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«Teniamo vive le tradizioni perché solo coesi possiamo reggere la sfida della globalizzazione»

Sono state necessarie due sale (la Panini e la Verdi videocollegata) di Palazzo Galli per accogliere i numerosi piacentini che non hanno voluto mancare alla presentazione dell’ultima fatica editoriale di Alessandro Ballerini, “Storie di paese”. Un libro che, percorrendo le quattro vallate piacentine, raccoglie aneddoti, usanze, modi di dire dialettali, fantasie e tradizioni della nostra terra. Tradizioni di cui è utile conservare memoria «perché Piacenza – ha sottolineato il presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza Corrado Sforza Fogliani – ha bisogno di essere coesa per affrontare le problematiche che le si presentano. A volte, la città dà l’impressione di essere in demolizione: perdiamo pezzi per carenza d’identità. La sfida della globalizzazione si vince invece proprio rafforzandosi nell’identità e non facendo le zecche di altri».

Il presidente Sforza ha quindi ricordato l’importanza del dialetto, «tenuto in grande considerazione nel ‘700 (lo si parlava a scuola) e che aveva poi perso validità il secolo successivo a causa delle mode figlie del Romanticismo. Oggi è tornato in auge – ha osservato – e anche su questo tema la Banca ha fatto il suo dovere: pubblicando il Vocabolario dialetto piacentino-italiano di mons. Tammi – di cui, recentemente, sono stati da noi raccolti i modi di dire dialettali – e quello italiano-dialetto redatto dalla prof. Bandera Riccardi; non solo, la Banca ha pubblicato anche il Prontuario ortografico, a cura del compianto prof. Paraboschi e del prof. Bergonzi, per cercare di uniformare il modo di scrivere del nostro dialetto, troppe volte contaminato. Dialetto piacentino che ha a pieno titolo dignità di lingua, citato da Dante».

Il sindaco di Bobbio (paese natale di Ballerini) Roberto Pasquali ha proposto che si insegni il dialetto nelle scuole, perché i ragazzi non lo conoscono, e ha evidenziato l’importanza del lavoro dell’autore con le sue pubblicazioni, dedicate alle tradizioni locali.

Maurizio Dossena ha citato in particolare il racconto che si fa nel volume “Storie di paese” delle veglie, cioè dei filòss: «Le famiglie contadine si riunivano nella stalla: le donne filavano e c’era sempre un “narratore” che raccontava le storie ai bambini. Così si tramandava la cultura agreste».

Marilena Massarini ha dal canto suo definito il libro «un testo piacevolissimo di cultura popolare» e ha lodato l’autore per le sue qualità di cantante dialettale.

Sandro Ballerini, nel ringraziare i relatori e tutti gli intervenuti, ha definito la sua opera «una raccolta di ricordi di vita» che lo hanno riportato agli anni della giovinezza, «passata in due osterie: quella dei nonni paterni di Marsaglia, dove si parlava un dialetto montanaro, un po’ duro, con influenze liguri, pavesi e alessandrine; e quella dei nonni materni di Fabbiano di Rivergaro, dove si comunicava in un piacentino dolce e un po’ arioso, non tipico della città, dal vago accento francese». L’autore ha infine espresso la preoccupazione che «il dialetto si estingua, perché i tempi di oggi sono troppo veloci».

Ai relatori intervenuti, la Banca di Piacenza ha fatto dono di una pubblicazione dedicata alla Galleria Ricci Oddi.

 

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