La sera di Natale il piacentino dispone di un numero di opzioni piuttosto limitato. O finisce in coda davanti al Politeama per assistere alla proiezione di un film qualsiasi, o finisce in coda di fronte al Brioschi per digerire e proiettarsi alla eventuale spaghettata di mezzanotte, o finisce in coda davanti al King.
Se il pranzo del venticinque è con i tuoi, la sera di Natale per qualche centinaio di persone è con Jerry Calà nella discoteca di Castel San Giovanni. Dove non ci sono piste innevate ma le quattro ciminiere della centrale elettrica all’orizzonte e la nebbia a lambire i lampioni. Cortina è distante qualche centinaio di chilometri.
Sono passati parecchi cotechini e lenticchie dal 1983, anno in cui tutto il paese conobbe miseria e nobiltà dei cinepanettoni firmati dai fratelli Vanzina. Toccando con mano, in un grande rigurgito Yuppie all’italiana, la libidine (termine registrato ed utilizzato in lungo ed in largo per almeno una di spot televisivi e centinaia battute dell’epoca) di Jerry Calà. Che da almeno una decina d’anni decide di trascorrere la sera di Natale con la sua band nel cuore della Bassa.
Per molti è diventata una tradizione come il sorbito con il brodo: ci si allontana dalla tavola con almeno duemila calorie di troppo e si prova a smaltirle sulla pista di una discoteca.
Non c’è un motivo scatenante, non c’è una spiegazione logica: la notte di Natale al King è rito anche se è evasione bonacciona, un modo come un altro per non collassare russando rumorosamente sopra l’ultima poltrona rimasta libera in casa.
Jerry Calà ormai ha il capello bianco alla Babbo Natale più che la chioma nera di trentacinque anni fa. Non scenderà da una A112 con il calzino bianco ed il montone prima di ricevere il richiamo dal titolare dell’albergo dove passerà la stagione invernale per suonare il pianoforte.
Per qualcuno però nulla sarà cambiato nulla: al King, per qualche ora, il tempo sembrerà essersi fermato.