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«Impero americano in declino e crescita della Cina inesorabile: i rischi per l’Europa»

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«La scelta di un Papa americano significa che l’impero Usa è in decadenza (gli States non ne hanno mai espresso uno fino ad ora perché avevano già troppo potere, militare e finanziario, ndr); di contro, la crescita della Cina è inesorabile. Sono pericolosi? Sì, anche perché la loro strategia (vincente) è “nascondi la tua forza”. L’Europa? Corre il pericolo di essere vaso di coccio tra vasi di ferro, perché comunque Washington se cade, cade in piedi. Trump, con il suo atteggiamento, potrebbe spingerci tra le braccia cinesi, con il rischio che l’abbraccio possa rivelarsi mortale. La vera domanda, però, è un’altra: ma l’Europa esiste davvero?». È tanto lucida quanto “spietata” l’analisi sui futuri scenari geopolitici e finanziari proposta dall’esperto Gabriele Pinosa, presidente della Go-Spa Consulting, nell’appuntamento di educazione finanziaria promosso dalla Banca di Piacenza in un’affollata Sala Corrado Sforza Fogliani del PalabancaEventi, avente come tema il “Disordine finanziario: guerra dei dazi o cambio di regime?”.

Dopo l’intervento di saluto del presidente dell’Istituto di credito Giuseppe Nenna (presenti anche il vicepresidente Domenico Capra e altri componenti del Consiglio di amministrazione, il direttore generale e a.d. Angelo Antoniazzi, il vicedirettore generale Pietro Boselli), l’analista è partito da una notizia dell’ultima ora – l’accordo di Ginevra sui dazi tra Usa e Cina (dopo quello con Londra) – per dimostrare quanto la guerra commerciale scatenata dal tycoon sia un’arma, una clave da usare per mettere le controparti al tavolo del negoziato e strappare intese che aiutino il sistema americano a cambiare regime.

Il dott. Pinosa ha illustrato, attraverso un grafico, lo sviluppo (e il declino) degli imperi nella storia, focalizzando l’attenzione sull’oggi, che vede appunto Washington declinante e Pechino in evoluzione e «quando c’è un passaggio di egemonia tra un impero e l’atro, questo non è mai avvenuto pacificamente e nella fase transitoria ciò che regna è il caos». L’impero americano si è basato sulla forza militare e sul dollaro (hard power), ma anche sull’aver rappresentato, nell’immaginario collettivo, un modello di democrazia da imitare (soft power), esercitando il controllo sul processo di globalizzazione attraverso il dominio dei mari («il traffico commerciale mondiale passa per il 95% dalle navi-cargo») nei punti di strozzatura dove una nave deve per forza passare. Un controllo che, ha osservato lo studioso, si sta allentando soprattutto dopo l’agosto 2021, con il ritiro americano dall’Afghanistan («ora il Canale di Panama è controllato dai cinesi e rappresenta per gli Usa una spina nel fianco»).

Passando all’aspetto finanziario, il relatore ha rimarcato «la situazione di debolezza del sistema americano caratterizzato da un debito pubblico di 37 trilioni di dollari, di gran lunga sopra il Pil. Con Washington che dipende da Pechino per i minerali strategici, comprese le terre rare, e con la Cina che è diventata la fabbrica del mondo. Ecco perché Trump vuole la Groenlandia».

L’abilità di Pechino è stata quella prima di copiare la tecnologia occidentale e poi di svilupparne una propria pari o superiore a quella americana e tedesca: «Il rischio – ha spiegato il dott. Pinosa – è che Washington cada nella trappola di Tucidide (Sparta e Atene insegnano) e muova una guerra preventiva, per paura, contro Pechino».

Detto che nel primo trimestre di quest’anno l’economia Usa si è contratta dello 0,3%, il presidente di Go-Spa Consulting ha evidenziato gli ingredienti della politica di Trump (taglio delle tasse, deregolamentazione, rimpatrio immigrati irregolari, imposizioni dazi/tariffe commerciali, smantellamento della macchina pubblica) e osservato come il vero problema del sistema americano siano gli interessi (nel 2024 schizzati a 1 trilione di dollari) su un debito che secondo Jarome Powell “è su una traiettoria insostenibile” ma non per responsabilità del nuovo presidente.

Tornando ai dazi, il dott. Pinosa ha osservato che questi «generano un rischio che ci sia un terribile incontro tra recessione e inflazione che possono andare di pari passo se l’inflazione è da offerta e non da domanda, creando un fenomeno stagflativo. Essendo la bilancia dei pagamenti Usa negativa, il loro sistema è sempre più dipendente dagli afflussi continui di capitali esteri».

Il consigliere economico della Casa Bianca Stephen Miran ha elaborato un piano per il salvataggio degli States con l’obiettivo di ridisegnare gli equilibri finanziari-commerciali globali per riportare il sistema Usa a una condizione di sostenibilità. Piano che si articola in tre mosse: la dominanza fiscale (sottomissione della Fed al Tesoro); la coercizione finanziaria internazionale (sottoscrizione di century bond dai Paesi terzi per congelare una parte del debito federale); il Mar-A-Lago accord per la svalutazione del dollaro, moneta americana che, a parere del dott. Pinosa, «va verso la fine della sua egemonia, ma è un processo che avverrà nel tempo; quindi per ora non perderà importanza e si aprirà comunque una fase di incertezza in attesa di un nuovo leader monetario. Da qui l’esigenza per gli investitori di mantenere un portafoglio finanziario diversificato, dove non possono mancare elementi azionari».

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