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Più che dare i numeri … bisognerebbe iniziare a dare risposte

Numeri che salgono, numeri che scendono, numeri che non cambiano. Il bollettino diffuso quotidianamente dalla Regione Emilia-Romagna sul Covid -19 ormai anziché restituirci un quadro chiaro sull’evoluzione del virus a Piacenza genera, a giorni alterni, false speranze e dolorose disillusioni. Intanto la nostra provincia è vicina a toccare i 3.500 positivi e piange quasi 800 vittime!

L’unica cosa chiara è che i numeri così come vengono propinati non ci aiutano a capire cosa sta succedendo, che direzione sta prendendo il contagio nel piacentino, quando potremo cominciare davvero a ridisegnare il nostro futuro.

Piacenza ha duramente pagato l’errore compiuto di chi poteva dichiararla zona rossa (insieme a Codogno) e non lo ha fatto se con grave ritardo (e solo parzialmente). Sarebbe ora una totale beffa se si commettessero altri sbagli marchiani nel gestire la ripartenza.

E’ intollerabile che sindaci del territorio (avendo evidentemente informazioni aggiuntive) debbano ogni sera, attraverso Facebook, fornire chiavi interpretative rispetto ai dati che vengono sciorinati da altri e che lasciano i cittadini incerti e preoccupati.

Eppure si continua a procedere secondo una logica di scarso confronto, di conferenze via Facebook senza contraddittorio diretto con i giornalisti (o con i cittadini). Le impennate dei positivi un giorno vengono spiegate con tamponi arretrati, il giorno dopo con un’accresciuta efficienza dei laboratori, un altro ancora con l’aver sottoposto a tampone tipologie nuove e diverse di persone come ad esempio gli ospiti delle RSA (alla buon ora!).

Come un bravo padre di famiglia fa con il proprio figlio chi è ne ha responsabilità spieghi le tante cose che non è facile capire ad un popolo dolorosamente scottato e con scarsa pazienza residua.

L’Ausl e la Regione Emilia-Romagna in primis lo devono a tutti i piacentini. A quelli che rischiano di non avere più un lavoro, un’azienda, un futuro lavorativo eppure se ne stanno ancora pazientemente chiusi in casa per contenere un contagio che non si capisce se sia o meno sotto controllo.

Lo devono a chi con un comportamento sbagliato potrebbe mettere a rischio la vita dei propri cari.

Basta con bollettini fotocopia che dicono poco e nulla.

Ci spieghino come mai la nostra regione riesce ad elaborare ogni giorno mediamente 5 mila tamponi contro un Veneto che ha una potenzialità di 15/20 mila tamponi quotidiani ed una Lombardia che ne effettua circa 10 mila. Solo più diagnosi, in tempi più rapidi, possono garantire che la fase due non si trasformi in un boomerang sanitario.

Intanto inizino a spiegarci nel dettaglio il perché di queste fluttuazioni dei numeri. Ci dicano chi sono questi nuovi piacentini positivi.

Sono anziani ospiti delle RSA, ricoverati in ospedale, malati a domicilio (che non erano stati sottoposti a tampone in precedenza) o sono operai delle fabbriche riaperte, commessi di supermercati, corrieri, operatori sanitari, detenuti, poliziotti, carabinieri, autisti di bus, bancari?

Saperlo non è un capriccio ma permetterebbe di capire come sta veramente andando l’emergenza nella nostra provincia al di là dei proclami e degli sterili numeri con cui siamo stati fin qui sommersi. Permetterebbe di capire meglio se i nuovi positivi siano davvero nuovi e dunque se le misure di contenimento non stiano funzionando a dovere oppure se siano eredità del passato.

Ci raccontino quanti sono i ricoverati in ospedale, quali le loro condizioni, quanti sono quelli gravi, quale la loro età e quanti morti possiamo ancora ragionevolmente attenderci.

Traducano in informazioni comprensibili questi numeri che, da soli, non si capiscono più.

Basta trincerarsi dietro la scusa che siamo in emergenza, che non è facile elaborare i dati, che non c’è tempo e possibilità di confrontarsi con i giornalisti (in diretta e non per email).

Non è che chiamando “brutto male” un tumore se ne diminuiscano gli effetti devastanti. Parimenti non è che fornendo informazioni parziali si attenui l’impatto di una tragedia.

Le istituzioni chiedono continuamente ai cittadini di   rispettare pesanti limitazioni alle libertà personali, cosa che in larga parte viene fatta.

Forse è ora che si inizino a rispettare i cittadini, dando loro tutte le risposte necessarie, sgombrando il campo da dubbi ed incertezze.

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