Voto elettronico con 30 secondi di tempo invece del minuto abituale; tempi contingentati ai gruppi in base alla loro rappresentatività; una sola sosta dei lavori, dalla mezzanotte di stasera all’una.
Così la conferenza dei capigruppo dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna ha preso atto del naufragio di qualunque ipotesi di accordo sulla legge anti discriminazioni. Il provvedimento, su cui il centrosinistra è determinato al sì dopo aver trovato la sintesi e un dialogo coi Cinquestelle, mentre il centrodestra mantiene una dura opposizione.
Il provvedimento è sostenuto dalle associazioni Lgbtqi ed avversato da quelle cattoliche e pro vita e sta tenendo impegnata ininterrottamente l’Aula da ieri alle 16,43 nel voto sugli emendamenti.
Già oltre 24 ore dunque, anche se a queste vanno aggiunte le oltre sette ore della discussione generale, iniziata alle 11 di mercoledì scorso.
L’Assemblea legislativa è iniziata martedì scorso sul rendiconto 2018 della Regione, approvato sempre martedì sera. Ma, solo con riguardo al punto sull’antidiscriminazione, se l’Aula finisse domani alle 12 (alle 16 di oggi erano ancora 1.230 gli emendamenti da esaminare), con una durata di 46 ore e 15 minuti (al netto delle pause tecniche) sarebbe l’Aula più lunga di sempre dalla nascita della Regione nel 1970.
Il record precedente era detenuto da un’altra seduta di 20 anni fa che ebbe per protagonista il consigliere di opposizione di sinistra Carlo Rasmi. Con oltre 1.000 emendamenti dall’11 al 15 gennaio 1999 Rasmi bloccò per oltre 39 ore l’allora maggioranza sulla legge sul diritto allo studio.
Alla vigilia della seconda notte di lavoro i 50 consiglieri regionali dell’Emilia-Romagna si stanno organizzando in turni (specialmente la maggioranza che deve garantire i 26 consiglieri necessari al numero legale) in vista di lavori che non finiranno prima dell’ora di pranzo di domani, anche se nel centrosinistra molti sono rassegnati alla prosecuzione dell’Aula anche domenica. Proprio per questo dalle file della maggioranza Igor Taruffi (Si) ha fatto appello a Fdi a valutare la rinuncia all’ostruzionismo non tanto “per noi consiglieri regionali che siamo pagati profumatamente” quanto per “la struttura amministrativa a cui stiamo chiedendo uno sforzo straordinario” che penalizza anche “le loro esigenze di vita famigliare”.
Da Taruffi il riconoscimento a Giancarlo Tagliaferri, Michele Facci e Fabio Callori, i tre consiglieri Fdi di “essere riusciti a produrre il blocco dei lavori e dunque aver raggiunto l’obiettivo della visibilità politica”.
“Se c’è qualcuno che ha voluto imporre una maratona è stata la maggioranza- ha replicato a Taruffi il meloniano Michele Facci- l’oltranza non l’abbiamo decisa noi, ma la maggioranza l’ha imposta ai lavori il primo e il terzo giorno dell’Aula. Su questa materia si è consumata, fin dalle sedute di commissione, una delle contrapposizioni ideologiche più forti di questo ente, almeno a mia memoria. Per questo non possiamo essere coinvolti sul tema dei lavoratori della struttura a cui siamo comunque riconoscenti”.
Su quanto sta avvenendo a Bologna è intervenuto anche deputato piacentino Tommaso Foti.
«Grazie al grandissimo contributo dei consiglieri di Fratelli d’Italia che hanno sottoscritto oltre 1500 dei 1700 emendamenti presentati – ha detto Foti – l’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna non è riuscita ad approvare la proposta di legge sulla omotransnegatività, una sorta di summa ideologico della sinistra di alcun valore giuridico”.
“Fratelli d’Italia – ha aggiunto Foti – ha mantenuto la promessa di dare battaglia, fino in fondo, ad una proposta di legge che con l’introduzione del principio della omotransnegativita’ equipara ad un reato la semplice affermazione secondo cui la pratica dell’utero in affitto è aberrante, o le coppie omosessuali sono, per loro natura sterili. Una battaglia che, dopo tante ore, solo con il ricorso al contingentamento dei tempi di discussione, la sinistra potrà fermare ma che resta una battaglia di civiltà giuridica di difesa dei principi non negoziabili di libertà di espressione, prima che politica»