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Inquinamento (Pfas): secondo Arpae nessuna emergenza in Emilia-Romagna

Nessuna emergenza Pfas in Emilia-Romagna, dove non si registra alcun inquinamento delle falde sotterranee. È il risultato del monitoraggio svolto nel corso del 2018 dall’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia-Romagna (Arpae) e coordinato da Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

Le analisi hanno riguardato le acque sotterranee in 6 diversi punti del territorio regionale, con l’obiettivo di rilevare la presenza di 13 inquinanti: dai dati è emerso che le acque di falda evidenziano valori abbondantemente al di sotto delle soglie di sicurezza, inferiori di 1 o 2 ordini di grandezza (il valore più alto rilevato è di 0,8 nanogrammi al litro; il massimo consentito è di 30).

Limiti in gran parte rispettati anche per le acque superficiali, dove le verifiche sono relative a campioni prelevati in altri sei punti della regione.

Gli unici casi di superamento, comunque di bassa entità, interessano la sostanza Pfos (acido perfluoroottansulfonico), con valori compresi tra 1,2 nanogrammi al litro che si sono registrati al Ponte Baccanello di Guastalla (Re) sul Crostolo e 9,7 nanogrammi al litro rilevati nella stazione di Ferrara lungo il Po di Volano (soglia 0,65 nanogrammi al litro).

Un campione superiore al limite fisssato per Pfos,  nel prelievo effettuato nel Po a Piacenza

Una situazione, però, che dai primi dati disponibili dei nuovi monitoraggi avviati, appare in ulteriore miglioramento, con un unico campione (fiume Po a Piacenza il 17 gennaio scorso) superiore alla soglia (1,01 nanogrammi litro, sempre per il Pfos).

È esclusa comunque qualsiasi situazione di emergenza: il quadro è infatti ben diverso da altre aree del Paese, ad esempio il Veneto, dove i valori riscontrati sono stati oltre mille volte superiori ai parametri di legge. Si tratta di picchi di contaminazione acuta non comparabili con la situazione dell’Emilia-Romagna.

L’impegno per il 2019

Dunque, un monitoraggio in corso da tempo, che la Regione ha deciso di proseguire anche nel 2019, mantenendo alta l’attenzione e portando avanti il lavoro svolto sinora. Già a gennaio è partita la nuova campagna di monitoraggio: le attività di studio delle sostanze perfluoroalchiliche sono state notevolmente incrementate, aumentando da 6 a 40 le stazioni di rilevazione compresi quelle sul Po, con analisi dalla frequenza trimestrale.
Sul tema dei Pfas, inoltre, Arpae Emilia-Romagna è capofila di un progetto internazionale (PaMPER) che vede la partecipazione di Arpav Veneto, Università di Modena, Public Health England e London School of Hygiene and Tropical Medicine. L’obiettivo è la migliore comprensione dei meccanismi d’azione e delle interazioni dei composti perfluoroalchilici e la loro reale pericolosità.

Interpellanza in Regione

Sull’argomento oggi era intervenuto Andrea Bertani, capogruppo regionale del MoVimento 5 Stelle, che ha presentato un’interpellanza dopo i dati diffusi dal Veneto sulla presenza delle sostanze inquinanti nel fiume Po, chiedendo un monitoraggio straordinario

“Visto che in Emilia-Romagna le acque del Po vengono utilizzate spesso per l’irrigazione dei campi attraverso il Canale Emiliano-Romagnolo, oltre ad essere possibile un utilizzo per consumo umano a seguito di potabilizzazione, crediamo che sia necessario e urgente che la Regione faccia chiarezza sulla presenza di Pfas nel Po, attuando al più presto un monitoraggio straordinario, valutando anche un’indagine epidemiologica sulle popolazioni interessate”. È quanto chiede Andrea Bertani, capogruppo regionale del MoVimento 5 Stelle, con un’interpellanza presentata in Regione dopo l’allarme lanciato dall’Agenzia regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto riguardo alla presenza delle sostanze perfluoro-alchiliche, frutto di lavorazioni industriali, presenti nelle acque del fiume Po. “Gli ultimi campionamenti hanno riscontrato la presenza di un nuovo composto, il C6O4. Secondo l’Arpav il composto deriverebbe dai territori delle regioni del bacino padano a monte idraulico delle prese in cui è stata ritrovata la sostanza con una concentrazione di circa 80 nanogrammi/litro – spiega Andrea Bertani – La stazione di campionatura, infatti, si trova in prossimità di Castelmassa, al confine sia con Lombardia che con la nostra regione. Una sostanza così poco utilizzata e di nuova generazione per essere riscontrata in queste quantità nel fiume fa supporre che si possano trovare a monte fonti di inquinamento davvero importanti. Ecco perché chiediamo che la Regione non perdi tempo ed avvii al più presto un monitoraggio attento, anche dei possibili effetti delle contaminazioni nei confronti di chi vive in quella zona”. Nella sua interpellanza il capogruppo regionale del MoVimento 5 Stelle ricorda come anche l’acqua del CER (Canale Emiliano Romagnolo) proviene dal Po, viene utilizzata per gli usi agricoli ma può essere resa idonea agli usi produttivi e anche al consumo umano a seguito di idonei trattamenti. Allo stesso tempo come emerge dal portale di Romagna Acque, dal settembre 2015, è attivo il potabilizzatore della Standiana, un impianto alimentato proprio con acqua del Po, grazie alla realizzazione di un apposito sistema infrastrutturale ad usi plurimi. “Anche per questi motivi ci aspettiamo che la Regione faccia i dovuti approfondimenti nel più breve tempo possibile” conclude Bertani.

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