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    I furbetti del cartellino guastano l’uscita di scena di Dosi

    Mancava una manciata di ore al passaggio ufficiale delle consegne. Il mite Paolo Dosi, dopo cinque anni trascorsi in un ruolo che forse non era mai stato suo fino in fondo, era pronto per cedere le chiavi del Municipio a Patrizia Barbieri, con la quale, signorilmente, si era complimentato all’indomani della schiacciante vittoria.   

    Invece no. Il suo mandato si è concluso nel peggiore dei modi, con un clamoroso blitz della Guardia di Finanza, che insieme alla Polizia Municipale, si è presentata questa mattina a Palazzo Mercanti per eseguire perquisizioni ed accompagnare in questura numerosi dipendenti.  Cinquanta, in totale, le persone, indagate fra cui una finta agli arresti domiciliari (nei giorni scorsi), trentanove sottoposte a misure cautelari (obbligo di firma) e dieci a piede libero. Una indagine coordinata dal pm Antonio Colonna che avrebbe documentato, anche attraverso telecamere e pedinamenti, come numerosi dipendenti del Comune di Piacenza anziché lavorare preferivano dedicarsi allo shopping o alla palestra.   

    L’uscente sindaco Paolo Dosi è indiscutibilmente persona integerrima ma come un bravo padre di famiglia che non sorveglia i figli minorenni, qualche “culpa in vigilando” ce l’ha e ce l’ha avuta. Passi, se proprio deve passare, non essersi accorto di quanto avveniva all’interno del Nido Farnesiana. Passi il non essersi accorto di come veniva mal gestita la vicenda del cinghiale Agostino tanto per citare due casi recenti.

    Ché né lui, né i suoi assessori, né i suoi dirigenti avessero notato come  50 dipendenti della loro amministrazione fossero “furbetti del cartellino” è un fatto irrilevante sotto il profilo dell’inchiesta ma politicamente suona come un triste e pesante “De Profundis” per la sua giunta.

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