Si concluderà domani il viaggio che un gruppo di piacentini sta compiendo nelle repubbliche Baltiche. Si tratta dei Liberali dell’Associazione Luigi Einaudi che, come ogni anno, compiono un percorso della memoria in preparazione del “Giorno della libertà” (contro tutti i totalitarismi) fissato il 9 novembre nella ricorrenza dell’abbattimento del muro di Berlino.
Nel nostro paese, per molto tempo, si è dato spazio – in particolare nelle scuole – solo alle mostruosità commesse dai nazifascisti senza però raccontare che anche dietro la Cortina di ferro si perpetrarono atroci stermini ad esempio durante le purghe staliniste.
Nei 43 Gulag sparsi per l’ex Unione Sovietica, fino al 1953, venivano tenuti prigionieri 2 milioni e mezzo di uomini, donne e bambini e fra il 1929 ed il 1953 il numero complessivo di detenuti si calcola sia stato di 18 milioni. Non vi è certezza assoluta del numero di prigionieri che persero la vita in questi campi di detenzione sovietici ma si stima che Il numero di morti sia di oltre 2 milioni e 700 mila.
Aleksandr Solzhenytsin, dissidente ed autore del famoso libro “Arcipelago Gulag” parlò di 66,7 milioni di vittime del regime sovietico tra il 1917 e il 1959, numeri molto elevati su cui non tutti concordano.
Diverse ma comunque impressionanti le cifre diffuse ne 1990 da Vladimir Kriuchkov, già direttore del Kgb, secondo cui tra il 1930 e il 1953 vennero incarcerati 3,8 milioni di cittadini, di cui 786.000 condannati a morte. A questi numeri vanno aggiunti tutti coloro che nei gulag morirono di stenti, malattie e violenze.
In Italia la brutalità del regime comunista viene raramente raccontata ai ragazzi. Un’omissione degna di un regime totalitario più che di un paese democratico e figlia di un’egemonia culturale (catto-comunista) che ha caratterizzato il dopoguerra del nostro paese. Proprio per questo i liberali piacentini vogliono contribuire a “portare a galla” il non detto. Lo faranno anche con una mostra fotografica che sarà allestita nella loro sede di via Cittadella (in novembre) e di cui vi mostriamo alcuni scatti in anteprima.
Il loro viaggio è partito da Vilnius per poi approdare a Riga, capitale della Lettonia, dove i partecipanti hanno visitato il “Museo dell’Occupazione” ospitato nei locali in cui il KGB sovietico incarcerava e torturava tutti coloro che considerava oppositori o potenziali nemici del regime comunista.
Anche a Tallinn, in Estonia il gruppo ha visitato il Museo dell’occupazione e della deportazione in Siberia.
La visita dei piacentini alla Collina delle Croci
Fra le mete più suggestive e commoventi la Collina delle Croci (Kryžių Kalnas) vicino a Šiauliai, in Lituania, lungo la strada E77 che collega Kaliningrad a Riga.
Si tratta di una collina (lunga 60 metri e larga 50) si cui, nel secolo scorso, gli abitanti iniziarono a piantare delle croci forse come ex voto, per chiedere protezione contro malattie. Nel 1900 vennero contate per la prima volta ed erano 130, poi la tradizione prese forza e divennero migliaia, realizzate con ogni forma e materiale. Dopo la prima guerra mondiale continuarono a moltiplicarsi e nel 1938 erano già diventate 400. Durante la dominazione sovietica una collina come questa divenne un pericolo “culturale” e si fecero intervenire le ruspe per abbattere le croci che nel 1960 erano oltre 2.000.
La fede non si fermò di fronte alla brutalità del regime ed anzi la collina divenne un simbolo di resistenza contro la dominazione. Tra il 1964 e il 1984 più volte i sovietici dovettero intervenire per sradicare con i mezzi meccanici le croci che i cittadini continuavano a piantare. Non riuscendo a fermare il fenomeno presero la scusa che la zona era contaminata e bloccarono le strade di accesso e misero soldati ed uomini del KGB a sorvegliare la collina. Eppure ogni notte continuarono ad apparire nuove croci. Fra il 1978 ed il 1979 ci fu anche un tentativo di allagare l’area per impedirne l’accesso. Oggi si calcola ci siano addirittura 100 mila croci fra cui quella che ricorda la visita di Papa Giovanni Paolo II nel 1993 e su cui sono riportate le parole del pontefice polacco: «Grazie Lituani per questa collina di croci che testimonia all’Europa ed all’intero mondo la fede della gente di queste terre».