Parte la sperimentazione per il personale della Polizia Penitenziaria del nuovo strumento di autodifesa a base di Oleoresin Capsicum, più noto come spray al peperoncino. Il provvedimento è stato firmato il 22 dicembre 2025 dal Capo del DAP, Stefano Di Michele.
“Si tratta di un dispositivo che nebulizza capsaicina per fermare un’aggressione, una minaccia o una resistenza rivolta agli agenti o a terzi, sempre nel rispetto del principio di proporzionalità tra offesa e difesa”, spiega Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE). “Le cartucce per l’addestramento e lo spray decontaminante contengono sostanze non nocive. La sperimentazione durerà sei mesi e coinvolgerà gli ambienti dove la Polizia Penitenziaria opera ogni giorno: celle e aree detentive, corridoi, rotonde e spazi interni ed esterni ai reparti, aree all’aperto, trasporto e traduzione dei detenuti, oltre ai contesti in cui operano i gruppi speciali – Gom, Gio e Gir”. Lo spray non potrà essere usato all’interno degli automezzi della Polizia Penitenziaria. Al termine dei sei mesi, una Commissione redigerà una relazione che sarà sottoposta al Capo del Dipartimento per valutare l’eventuale dotazione definitiva.
“Finora le nostre colleghe e i nostri colleghi operano nelle sezioni detentive completamente disarmati e le aggressioni hanno raggiunto livelli inaccettabili. Chi aggredisce un agente attacca lo Stato, quindi la risposta deve essere ferma per prevenire emulazioni. Questa sperimentazione va nella giusta direzione”, commenta Capece.
Il leader del SAPPE propone anche ulteriori strumenti a tutela della sicurezza degli agenti: “Si potrebbero considerare il Flash Ball o il BolaWrap. Il Flash Ball, usato dalla polizia francese, spara proiettili di gomma morbida a bassa energia, simili a un pugno medio, riducendo il rischio di lesioni gravi. Il BolaWrap lancia un laccio in Kevlar lungo 2,5 metri che si avvolge rapidamente intorno al soggetto, limitandone i movimenti. In alcune città italiane è già in dotazione alla polizia locale con buoni risultati. Sono strumenti non violenti, utili per gestire persone non collaborative, spesso in stato di alterazione o in situazioni pericolose, come capita frequentemente in carcere”, conclude Capece.




