Mentre in radio trasmettono l’ultimo singolo di Cesare Cremonini, davanti al parabrezza fa capolino una sagoma diversa dalle altre. A prima vista potrebbe sembrare un cane, di certo non è un elettore del PD (specie ormai in via di estinzione e rara da avvistare).
Ad un secondo sguardo tutti i dubbi sono fugati: si tratta di un cinghiale. E non è il fantasma di Agostino.
Un cinghiale come se ne vedono tanti nelle colline sopra Morfasso, un cinghiale come quello che l’anno passato aveva tenuto in scacco il Parco della Galleana per almeno una settimana costringendo runner provenienti da ogni parte della città a dirottare verso il Facsal o l’Argine.
Un cinghiale a pochi passi dalla stazione e dalle vie del centro dove probabilmente era diretto in cerca di un po’ di svago o dove pensava di trovare le porte del Gulliver ancora aperte: sarebbe stata l’occasione ideale per chiudere almeno una fetta della città al traffico organizzando il Venerdì del Cinghiale. Shopping e cocktail in un ambiente selvaggio come può essere l’alta, altissima Val Nure.
Non è andata così: nessun blocco della città con quarantena totale per organizzare il recupero della “belva” con cittadini barricati in casa, nessuna tavola rotonda per decidere il destino di un cinghiale fuori posto, evidentemente desideroso di celebrare il compagno caduto sotto le grinfie della giunta precedente.
Nessuno vuole essere Agostino. Ma dove sia finito l’ungulato della stazione ancora nessuno lo sa. Che abbia fatto rotta verso una corriera per Morfasso?