La vicenda del primario dell’ospedale di Piacenza arrestato ieri dalla polizia per presunte violenze nei confronti di una collega, che l’ha denunciato, sta tenendo banco sulla stampa locale e nazionale e anche i vertici dell’Ausl di Piacenza sono diventati oggetto di forte pressione con la Lega che, tramite la senatrice Elena Murelli, in un intervento a palazzo Madama ha chiesto di commissariare l’azienda sanitaria della nostra città. La senatrice ha ricordato i numerosi e recenti scandali che hanno toccato sanitari piacentini (dall’infermiera delle false vaccinazioni durante il Covid, al medico arrestato per spaccio di oppioidi, alla dottoressa del pronto soccorso a sua volta arrestata per droga, al dirigente Centro di Salute Mentale finito ai domiciliari). «I sanitari piacentini – ha detto la senatrice Murelli – sono naturalmente infangati da questa situazione e a loro va la mia vicinanza. La mia vicinanza va anche alle vittime e alle donne che hanno subito violenza e pressioni da parte del primario. Anche perché c’è un punto importante nell’ordinanza su cui urge una riflessione. L’indagato viene definito dalla polizia della Procura, un uomo potente sia per il ruolo all’interno dell’AUSL sia per le sue conoscenze e tale posizione determinava nel personale sanitario una forte soggezione. Ecco, allora chiediamo direttamente che l’assessore alla sanità Fabi intervenga all’interno della direzione sanitaria, vada direttamente a commissariare la l’USL di Piacenza e prenda provvedimenti. Chiediamo anche un intervento del Ministero della Salute al riguardo, perché l’USL piacentina, la sanità piacentina non merita tutto ciò».
Con una conferenza stampa convocata last minute nel primo pomeriggio di oggi il direttore generale dell’Ausl di Piacenza Paola Bardasi ha cercato di difendere il proprio operato e quello dei suoi stretti collaboratori in questa vicenda. Va ricordato che la dottoressa vittima di violenze si è rivolta proprio alla direzione dell’azienda sanitaria e che questa ha operato dietro le direttive della polizia e della procura per raccogliere prove sufficienti ad incastrare il primario finito ieri mattina all’alba ai domiciliari, quando gli agenti della squadra mobile si sono presentati davanti alla porta della sua abitazione, a ridosso del centro storico.
La prima vera notizia fornita da Paola Bardasi riguarda l’interruzione del rapporto di lavoro con il primario. Vista la gravità delle accuse si è deciso di agire ancora prima di avere certezze giuridiche ed eventuali condanne «Il medico accusato di violenza sessuale aggravata e di atti persecutori – ha detto Bardasi – è stato licenziato dall’Ausl nella giornata di ieri, 7 maggio, per “giusta causa. Indipendentemente dagli esiti del procedimento penale, sul piano del diritto del lavoro il quadro emerso è di per sé ampiamente sufficiente a giustificare provvedimenti immediati. Il reparto dell’ospedale è stato affidato al professor Giuseppe Marchesi».
«Come donna – ha aggiunto Bardasi – apprendere questa vicenda è stato particolarmente doloroso. Voglio rinnovare la mia gratitudine alla collega per la forza e la determinazione dimostrate. Episodi come questi non devono accadere. Per questo motivo, al di là dell’accertamento giudiziario che compete alla Magistratura, la direzione aziendale ha avviato le opportune verifiche interne per comprendere con trasparenza e chiarezza il quadro della vicenda e per migliorare ulteriormente i percorsi di supporto efficaci per le lavoratrici».
Rispondendo alle domande dei tantissimi giornalisti presenti il direttore Bardasi ha aggiunto che qualora dalle indagini della polizia dovessero emergere responsabilità a carico dei colleghi con cui il dirigente si sarebbe vantato dei suoi comportamenti “non sono esclusi eventuali provvedimenti disciplinari nei loro confronti”.
Il direttore generale ha rivolto anche un ringraziamento alla dottoressa che ha denunciato il primario: «Desidero innanzitutto esprimere un sentito ringraziamento alla dottoressa che, con coraggio, ha deciso di rivolgersi alla Direzione per denunciare l’accaduto, dando così avvio alle indagini preliminari. Per noi è fondamentale che tutti i nostri dipendenti sentano l’Azienda è al loro fianco nel tutelarli e sostenerli».
Fin da quel primo momento, ci siamo attivati per accoglierla e sostenerla accompagnandola lungo il percorso della denuncia. Da subito ci siamo messi a disposizione della Magistratura per garantire l’efficacia dell’azione inquirente, a tutela della fragilità della persona offesa.
Il direttore generale Paola Bardasi ha poi risposto ad una nostra domanda in cui le chiedevamo, fatta salva la responsabilità dei singoli, se non considerasse come un segnale preoccupante il coinvolgimento in gravi episodi di ben cinque medici piacentini nel giro di pochi mesi.
«La mia – ha affermato Bardasi – è una direzione che ha in un qualche modo sovvertito tanti percorsi, in modo anche faticoso (frase che forse meriterebbe ulteriori approfondimenti ndr). Quattro o cinque casi su 4.000 dipendenti non vuole dire che siano una percentuale bassa. Sono fatti gravissimi che mi coinvolgono anche personalmente e penso che lo possiate capire. Però l’azienda è un’azienda fatta da 4.000 dipendenti che stanno come sto io adesso. Su 4000 dipendenti 3995 sono persone per bene, persone che lavorano, persone che curano i pazienti. Questo non vorrei che fosse dimenticato, pur nella gravità degli episodi e in particolare di questo episodio».
Nel frattempo l’Ausl ha avviato un’indagine interna (un audit) ed è stato attivato un servizio di supporto psicologico per il personale femminile del reparto coinvolto nella vicenda, anche con professionisti reclutati all’esterno dell’azienda.
Bardasi infine ha sottolineato come una volta coinvolta la polizia e la procura tutte le decisioni su come comportarsi nei confronti del primario e le azioni da intraprendere in reparto siano state dettate dagli inquirenti «Ci siamo affidati a questura e procura. Abbiamo seguito le loro indicazioni, abbiamo lavorato per loro e con loro». Il primario inquisito non aveva intuito che ci fosse una indagini su di lui in corso «non sono in grado di dire se fosse intimidito o non intimidito (per le indagini ndr). Mi viene da dire che non lo avesse capito».