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“Un lungo incanto”: gli anni Settanta nell’ultimo libro di Mauro Molinaroli

Gli anni Settanta: passato, memoria, storia. Mauro Molinaroli era poco più che adolescente negli anni del “lungo inverno del nostro scontento” e ha vissuto quel periodo attraverso gli occhi di un giovane che osserva ciò che gli accade intorno. Tra politica e cultura, sport e canzoni, emozioni autentiche, brevi e intensi amori. Questo libro rappresenta una sorta di manifesto della “meglio gioventù” che desiderava un mondo diverso. Anni intensi, gonfi di ideali e di vicende drammatiche che purtroppo ci hanno segnato a lungo. Ma anche anni di grandi speranze e di consapevolezze nuove.
E queste emozioni accanto alle nuove consapevolezze sono narrate nel libro “Il lungo incanto” sottotitolo “I miei anni Settanta” (MM) che sarà presentato lunedì 17 febbraio alle 18 al PalabancaEventi di via Mazzini 14 (Sala Panini), presenti Roberto Reggi, lo psicologo Stefano Sartori e i giornalisti Robert Gionelli e Giorgio Lambri.
Il lavoro di Mauro Molinaroli è una lunga e immaginaria partita a tennis tra le proprie emozioni, i fatti che hanno caratterizzato la città in quegli anni e gli eventi che hanno determinato grandi cambiamenti dal punto di vista nazionale. E se da un lato ci sono le emozioni della notte prima degli esami o delle prime esperienze rubate in periferia, dall’altro trovano spazio da un lato l’elezione del sindaco Felice Trabacchi alla guida della città di Piacenza e dall’altro il referendum sul divorzio, il terrorismo e il sequestro Moro. C’è anche una Piacenza ricca di umanità, fortemente identitaria e arroccata in se stessa, perché siamo o non siamo storicamente piazzaforte e avamposto militare?
Cantautori, canzoni ascoltate appassionatamente per una stagione e poi perdute nel tempo, il Piacenza Calcio, il calcio dei poveri e un profondo senso di umanità che trasuda dalle pagine scritte dall’autore che stavolta sembra fare i conti con il tempo andato tra ricordi e nostalgia, storie lontane e drammi personali come la morte del padre, una ferita che non lascia scampo. Insomma, una lunga seduta terapeutica scritta a metà tra ragione e sentimento.

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