Nonostante i piacentini abbiano in qualche modo imparato anche a volerle bene, si potrebbe dire che piazza Plebiscito è in realtà un “nonluogo”, uno spazio mai realmente pensato e progettato per essere “centro di riunione dei cittadini” (ed oggi trasformatosi in parcheggio, nonostante i divieti – leggi qui). E’ invece una sorta di “risulta” creatasi in seguito alla sistematica demolizione dei chiostri del convento, avvenuta a partire dall’epoca napoleonica (quando venne soppresso l’ordine religioso). Il chiostro originariamente arrivava, con il convento, su Piazza Cavalli (immagine sotto).
«Per fortuna – spiega la professoressa Valeria Poli – mentre le parti cenobitiche (conventuali) sparirono, si riuscì a salvare la chiesa con l’intitolazione a San Napoleone. Ottennero il titolo parrocchiale dalle chiese di San Protaso e San Gervaso. La prima si trovava dove ora c’è il Terzo Lotto, mentre la seconda dove è stato edificato il palazzo della Borsa. La planimetria risalente alla fine del XVIII secolo documenta l’articolazione del convento intorno a tre chiostri, quasi totalmente demoliti, dei quali rimangono solo i lati che delimitano la piazzetta Plebiscito, costituiti dal lato addossato al lato sud della chiesa e dal corpo di fabbrica perpendicolare che si sviluppa fino a via Sopramuro».
Le demolizioni crearono dunque questo “spazio d’avanzo” che non ha una sua logica progettuale: una piazza che non è mai stata pensata come tale. Lo smantellamento dei pochi edifici conventuali sopravvissuti continuò nella prima metà del ‘900 quando venne realizzato il Secondo Lotto (palazzo Inps, costruito fra il 1938 ed il 1940). Alla fine della Seconda Guerra Mondiale venne abbattuta anche la cinquecentesca cappella dell’Addolorata, una sporgenza cilindrica presente sul lato della chiesa che ben si vede (sotto) in un dipinto donato alla banca di Piacenza, nel 2008, dal rag. Pierandrea Azzoni, condirettore dell’istituto di credito.
Durante l’edificazione del palazzo Inps, grossomodo dove ora c’è il gazebo del vicino ristorante, venne approntato un deposito attrezzi nel quale probabilmente veniva conservato anche il gasolio utilizzato dai mezzi di cantiere, come lascerebbe intendere la scritta Agip. Successivamente, nella stessa area, venne costruito un piccolo distributore di carburante che rimase in funzione per svariati anni.