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Autonomia regionale, Cisl: “Guardare ai contenuti, praticare la partecipazione”

La Cisl Emilia Romagna, assieme a Cisl Lombardia e Cisl Veneto, in una nota sottolinea come sia auspicabile un confronto “senza pregiudizi ideologici, che coinvolga anche le parti sociali”. Le polemiche nazionali nate attorno al tema delle autonomie prendono corpo.

Il tema della maggiore autonomia delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto è arrivato al tavolo del Consiglio dei Ministri in un contesto di grandi polemiche e forti contrapposizioni, anche all’interno della stessa maggioranza e tra i vari ministeri coinvolti nei percorsi per il conferimento di proprie competenze alle Regioni interessate.

Cisl Emilia Romagna, Cisl Lombardia e Cisl Veneto auspicano che in tutte le parti politiche e istituzionali interessate prevalga la volontà di sviluppare un confronto a tutto campo, a livello nazionale e regionale, senza pregiudizi ideologici, che coinvolga anche le parti sociali e permetta di portare a compimento un percorso che, nel rispetto rigoroso del dettato costituzionale (artt.116 e 117 del Titolo V), concretizzi le richieste avanzate dalle tre Regioni e già oggetto di un accordo preliminare con la Presidenza del Consiglio, attraverso le intese con tutti i Ministeri interessati e il conseguente iter parlamentare.

Ribadiamo i punti fermi sui quali per noi si deve realizzare questa riforma delle istituzioni regionali. La maggiore autonomia riconosciuta alle nostre Regioni non deve mettere a rischio l’unità e la solidarietà nazionale, deve invece rappresentare una assunzione di maggiori responsabilità a livello locale, evitando un ulteriore frazionamento dei poteri che favoriscano la ingovernabilità del Paese.

Maggiori spazi di autonomia non devono inoltre in alcun modo tradursi in forme di “neocentralismo” regionale, ma essere occasione per un accresciuto protagonismo degli enti locali e un maggiore riconoscimento del loro ruolo di istituzioni più prossime alla vita quotidiana dei cittadini.

Vanno mantenute in sede statale le competenze per la definizione e garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni sociali e va assicurata l’uniformità dei diritti costituzionalmente garantiti a tutti i cittadini, in particolare libertà civili, salute, lavoro, previdenza, istruzione, giustizia e sicurezza.

L’autonomia regionale deve essere supportata anche da una coerente e diversa ripartizione delle risorse fiscali, che riconosca una maggiore equità nella loro redistribuzione, pur sempre in un rinnovato vincolo di solidarietà nazionale, comunque anche attraverso opportuni meccanismi di perequazione a favore delle regioni più svantaggiate, come stabilito dall’art. 119 della Costituzione. Va dunque completato il percorso del federalismo fiscale avviato nel 2009 e non ancora concluso, coordinato e coerente con una riforma del sistema fiscale che migliori l’equità del prelievo e una riduzione delle tasse sui redditi da lavoro dipendente, da pensione e sui salari di produttività. L’annunciata intesa raggiunta al MEF va quindi valutata sulla base di questi presupposti.

L’estensione – oggi alle nostre tre regioni, in futuro anche ad altre che la richiederanno – di ulteriori spazi di autonomia non deve comportare inasprimenti fiscali a carico dei cittadini, ma dovrà finanziarsi attraverso quote di compartecipazione ai tributi erariali dello Stato, necessarie all’esercizio delle funzioni conferite, escludendo in tal modo il ricorso ad addizionali regionali. 

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