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Tutto quello che non è stato detto su Chernobyl

Squarciando il velo sulle menzogne di regime che hanno provocato decine di migliaia di morti con l’incidente nucleare di Chernobyl, è proseguita l’operazione verità messa in campo dai Liberali Piacentini con la settimana di eventi celebrativi del trentennale della caduta del Muro di Berlino.

Dopo i saluti ai numerosi intervenuti del presidente dell’Associazione Antonino Coppolino, introducendo il relatore Gianmarco Maiavacca, Corrado Sforza Fogliani ha rimarcato come «ci sia ancora difficoltà in Italia a dire quello che ormai tutti sanno, riguardo ai gulag, alle prigioni del Kgb – che nel nostro piccolo abbiamo raccontato dopo i viaggi compiuti in Kazakistan e nei Paesi baltici -, ai genocidi, che vanno condannati a prescindere dal colore politico. Ed è amaro constatare – ha continuato l’avv. Sforza – come nel Paese più sovietizzato d’Europa quale è il nostro, con una presenza dello Stato sempre più ingombrante, si venga attaccati proprio per le verità che stiamo dicendo sopperendo ai silenzi dei giornaloni, i quali riportano solo le “verità” del pensiero unico internazionale: il nostro sarebbe anticomunismo spicciolo, mentre quello che affermano i comunisti è storia».

E a proposito di verità, l’avv. Maiavacca ha fatto chiarezza su quella negata di Chernobyl, tragedia tornata alla ribalta grazie a una serie Tv di 5 puntate andata in onda questa primavera su Sky. Uno dei più gravi incidenti nucleari della storia (vennero dispersi in atmosfera 190 tonnellate di isotopi radioattivi, una quantità cento volte maggiore a quella delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki) si verificò il 26 aprile 1986 all’1 di notte: durante una prova di manutenzione qualcosa non funzionò nell’arresto di emergenza del reattore, che invece di spegnersi esplose. «Il regime sovietico – ha spiegato l’avv. Maiavacca – ha sempre parlato di esplosione di un serbatoio e di errore umano, ben sapendo che la vera ragione del disastro era da ricercare nei difetti di progettazione di quel tipo di reattore. Gli errori umani ci furono, provocati però dal fatto che nei manuali di istruzione erano state strappate le pagine dove si sottolineavano i possibili rischi di quel tipo di impianto. Le informazioni su ciò che realmente accadde, furono quindi oggetto di manipolazione fin dall’inizio. Chernobyl è la dimostrazione di come le menzogne conducano alle tragedie: quella dell’impianto Lenin si stima abbia provocato nel corso del tempo 93mila morti; i dati ufficiali ancora oggi parlano di 31 vittime».

E per dimostrare questo, l’oratore ha raccontato la storia di alcuni personaggi della fiction, tutti reali tranne uno: Valery Legasov (lo scienziato che indagò sul disastro), Ulana Khomyuk (personaggio inventato, fisica nucleare che rappresenta il valore del sapere scientifico quando fa valere le proprie ragioni su quelle politiche), Boris Shcherbina (vicepresidente del Consiglio dei ministri, incaricato dal Cremlino di seguire le indagini che condusse il governo).

«Legasov – ha detto l’avv. Maiavacca – andò sul posto e si rese conto di quello che era realmente successo. Rilevò la presenza della grafite sul terreno, prova che ad esplodere non era stato un serbatoio, ma il reattore». La circostanza fu riferita da Legasov a Gorbaciov: “C’è soltanto un posto dell’impianto in cui si può trovare la grafite. All’interno del nocciolo. Un reattore Rbmk usa l’uranio-235 come combustibile. Ogni atomo di U-235 è come un proiettile, che viaggia quasi alla velocità della luce, penetrando ogni cosa che incontra. Ogni grammo di U-235 contiene un miliardo di trilioni di questi proiettili, questo in un solo grammo. A Chernobyl ci sono oltre tre milioni di grammi, e ora stanno bruciando. Il vento trasporterà particelle radioattive attraverso l’intero continente. La pioggia ce le rovescerà addosso. Sono 3 milioni di miliardi di trilioni di proiettili nell’aria che respiriamo, nell’acqua che beviamo, nel cibo che mangiamo. La maggior parte di questi proiettili non scomparirà per almeno 100 anni. Alcuni di esse per 50mila anni”. Gorbaciov (che a distanza di anni dichiarò che la catastrofe nucleare di Chernobyl fu forse la vera causa del collasso dell’Unione Sovietica) rispose: “E questa sua apprensione si basa interamente sulla descrizione di un detrito?”. Nell’agosto del 1986 Legasov presentò il suo rapporto sull’accaduto al Soviet, che “aggiustò” lo scritto dando più responsabilità del disastro all’errore umano che ai difetti di progettazione. Due anni dopo il chimico russo si suicidò; prima di uccidersi, registrò su un’audiocassetta la verità sulla catastrofe, concludendo con questa frase: “Se una volta temevo il prezzo della verità, ora chiedo solo: qual è il prezzo delle bugie?”.

Molto alto, ha evidenziato il relatore, aggiungendo altri effetti letali delle menzogne del regime sovietico: il robot mandato sul tetto più contaminato per rimuovere la grafite si sciolse in 30 secondi e fallì la missione (il governo russo aveva comunicato un livello di radiazioni molto inferiore a quello reale); si decise quindi di rimuovere i detriti a mano, con 3828 “volontari”; i “liquidatori” furono, invece, tra i 600 e gli 800mila. Di queste persone, probabilmente non si salvò quasi nessuno.

«Il messaggio di Chernobyl – ha concluso l’avv. Maiavacca – è che possiamo “creare” senza limiti, ma non “controllare” senza limiti. La sfida è trovare modi per esercitare il potere sul potere stesso. Essere irresponsabili nell’uso delle cose naturali è criminale, ma esserlo nell’uso delle cose che abbiamo creato noi lo è doppiamente».

Il consigliere regionale di Fdi Fabio Callori ha testimoniato come nei giorni del disastro di Chernobyl a Caorso (centro di cui è stato più volte sindaco) ci si accorse che era successo qualcosa di grave perché i rilevatori della centrale nucleare registrarono valori di radioattività molto più alti del normale.

Agli intervenuti è stato distribuito il testo della risoluzione del Parlamento europeo che condanna tutte le dittature, senza distinzione di colore politico.

Il programma dei Liberali per celebrare il “Giorno della libertà” prosegue oggi, venerdì 8 novembre, alle 18, nella sede di via Cittadella 39, con la proiezione del documentario “I naufraghi di Kerch”, scritto e diretto da Stefano Conca Bonizzoni. Presentazione di Danilo Anelli. Continua intanto fino a domani, sabato 9, alle 18, nella sede dell’Associazione, la mostra sui lager nazionalsocialisti e sui gulag sovietici. Alle 21, chiusura nel Salone degli Amici dell’Arte di via San Siro con l’opera teatrale “La libertà dietro il muro” di e con Massimiliano Finazzer Flory.

 

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