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La guerra contro il grano straniero

Ci sono anche 30 mila aziende agricole emiliano romagnole “coinvolte” dalla Guerra del grano che ha visto questa mattina migliaia di agricoltori con trattori alle banchine del porto di Bari per l’arrivo di un mega cargo con grano canadese proprio alla vigilia della raccolta di quello italiano con evidenti finalità speculative.

Nella nostra regione – secondo Coldiretti Emilia Romagna – è a rischio un settore che coltiva 324 mila ettari, un terzo di tutto il terreno coltivato in Emilia Romagna. I prezzi pagati agli agricoltori nella campagna 2016 –  ha denuciato ‘l’associazione – sono praticamente dimezzati scendendo al di sotto dei costi di produzione per effetto della concorrenza sleale ed oggi con 5 chili di grano non è possibile neanche acquistare un caffé.

La situazione è aggravata dal fatto che ormai un pacco di pasta imbustato in Italia su tre è fatto con grano straniero senza alcuna indicazione per i consumatori. Un pericolo anche per i consumatori con i cereali stranieri risultati irregolari per il contenuto di pesticidi che sono praticamente il triplo di quelli nazionali a conferma della maggiore qualità e sicurezza del Made in Italy, sulla base del rapporto sul controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti divulgato l’8 giugno 2017 dal Ministero della Salute. I campioni risultati irregolari – ha sottolineato Coldiretti – per un contenuto fuori legge di pesticidi sono pari allo 0,8% ne caso di cereali stranieri mentre la percentuale scende ad appena lo 0,3% nel caso di quelli di produzione nazionale.

Peraltro in alcuni Paesi terzi vengono utilizzati principi attivi vietati in Italia come proprio nel caso del Canada dove viene fatto un uso intensivo del glifosate nella fase di pre-raccolta per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato che – contha fatto sapere l’associazione – è stato vietato in Italia dal 22 agosto 2016 con entrata in vigore del decreto del Ministero della Salute perché accusato di essere cancerogeno.

La mancanza dell’etichetta di origine non consente ancora – ha sottolineato la Coldiretti – di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia nazionale. Una esigenza sollevata da Coldiretti e raccolta positivamente dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda che hanno avviato la procedura formale di notifica all’Unione Europea dei decreti per l’introduzione in Italia dell’obbligo di indicazione della materia prima per la pasta che è necessario concludere al più presto per garantire maggiore trasparenza negli acquisti e fermare le speculazioni.

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