C’era un tempo un regno economico in cui governava incontrastato il Partito Democratico. Si chiamava Iren ed il suo territorio si estendeva da Torino a Genova a Parma, Piacenza e Reggio Emilia.
Poi accadde che in Emilia vinse un allora semisconosciuto Federico Pizzarorri, alfiere di una terra senza inceneritori. Tanti tremarono temendo sconvolgimenti e riassetti di potere ma alla fine, per un altro lustro, tutto filò liscio. Arrivò una seconda tornata elettorale che costò cara al PD sconfitto anche a Torino. Un altro importante pacchetto di controllo di Iren passò in mani nemiche, ma per anche questa volta nulla accadde.
Infine la totale disfatta. All’ultima tornata amministrativa Genova e Piacenza, dopo decenni di governi di sinistra, sono cadute in mano al centro destra mentre a Parma è stato confermato Pizzarotti, presentatosi questa volta senza padrini politici di sorta, sostenuto solo da una civica.
Tradotto in soldoni questo significa che, dopo anni di regno incontrastato, il PD ha perso il controllo di Iren ed ora presidia la multiutility solo attraverso Reggio Emilia, ma anche qui – tra l’altro – le cose non filano proprio lisce. Nei giorni scorsi un consistente gruppo di sindaci della provincia reggiana, anch’essi azionisti di Iren, ha detto no ai maxi stipendi dei manager del gruppo. Diciassette primi cittadini hanno votato, in assemblea, contro le retribuzioni di manager e dirigenti del gruppo.
I guai maggiori potrebbero arrivare da parte dei nuovi sindaci; nel centrodestra tanti chiedono subito un segnale di discontinuità rispetto al passato ed all’egemonia PD, durata per decenni prima nelle varie municipalizzate e poi in Iren.
Dipenderà molto da Marco Bucci, neo sindaco di Genova e dalle sue scelte. I rappresentanti genovesi in Iren e nelle partecipate non sono in scadenza ma non si esclude che il neo-sindaco arrivi a sfiduciarli ed a chiedere comunque le loro dimissioni anticipate secondo le regole dello spoils system.
Sulle scelte peseranno anche le alleanze che i nuovi primi cittadini sapranno costruire fra loro. Genova e Piacenza, con Patrizia Barbieri, sono ora entrambe governate dal centrodestra ed è scontata la sintonia di scelte e vedute.
Più incerto invece il tipo di dialogo che si riuscirà ad instaurare con il sindaco 5 Stelle Chiara Appendino (al momento alle prese con un calo di consensi e con l’inchiesta sulla notte di piazza San Carlo) e con quello di Parma Federico Pizzarotti che, almeno in teoria, non deve rispondere a nessuno, se non ai suoi elettori.
Il perché Iren faccia così tanta gola a tutti è presto detto. Nata nel 2010 la multiutility (rifiuti, gas, acqua, teleriscaldamento) è un vero gigante che ha chiuso il 2016 con quasi 3,3 miliardi di euro di ricavi ed un risultato netto di oltre 185 milioni, numeri che ne fanno il terzo gruppo del settore in Italia. Iren ha sempre distribuito preziosi dividendi ai soci e ricche sponsorizzazioni sui territori di riferimento (4 milioni a Genova, 4 a Torino e 4 fra Parma, Piacenza e Reggio).
Soprattutto il gruppo è sempre stato una importante macchina di potere con decine di nomine nei consigli di amministrazione della capogruppo e delle controllate. Oltre ovviamente ai tanti posti di lavoro ed alle poltrone pesanti dei manager. Fino ad oggi Iren era governata secondo precisi e rigidi patti fra soci con una divisione di incarichi e ruoli fra Torino, Genova e l’Emilia, capitanata da Reggio. Al capoluogo piemontese spetta la nomina del presidente, il vice tocca agli emiliani mentre l’amministratore delegato viene scelto in Liguria. Piacenza è rappresentata, nella holding, dalla commercialista Barbara Zanardi (scelta non senza polemiche interne dall’allora sindaco Paolo Dosi come consigliere di amministrazione), mentre la docente universitaria, nonché ex vice-sindaco ed ex assessore della Giunta Reggi Annamaria Fellegara siede nel collegio sindacale. Anche il presidente Paolo Peveraro vanta natali piacentini (è nato a Castel San Giovanni nel 1956) ma è cresciuto ed ha studiato a Torino, città che lo ha poi cooptato per la carica.
Non è escluso che, per ora, gli assetti interni alla holding restino immutati ma in molti temono, invece, che l’assedio sia già cominciato e che le truppe nemiche stiano lentamente accerchiando l’ex roccaforte rossa.
Carlandrea Triscornia