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Piacenza: con la chiusura dei centri di accoglienza persi 30 posti di lavoro

La scorsa settimana trentanove richiedenti asilo hanno lasciato il Centro accoglienza straordinaria “Don Zermani” (dell’associazione “La Ricerca”) che ha chiuso i battenti venerdì sera (nella foto un momento della partenza).

E’ stato un vero e proprio “esodo” verso altre destinazioni segnato da forti momenti di commozione, abbracci, parole di incoraggiamento da parte di operatori e volontari della struttura, che in due anni e mezzo ha ospitato 76 immigrati di diverse nazionalità (Pakistan, Bangladesh, Costa d’Avorio, Ghana, Gambia, Senegal, Mali, Guinea Bissau, Somalia, Camerun) in convenzione con la Prefettura di Piacenza, convenzione che era scaduta il 30 aprile scorso.

“La Ricerca” – come spiegato in un comunicato – aveva comunque proseguito l’attività su richiesta della stessa Prefettura e soprattutto per non privare tante persone di una dimora in cui risiedere. Lo ha fatto in perdita poiché, come è noto, le recenti misure governative in materia di accoglienza hanno ridotto parecchio i corrispettivi. La proroga è scaduta il 30 giugno, quando è stato emesso un nuovo bando a cui “La Ricerca” non ha partecipato per le condizioni economiche ritenute insostenibili, ma anche – e specialmente ha reso noto l’associazione – perché le modifiche introdotte a livello ministeriale prevedono che i centri si limitino a fornire solo vitto, alloggio e sorveglianza, mentre l’associazione aveva intrapreso la strada dell’assistenza ai profughi dopo aver elaborato un progetto molto più ampio – impostazione che è propria della sua stessa mission – basato su iniziative di socializzazione, percorsi comportamentali, corsi di formazione propedeutici all’inserimento lavorativo. L’accoglienza è proseguita finché non è stata garantita una nuova sistemazione a tutti gli ospiti: trentuno sono stati avviati in altre strutture del Piacentino, otto hanno trovato ospitalità presso familiari o amici.

Altri centri di accoglienza invece avevano già chiuso i battenti nei mesi scorsi, con conseguente perdita di posti di lavoro come sottolinea oggi, con un comunicato a firma di Giovanni Baiardi, responsabile della Funzione Pubblica Cgil per il Terzo Settore.

“Stiamo assistendo in questi giorni alla chiusura di alcuni centri di accoglienza migranti della nostra provincia. Tali chiusure, inevitabile conseguenza del decreto sicurezza, mettono ‘in mezzo a una strada’ migranti e anche i lavoratori: diversi giovani professionisti – l’età media è di 37 anni – esperti e con specializzazioni diverse (operatori dell’accoglienza, educatori, mediatori culturali, psicologi, insegnanti di lingua italiana, esperti di cooperazione internazionale) che si ritrovano senza lavoro e che già guardano all’estero come possibile meta di sbocco professionale”.

Sono queste – secondo Boiardi – le conseguenze del Decreto Sicurezza che andranno ad impattare “al momento, e nella sola Provincia di Piacenza – spiega Baiardi – su circa 30 lavoratori” che si trovano in questa condizione.

Diversi gestori, anche tra i più esperti e radicati nel sistema dell’accoglienza, a causa dei tagli imposti dal decreto sicurezza sono stati costretti a chiudere: “Il loro obiettivo di realizzare progetti seri finalizzati all’integrazione, con attività dedicate alla cura della salute e alla formazione delle persone, con insegnamento della lingua italiana si è scontrato con il taglio delle risorse dedicate proprio a questo tipo di attività”.

Due, quindi, le conseguenze: migranti privati di una seria possibilità di integrazione e giovani senza lavoro.

“Il rimborso che oggi viene erogato dallo Stato agli Enti gestori, infatti – prosegue Baiardi – non è sufficiente né a garantire l’assistenza basilare agli ospiti (né tantomeno attività di orientamento, inserimento, integrazione), né lo stipendio agli operatori. Si sono sentite tante cose, addirittura c’è ancora chi crede che lo Stato dia soldi e “mantenga a far niente” i richiedenti asilo. Come rappresentante della Fp Cgil di Piacenza ritengo di ribadire la realtà delle cose, al di là degli slogan. Ci sono persone, giovani, che hanno investito negli studi e poi hanno intrapreso la loro attività dedicandosi ad essa con forte motivazione, professionalità e dignità, restituendo alla nostra collettività un grande valore. Come sindacati siamo spesso accusati di fare politica anziché occuparci di lavoro. Purtroppo questa situazione è la dimostrazione di come le scelte politiche ricadano sul lavoro. Per questo chiediamo politiche diverse che mettano al centro la persona e i suoi bisogni, il lavoro stesso, e un sistema di welfare che tuteli i diritti delle persone e valorizzi chi nei servizi ci lavora. Invece queste politiche lasciano in mezzo a una strada decine di persone solo a Piacenza. Anche in questa fase critica, dunque, come purtroppo ci troviamo a fare in tante situazioni di crisi aziendali,  porteremo avanti le ragioni del lavoro e difenderemo professionalità e diritti.

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