La battaglia che porta avanti Roncaglia e il Capitolo sulla logistica ha un significato che va ben oltre la terra dove sorgono le case dei cittadini delle frazioni, coinvolge Piacenza tutta. Sono in gioco gli interessi di pochi contro gli interessi di molti, e di riflesso la vita futura dei piacentini.
Nella Sala della Partecipazione (mai nome fu più adeguato) si sono riuniti Consiglieri comunali della minoranza e della maggioranza (Saccardi), la Consulta Territorio, Frazioni e Sviluppo Economico, i cittadini sensibili al tema, nonchè Laura Chiappa e Giuseppe Castelnuovo in rappresentanza di Legambiente.
“Ovviamente auspichiamo che la nuova Logistica che viene prospettata non si faccia mai”, ha introdotto Castelnuovo, il quale ha sottolineato punto per punto la dannosità di un’operazione simile. “In principio fu l’Ikea nel 1999, con l’amministrazione Vaciago. Con l’approvazione del Piano Regolatore nel 2001, l’originale area verde negli insediamenti produttivi (pensata per il 40% del totale) scese al 15%. Si intese per area verde solo i giardinetti pubblici invece per area verde va intesa anche come biodiversità”.
Nel Piano Regolatore del 1998 si dava grande importanza alle misure di “ripermeabilizzazione” del suolo urbano, sottintendendo l’intenzione di creare aree verdi permettendo all’acqua di scorrere lungo le falde acquifere. “Le aree in realtà sono state tutte asfaltate, contraddicendo l’obiettivo iniziale”.
Il primo insediamento logistico avrebbe dovuto portare a Piacenza un incremento di 2 mila 703 tonnellate all’anno di CO2 e 612 Kg di Pm10 all’anno in una situazione già abbastanza compromessa. IL Piano Strutturale Comunale del 2016, documento atto a identificare “l’ambito idoneo ad essere urbanizzato quale nuovo ambito per attività produttive di rilievo sovracomunale”, sottolinea che per quanto riguarda il nuovo Polo Produttivo dovrà essere attuato “a fronte di concrete e valide proposte […] e solo se gli insediamenti proposti non possano trovare collocazione nelle aree produttive esistenti o confermate dagli insediamenti esistenti, privilegiando il recupero e la riqualificazione di aree dismesse”.
Secondo quanto stabilito dalla Direttiva comunitaria per la valutazione ambientale deve essere redatto un Rapporto Ambientale in cui siano “individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l’attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull’ambiente nonché le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma”. Altro aspetto da non sottovalutare è la determinazione dei criteri per la scelta di un’area rispetto a un’altra, in quanto questi “potranno indirizzare il futuro di un’area vasta”.
CONSUMO DI SUOLO E NON SOLO
Piacenza progressivamente è balzata ai (dis)onori delle cronache come maglia nera per consumo di suolo: nel 2011 era inserita in uno studio di Bruxelles su tutta l’Europa, mentre uno studio INEA (Istituto Nazionale Economia Agraria) mostrava come a un aumento della popolazione corrispondeva una diminuzione del suolo agricolo disponibile. “Uno dei guai è ragionare su base incrementale – riflette Castelnuovo -, senza ragionare su base storica, ma solo in base alla variazione rispetto all’anno precedente”.
INQUINAMENTO
Per quanto concerne i potenziali (neanche troppo) fattori di inquinamento della zona Est, si segnala: l’Autostrada A1 con il passaggio di 70 mila veicoli al giorno, l’A21 con 30 mila veicoli al giorno, un Polo Logistico da 2,7 milioni di mq, un termovalorizzatore da 136 mila tonnellate all’anno di rifiuti, una centrale termoelettrica, un cementificio autorizzato ad aumentare l’utilizzo di oli usati e pneumatici da incenerire fino a 95 mila tonnellate all’anno. Etc, etc..
Ma che Piacenza “perda terreno” è un dato che anche Legambiente Nazionale certifica, è al 58esimo posto, perdendo 12 posizioni rispetto al 2017.
LAVORO
Tra i punti toccati durante la serata vi è stato anche il tema del lavoro, per cercare di fare chiarezza sulle dimensioni della logistica a Piacenza. Sono 1800 gli addetti, di cui 30% dipendenti e 70% da cooperative, Dei dipendenti il 75% lavora in ufficio (450 addetti) il restante è facchinaggio. Nelle cooperative il 100% è facchinaggio.
E’ stato sottolineato come anche l’Università promuova la Logistica come una grande opportunità: la stessa Università Cattolica ha introdotto un Corso di Supply Chain Management, Monica Patelli di ITL durante un convegno ha dichiarato che “gli ambientalisti possono mettersi il cuore in pace, il 2017 sarà un anno di investimenti e sviluppo” (Libertà 17 aprile 2017). Fino ad arrivare alle notizie di gennaio, con le notizie di “100 camion al giorno più le auto dei 150 addetti”.
Quello che viene chiesto dunque, è molto semplice: “Un monitoraggio più scientifico possibile, una stima dei mezzi che interagiscono nell’area interessata alla logistica e una valutazione dell’incremento delle CO2. Non solo per giustificare il NO all’espansione della logistica stessa, ma per far capire in che situazione ci stiamo dirigendo”.
QuotidianoPiacenzaOnline