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Sfatiamo qualche mito, tutti i dati sui migranti in Italia

Ne avevamo già parlato in un articolo passato facendo notare dopo il voto del 4 marzo, dati alla mano, che “nonostante la maggioranza delle province segnate vedano una diminuzione o una stabilità del numero di stranieri nel corso del quinquennio 2012 – 2016, i risultati alle urne dicono che la Lega conquista risultati dal 10 al 40% superiori alla media nazionale”.

Un recente Fact Checking di ISPI, l’Istituto per gli Studi delle Politiche Internazionali, approfondisce la questione, sulla base anche dei recenti avvenimenti politici. Viene mostrato che nei primi mesi del 2018 sono sbarcati in Italia circa 9300 migranti, il 75% in meno rispetto allo stesso periodo di un anno fa (su una popolazione di 60 milioni di abitanti circa). Questo fatto è da attribuire non alle politiche di Salvini, insediatosi all’Interno da poche settimane, ma del suo predecessore, Marco Minniti, che si accordò con le milizie armate della Libia, molto attive nei mesi scorsi a bloccare le partenze dei barconi rafforzando parallelamente il potere della Guardia Costiera libica.

Per quanto concerne il numero delle richieste d’asilo, si può dire che effettivamente sono aumentate considerevolmente nel periodo 2014 – 2017. Ma dalla seconda metà del 2017 in poi, probabilmente grazie anche alle politiche del precedente Ministro dell’Interno, questo numero si è drasticamente ridotto, le richieste esaminate sono ferme a circa 7 mila al mese dal 2015. Inoltre, i costanti deficit mensili tra domande presentate ed esaminate hanno portato a un significativo accumulo delle richieste d’asilo ancora da evadere: se a gennaio 2014 queste ultime erano meno di 15.000, a inizio 2018 sfioravano le 150.000.

Si può notare un’impennata nel tempo medio per decisione di prima istanza in seguito a richiesta d’asilo: siamo passati da 8/9 mesi degli anni passati a più di 18 mesi del 2017, in piena “epoca Minniti”. Questo ha fatto si che molti richiedenti si trovassero letteralmente “a spasso”, in attesa di giudizio. Facendo un paragone con la Germania, si può notare che Berlino riesce ad esaminare circa 50 mila richieste al mese, contro appunto le 7 mila italiane. In conclusione, le politiche precedenti a quella del nuovo Governo avrebbero portato a una situazione difficilmente sostenibile.

Si è sentito dire spesso che l’Unione Europea ci ha lasciati soli. Di per sè questa affermazione può essere vera, stando ai dati: tra settembre 2015 e aprile 2018 sono sbarcati in Italia quasi 350 mila persone, i piani di ricollocamento d’emergenza avviati dall’Unione europea prevedevano di ricollocare circa 35.000 richiedenti asilo dall’Italia verso altri paesi Ue. Gli aiuti europei coprono solo una minima parte delle spese italiane per far fronte a questa “emergenza”: nel 2017, per esempio, gli aiuti Ue ammontavano a meno del 2% dei costi incorsi dallo Stato italiano per gestire il fenomeno migratorio (4 miliardi di euro spesi dall’Italia contro 77 milioni investiti dall’Europa).

Va detto però che l’Europa potrebbe aver dirottato il proprio denaro verso lidi più interessati al fenomeno: in Europa l’Italia ha un’incidenza di rifugiati molto bassa: 2 su mille. Veniamo dopo, nell’ordine, Svezia, Malta, Norvegia, Austria, Cipro, Svizzera, Germania, Olanda, Danimarca, Francia, Serbia, Belgio, Lussemburgo, Finlandia e Bulgaria.

In conclusione si può considerare che le migrazioni certo non si arresteranno, anzi. Oltre al dato sull’aumento della popolazione mondiale, si può vedere che la pressione migratoria dall’Africa subsahriana è destinata ad aumentare drasticamente dal 2020 al 2050. Se restasse invariata anche la propensione a raggiungere l’Europa, di questi 30 milioni di migranti in più, circa 7,5 milioni arriverebbero in Europa entro il 2050. Sarà necessario fermarli tutti o cercare un dialogo costruttivo? “Aiutarli a casa loro”, non basta.

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