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Dieci steline per ricordare sei milioni di vittime

Erano stelle, erano gialle, erano milioni ma non avevano nulla di romantico né di celeste.

Erano pezzi di stoffa a sei punte cuciti sui vestiti di un popolo intero per volere dei nazisti.

Dieci di queste stelle sono state protagoniste di altrettanti racconti portati in scena da Matteo Corradini al teatro San Matteo di Piacenza.

Una serata organizzata dall’Anpi di Piacenza nell’ambito delle celebrazioni per il giorno della Liberazione.

Uno spettacolo di parole e danza sulla Shoah tratto dal nuovo libro di Matteo Corradini.

Su un palco quasi totalmente buio, come bui furono gli anni del nazi-fascismo, Corradini ha letto brevi filastroche dedicate al bambino, al libraio, al rabbino, alla professoressa, al povero, all’inconsapevole, al violinista, al vecchio, alla bambina, al matto.

Dieci esistenze diverse e lontane fra loro ma accomunate dallo stresso tragico destino: la deportazione e la morte nei lager.

A dividere ogni storia dall’altra, a dargli fisicità, le danze di Fiammetta Carli Ballola mentre sul fondale sono state proiettate le belle illustrazioni di Vittoria Facchini.

In scena tanti pezzi di legno perché i nazisti così avevano trasformato gli ebrei, da persone a semplici oggetti, inutili. Cose da spazzare via, lontano dagli occhi di tutti, come Corradini ha fatto, in scena, con uno scopettone.

Persone che facevano mestieri, che erano giovani, vecchi e bambini e che poi non sono stati più nulla, strappati via dal mondo e gettati nel vuoto come pagine di un libro. Eliminati nelle camere a gas, in venti lunghissimi minuti.

Le storie delle stelline sono state raccontate, una dopo l’altra, brevi, intense, efficaci.

Corradini ha calcolato che per ricordare i sei milioni di vittime dell’olocausto, senza fermarsi mai, giorno e notte, leggendone solo il nome, dedicando tre secondi a ciascuno, occorrerebbero 7 mesi e mezzo.  Raccontando per ciascuno di loro, in cinque minuti, gli elementi essenziali della loro vita, chi erano, cosa facevano, servirebbero cinquantasette anni.

L’autore ha scelto dieci storie riassuntive delle sofferenze di un popolo intero ed ha concluso lo spettacolo con una musica dal ritmo incalzante, quasi ipnotico e con un fascio luminoso a squarciare il buio e ad inseguire, implacabile, la ballerina, quasi fosse una prigioniera in fuga da un campo di prigionia.

Infine nuovamente il buio e poi una piccola stellina gialla, proiettata sul narratore e sulla danzatrice a colpirli senza lasciare via di scampo ed a ricordarci la crudeltà di quel simbolo, divenuto marchio mortale. Perchè ricordare è sempre importante:

«La sola speranza di tutta la storia
è perdere il conto ma non la memoria
Son storie diverse come i desideri
ciascuna è una luce di quelle più belle
che all’alba di oggi non sono più ieri
e brillano tutte in mezzo alle stelle».

Calato il sipario la serata ha riservato anche un fuoriprogramma per Matteo Corradini. Alcuni alunni della 3 H della scuola Dante, sapendo che era il suo compleanno, hanno voluto festeggiarlo preparando uno striscione a testimonianza della loro amicizia di ormai lunga data (lo scrittore, in questi anni, li ha incontrati più di una volta per parlare con loro di Shoah).

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