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Sforza Fogliani: “quello del Carmine più che un soppalco mi sembra un viadotto”

«Grazie a Italia Nostra abbiamo evitato di far prendere ai piacentini un bello spavento in occasione della presentazione dei lavori di restauro dell’ex chiesa del Carmine, ormai imminente». Il presidente dell’associazione non ha fatto sconti alla scelta di “soppalcare” il monumento del ‘300, nel suo intervento introduttivo all’incontro pubblico organizzato da Italia Nostra a Palazzo Galli per illustrare la documentazione fotografica dell’edificio prima e dopo l’intervento di ristrutturazione.

Carlo Emanuele Manfredi (che ha ringraziato la Banca di Piacenza per la concessione di Sala Panini) ha raccontato la casualità della scoperta, avvenuta il 9 gennaio scorso durante un sopralluogo – presenti i rappresentanti di Italia Nostra Regionale – per il parcheggio sotterraneo di piazza Cittadella: «Vedendo il portone del Carmine di piazza Casali aperto, mossi dalla curiosità abbiamo messo dentro la testa e alla vista del soppalco si sono levate urla di sdegno. Una struttura in cemento, fissa e non removibile, con travature in ferro, scale e ascensore è agghiacciante e non c’entra un fico secco con il resto del monumento». Da qui la richiesta al Comune di aprire la chiesa, almeno per una giornata, ai piacentini. Richiesta negata e – dopo insistenze – trasformata nella concessione di un’ora di tempo a tre rappresentanti di Italia Nostra Piacenza (lo stesso Manfredi, Luigi Rizzi e Giuseppe Marchetti) il 21 marzo scorso.

E’ in quella occasione che sono state scattate le fotografie che hanno alimentato le polemiche e che sono state illustrate a Palazzo Galli affiancate ad immagini del passato, allo scopo di fare vedere il “com’era” e il “com’è” della chiesa trecentesca (illustrazione affidata all’esauriente relazione dell’ing. Rizzi). Il presidente Manfredi ha lamentato lo scarico di responsabilità («Nessuno ci dice a che cosa serve il soppalco e non si sa chi lo abbia progettato: un fantasma?») e definito «opportuno» l’intervento di Sgarbi (durante l’incontro è stata trasmessa la video intervista al critico d’arte realizzata da Piacenza Sera), che nei giorni scorsi ha depositato un esposto alla Procura di Piacenza, condividendo le perplessità di Italia Nostra e giudicando l’intervento «sbagliato, inaccettabile e umiliante per l’edificio». Il ricorso alla Magistratura è stato spiegato da Sgarbi come unica strada rimasta da percorrere, visto che il direttore generale delle Belle Arti presso il Ministero per i beni e le attività culturali, Gino Famiglietti, ha dichiarato scaduti i termini per un’azione di autotutela, vista la data troppo vecchia dell’autorizzazione ai lavori.

Su questo punto è intervenuto Corrado Sforza Fogliani: «Sarebbe buona cosa – ha consigliato – che come Italia Nostra si chiedesse un accesso agli atti sia al Comune sia alla Soprintendenza, per stabilire se il progetto è stato autorizzato con una o due licenze. Propendo più per la seconda ipotesi: quello che io mi rifiuto di chiamare soppalco (perché così facendo si attenua la gravità dell’intervento) e che definisco “viadotto”, potrebbe essere stato progettato in un secondo tempo. Anche per esso saranno scaduti i termini dell’autotutela?».

La segretaria di Italia Nostra Anna Lalatta ha lanciato un appello: «Visto che in quanto cittadini siamo proprietari di edifici come il Carmine e perciò committenti dei lavori, mi piacerebbe ci fosse più informazione e più dibattito sui progetti di recupero di beni di grande valore, perché la nostra città è la nostra casa. Pensiamo a scelte meno banali: non c’è solo la produttività commerciale ma anche quella culturale».

Domenico Ferrari Cesena ha ricordato che altre chiese sconsacrate (Santa Margherita, Sant’Ilario, San Lorenzo) erano state dotate di soppalchi tolti nel momento del restauro: «Qui è avvenuto il contrario».

Giuseppe Valentini, cultore d’arte, ha definito il soppalco «un semicavalcavia stradale», che diverrà probabilmente «una galleria per lo shopping».

Carlo Ponzini ha portato il suo contributo al dibattito avvalorando la tesi sostenuta da Corrado Sforza Fogliani: «La realizzazione del “cavalcavia” non è un intervento di restauro o risanamento conservativo, ma una ristrutturazione edilizia e come tale necessita di permesso di costruire, perché va ad aumentare la superficie utile».

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