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La procura di Bari apre un fascicolo sulla vicenda dell’alto magistrato, partita da una denuncia piacentina

Si allarga la vicenda che riguarda il giudice di Stato Francesco Bellomo, partita da una denuncia presentata a Piacenza, dal padre di una studentessa. Il Csm aveva già avviato un procedimento disciplinare nei confronti del consigliere e del suo assistente, un altro magistrato Davide Nalin, padovano e pm a Rovigo.

Oggi invece è stata la Procura di Bari ad avviare  accertamenti penali. Il fascicolo aperto non ha, al momento né indagati né precise ipotesi di reato ma uno scopo appunto conoscitivo. L’alto magistrato, di origini baresi, secondo l’accusa avrebbe costretto le allieve della scuola privata di formazione per magistrati «Diritto e Scienza» a presentarsi ai corsi in minigonna, tacchi a spillo e trucco marcato, pretendendo anche che non fossero sposate e che avessero fidanzati con un alto quoziente intellettivo. Bellomo di quella scuola, che ha sedia a Milano, Roma e Bari, è direttore scientifico.

L’indagine – come si diceva –  ha preso il via nella nostra città. La ragazza si era laureata in legge alla Cattolica di Piacenza, ed era stata premiata come una delle 12 migliori allieve dell’ateneo.

«Ha fatto l’apprendistato come avvocato – ha raccontato il padre a Repubblica. – Ha frequentato la scuola di Parma per due anni. Solo dopo è cominciata l’avventura di “Diritto e scienza. Ma ora noi vogliamo solo la sua serenità, passo dopo passo. Sta meglio, anche se “non ancora benissimo”. Ha ripreso a mangiare, e a studiare.  Un’ora al giorno. Poca roba rispetto a quanto studiava in passato, ma è un altro passo verso la normalità» ha detto in padre nell’intervista. «È ancora in cura, entra ed esce dall’ ospedale tutte le settimane. Fa sedute con gli psicologi, nonostante sia passato un anno dai fatti. Sta provando a raccogliere i cocci di una vicenda che ha lasciato macerie. Questa storia le ha distrutto la vita e continua a lasciare per strada cicatrici che faticano a guarire».

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