Vialchiese, uno giovane ed uno più attempato: accompagnati da altri musicisti del gruppo si sono spremuti fino all’ultima nota divertendo e divertendosi.

Questa mattina si è svolta la sfilata vera e propria che, partendo dall’Arsenale, ha attraversato la città fino ad approdare in piazza Cavalli. Tanti uomini provenienti da Lombardia ed EmiliaRomagna, tutti accomunati dall’orgoglio di aver indossato la stessa divisa e lo stesso cappello sormontato dalla penna nera.

Alcuni gruppi erano davvero giganteschi come quello di Bergamo, uno fra i maggiori in Italia. Età media elevata perché gli alpini erano tanti quando ancora esisteva la leva obbligatoria mentre oggi sono in numeri assai più ridotti. Non per nulla uno striscione della sezione di Milano lanciava un preciso messaggio politico “Con coraggio vogliamo il ripristino della leva”.

Oltre 30 mila persone in piazza

Ad aprire il corteo su vecchie jeep erano stati alcuni alpini reduci di guerra, troppo anziani per percorrere gli oltre due chilometri della sfilata a piedi ma non per prendere parte alla festa.

E’ sempre difficile stabilire con esattezza il numero dei partecipanti ma si stima che alla fine a Piacenza, baciati anche da una mite giornata d’autunno, siano arrivati in 30 mila. Il che sommato ai tanti piacentini che sono accorsi in piazza per assistere al raduno porta il numero complessivo a 35 mila, forse addirittura 40 mila.

La grande illusione di bar e ristoranti

Non sono però i numeri a fare la magia di questa manifestazione che ha forse come unico aspetto negativo la grande delusione di tanti pubblici esercenti che avevano allestito tavoli, spillatrici di birra, bandiere tricolori sperando di bissare gli incassi record dell’Adunata nazionale. Così non è stato e lo aveva spiegato con semplicità ed onestà il brigadiere generale Sergio Santamaria, comandante del Polo di Mantenimento Pesante Nord di Piacenza in occasione della conferenza stampa di venerdì in prefettura. Nell’adunata nazionale la gente arriva da tutta Italia, da località lontanissime, e si ferma per tre giorni nella città ospitante, invadendola e vivendola. In questo caso invece gli alpini provenivano da aree limitrofe, raggiungibili al massimo in un paio d’ora di auto. Pochi dunque hanno soggiornato nella nostra città. La gran parte è arrivata oggi (molti in pullman). Terminata la sfilata sono ripartiti per tornare a casa.

Chi dunque aveva affittato panche, tavoli, spine per vino e birra ed approntato doppi e tripli turni per i dipendenti è rimasto un po’ deluso e con il portafogli sofferente.

Il passaggio della stecca

Ritornando alla sfilata a chiudere lo schieramento è stato il gruppo “padrone di casa” quello dell’ANA di Piacenza guidato dal presidente Roberto Lupi ed a seguire il gruppo che ospiterà la manifestazione nel 2020 quello di Lecco.

Davanti al Gotico, sotto il palco delle autorità, si è tenuto proprio il passaggio del testimone ossia della stecca fra i due gruppi, il tutto accompagnato dalle note della fanfara Taurinense.

Non è mancato un fuoriprogramma in chiusura di manifestazione all’ammainabandiera. Il tricolore non ne ha proprio voluto sapere di scendere nonostante i tentativi del soldato addetto e neppure dei tanti alpini accorsi per darle una mano. Ha continuato a garrire in cima al pennone … perché infondo la nostra città non vorrebbe che le Penne se ne andassero mai!

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