Una vasta e articolata operazione della Polizia di Stato di Piacenza, coordinata dalla Procura della Repubblica, ha portato alla luce una fitta rete criminale attiva nel traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni, usura, sfruttamento della prostituzione e detenzione illegale di armi. Ventotto le persone complessivamente indagate, molte delle quali giovani, italiani e albanesi, in apparenza insospettabili, ma coinvolti a vario titolo in un sistema criminale ben strutturato. L’indagine ha portato alla denuncia di 28 persone, a 4 arresti in flagranza, a un mandato di arresto europeo (eseguito) e a sequestri per circa 6 kg di marijuana e cocaina;
40.670 euro in contanti, provento dell’attività illecita, un fucile ad anima alterata. Sono state effettuate intercettazioni su 26 utenze, tra cui 5 ambientali e una intercettazione telematica e sono stati sottoposti a analisi forense 5 smartphone e 2 telefoni GSM.
L’indagine partita nel 2021
Tutto ha avuto inizio nel febbraio 2021 in seguito ad un semplice controllo di due persone fermate con una decina di grammi di marijuana.
Da lì, la Squadra Mobile ha ricostruito una filiera dello spaccio dai consumatori finali fino al grossista, un giovane albanese, poi emerso come il principale indagato. Un vero e proprio “re dello spaccio” che in una delle intercettazioni effettuate ha affermato di aver movimentato “100 kg di erba in un anno solo a Piacenza”.
A maggio 2021 è stata fermata una Porsche Cayenne con tre cittadini albanesi a bordo, uno dei quali ricercato per traffico internazionale.
La vera svolta arriva a settembre 2021, con la denuncia di un giovane spacciatore italiano, travolto dai debiti e vittima di minacce e aggressioni, che ha deciso di collaborare con le forze dell’ordine. Il giovane, dopo aver fallito nel suo tentativo di effettuare il salto di qualità e passare ad un livello superiore dello smercio di sostanza, aveva accumulato debiti per più di 100.000 euro con diverse persone appartenenti alla rete criminale, sia per l’acquisto di droga sia per interessi usurai. Dopo svariate minacce ed aggressioni nei suoi confronti e del suo nucleo familiare, si era deciso a denunciare.
Violenza e intimidazione
L’indagine ha documentato l’esistenza di un sistema criminale nel quale il commercio di droga a credito generava debiti spesso non onorabili, sfociando in minacce, pestaggi, incendi e richieste estorsive. In un caso, un assuntore abituale di cocaina, in piena dipendenza, ha ceduto al fornitore l’auto, il ricavato della vendita e persino il bancomat collegato al conto su cui i genitori versavano denaro.
Uno dei principali esecutori delle intimidazioni era un giovane italiano arrestato in flagranza a Gragnano Trebbiense mentre cedeva cocaina dopo un rifornimento nell’Oltrepò pavese. Oltre ad essere coinvolto in episodi di violenza e minacce, utilizzava la droga come forma di pagamento per operai impegnati nella ristrutturazione della sua abitazione. Un altro spacciatore è stato arrestato in via Emilia Pavese, insieme a una complice, dopo un tentativo di fuga culminato in un incidente con le auto della Polizia.
La cocaina proveniva da spacciatori nordafricani attivi nei campi dell’Oltrepò pavese, mentre la marijuana veniva consegnata tramite grossisti attivi nelle Province di Modena e Reggio Emilia. Un grosso carico di marijuana è stato intercettato all’ingresso del casello autostradale di Piacenza, dopo un lungo pedinamento.
Prostituzione e armi
L’indagine ha portato alla luce anche episodi di sfruttamento della prostituzione: ragazze brasiliane e rumene venivano fatte arrivare a Piacenza da un membro del gruppo che gestiva appuntamenti e spostamenti con l’obiettivo di massimizzare i profitti.
Particolarmente preoccupante è stata la scoperta del possesso di armi da fuoco illegali, usate per minacciare soggetti con cui gli indagati avevano avuto contrasti, segno della forte propensione alla violenza e della pericolosità del gruppo. Per comunicare venivano anche utilizzati svariati social network.
Le indagini, come si diceva, si sono avvalse di intercettazioni ambientali e telefoniche, ma anche di pedinamenti, acquisizione di filmati e altri strumenti investigativi tradizionali. La Procura ha emesso il provvedimento di chiusura delle indagini per tutti i soggetti coinvolti. La Divisione Anticrimine della Questura sta valutando l’applicazione di misure di prevenzione personale, per arginare il rischio di nuove condotte criminali da parte degli indagati.