Per la rubrica Liberamente pubblichiamo una recensione di Biancamaria Caldani.
Ultimamente ho letto in un soffio questi tre libri leggeri ma accattivanti, ognuno di loro ha “un suo perché”!!!!
SETTE UOMINI D’ORO di Lorenzo Licalzi (breve 190pagg.) 30 anni fa 3 sedicenni… e già scattano i ricordi! Oggi sono persone normali e non si frequentano nemmeno più, i loro sogni sono appannati e svaniti nella grigia quotidianità. Il caso li fa ritrovare e li catapulta nell’avventurosa vita “da film” che immagi navano per loro. Il romanzo è rapido, è lieve, è una favola. I personaggi ingenui e accattivanti. La storia, per quanto piuttosto improbabile, diverte e coinvolge, tanto che si dimentica il tempo e la si beve in un sorso. E’ un libro per sognare e per riprendersi un sogno bambino che ci fa ancora sorridere.
LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKUE di Durian Sukegawa (breve 184pagg.) Si trova in biblioteca Film omonimo nel 2015 Sono stata in Giappone l’estate scorsa e la signora Tokue mi ci ha riportata con la sua ostinazione , i suoi gesti pieni di dedizione, la ricerca di fare qualcosa di meglio. Perché i giapponesi sono poetici e pieni di grazia ma al tempo st
esso rigidi e formali. Sentaro, il pasticcere, non sa cucinare, ma dire così non è corretto… Sentaro è sconfortato, vinto e trasferisce la sua frustrazione nei dolci che non gli riescono bene, sono comuni. Tokue è altrettanto umiliata e ha sofferto immensamente, ma non è sconfitta. Ritrova la sua dignità nel fare bene quello che ama. I personaggi sono due perdenti che tornano alla vita. La storia è profonda e delicata, un invito alla resilienza.
IL DOLORE CHE SARA’ di Mauro Marcialis (breve 153pagg.) Si trova in biblioteca “Immenso sarà il dolore che apparirà ai tuoi occhi, e in questo dolore sarai felice” (cit. Dostoevskij). Non è così per chi attraversa questa storia che lascia un po’ soli a fare i conti con la nostra propria capacità di sopravvivere a un lutto. In questo canto corale le voci sono molto personali, come la percezione e la risposta al dolore che è mutevole e dannatamente soggettiva. Non viene fornita una ricetta per uscirne; è il racconto di Candy che tiene le fila, l’unica voce neutra, l’unica non umana. Lei racconta e ci si lascia attraversare dalla sua voce, che porta anche le altre, le scarica come acqua sporca ma al contempo le incanala in qualcosa di positivo. Non si comprende, si intravede solo una possibilità di sopravvivenza