Si chiama Divo, è spinta da un motore da 1500 cavalli, ha una velocità limitata a 380 km/h., costa cinque milioni di euro e verrà prodotta in soli 40 esemplari che hanno già tutti trovato un fortunato (e ricco) proprietario. L’ultima magnifica nata di casa Bugatti si è meritata la copertina del volume “Bugatti una leggenda legata all’Italia” edito con il contributo della Banca di Piacenza e di CoBaPo (consorzio Banche popolari) e presentato questo pomeriggio presso la sala Panini di Palazzo Galli.
Ma le sue auto non erano solo estetica ed anzi incominciarono ad imporsi nelle competizioni dell’epoca, vincendo, a partire dal 1925, per quattro anni consecutivi la Targa Florio. Nel 1926 la Bugatti vinse il Campionato del Mondo dei Grand Prix.
La vicende imprenditoriali e personali di Ettore Bugatti furono segnate dalla morte del figlio Gianoberto (da tutti chiamato Jean), deceduto a soli trent’anni uscendo di strada al volante della Bugatti vincitrice della 24 Ore di Le Mans. Una sterzata improvvisa e fatale per evitare un ciclista che si era intrufolato nella strada interdetta al traffico.
La disgrazia contribuì ad un progressivo appannamento della casa automobilistica, complice anche la Seconda Guerra Mondiale e la morte di Ettore Bugatti nel 1947. L’azienda venne acquisita dalla Hispano-Suiza, specializzata in costruzioni aeronautiche per poi passare al gruppo Messier e diventare Messier-Bugatti, di proprietà dello Stato francese. Dopo 8.000 vetture costruite usciva temporaneamente di scena un marchio automobilistico che si era creato una notevole e meritata fama.
La prima rinascita della Bugatti a Campogalliano
A raccontare della prima rinascita della Bugatti è stato oggi, a palazzo Galli, lo stesso imprenditore modenese Romano Artioli che nel 1987 riuscì, dopo mille difficoltà a strappare il marchio ai francesi. La prima proposta di acquisto l’aveva avanzata, circa un anno prima, ma il governo socialista si era tirato indietro davanti alle tante proteste e ai giornali che titolavano “L’Italia si compra la Francia”.
Cambiato il governo arrivò il via libera. In un primo momento si pensò di trasferire la fabbrica vicino a Nizza, su un bellissimo terreno vista mare offerto gratuitamente dallo Stato.
«Ma – come ha raccontato Artioli – le mogli dei miei tecnici modenesi si rifiutarono di lasciare l’Italia» e così la bella ed avveniristica fabbrica blu, disegnata dall’architetto Giampaolo Benedini, sorse a Campogalliano.
Si realizzava così il sogno che Romano Artioli aveva cullato per oltre trent’anni. Nel 1991 venne presentata a Parigi la EB 110 (a 110 anni dalla nascita di Ettore Bugatti) un dodici cilindri da 550 cavali con telaio in fibra di carbonio.
Purtroppo solo 4 anni dopo il tribunale dichiarò il fallimento della Bugatti nonostante il ricco portafogli ordini per la EB110 ed il forte interesse per la EB112.
Artioli era tra l’altro all’epoca proprietario anche della Lotus. Non ci fu nulla da fare. La fabbrica chiuse, lo stabilimento fu venduto all’asta ad un’altra azienda successivamente fallita anch’essa. Da allora è completamente chiusa … o quasi come ha raccontato Artioli.
«L’ex custode ha continuato a prendersi cura della struttura, a darle un’occhiata ed ogni tanto accompagna appassionati della casa automobilistica all’interno della struttura per un tour».
La seconda rinascita della Bugatti sotto la guida Volkswagen
Nel 1998 Artioli cedette il marchio al Gruppo Volkswagen ad un prezzo simbolico ed iniziò la seconda rinascita della Bugatti.
La fabbrica venne riportata a Molsheim, in Alsazia, da dove era partita. Nel 2005 venne presentato il primo modello della nuova era, la berlinetta Veyron che è subito diventata la supercar più esclusiva e più veloce al mondo. Spinta da 1001 cavalli ha raggiunto i 431,072 km/h. Ne sono state costruite 450 unità. E’ poi seguito il modello Chiron, da 1.500 cavalli, capace di raggiungere i 400 km/h. in 41,9 secondi.
Pochi mesi fa, ad agosto, ha debuttato a Monterey, in California, la bellissima Divo, dedicata ad Albert Divo, pilota che trionfò alla Targa Florio con una Bugatti 35B nel 1928 e 1929.