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    Il viaggio di Kamlalaf approda sul lago Titicaca

    Continua il viaggio di Arianna Badini, che ha vissuto con ProgettoMondo Mlal alcune settimane alla scoperta della Bolivia, nell’ambito del progetto Kamlalaf. Pubblichiamo – qui di segito – altre pagine del suo diario.

    Ci aspetta il lago Titicaca, il bacino più alto del mondo. Dopo il tragitto in autobus, arriviamo in barca alla Isla del Sol; il lago ci accoglie con calma e pace, la brezza è piacevole, qualche alpaca pascola tranquillo e si fa accarezzare. Facciamo una passeggiata per vedere il tramonto: i colori del cielo cambiano velocemente, il vento si alza, ci facciamo strada tra l’odore dei cespugli pestati, qualcuno iniziamo a riconoscerlo. Dall’alto del belvedere c’è silenzio e un panorama commovente. Il giorno successivo visitiamo il tempio preincaico dell’Isola della Luna, ci fermiamo a Copacabana per poi tornare nella capitale.

    E’ il Dìa de la Patria, che festeggia l’indipendenza della Bolivia nel 1825, la cittadina è in fermento tra mercati e musiche tradizionali, ci perdiamo tra i vicoli incantati dagli oggetti più curiosi e da un popolo silenzioso e mite che oggi si è riversato nelle città a celebrare la propria storia. Passiamo gli ultimi giorni in Bolivia in compagnia di Anna Maria Alliod, responsabile di molti progetti di Mlal, che ci regala racconti preziosi e appassionanti sulle dinamiche del paese e delle comunità.

    Ci accompagna alla cooperativa La Chomta, sempre a El Alto, dove le donne coinvolte lavorano e accolgono i turisti interessati a scoprire la loro realtà. Ci mostrano i loro prodotti e i processi di tessitura e tintura naturali, ci invitano a pranzo. Le donne, sciolte dalla confidenza con Anna, sono dolci e ospitali, ci troviamo a giocare con i loro bambini e a godere dei loro racconti. Il progetto Hilando Culturas (tessendo culture) è attivo anche in Perù.

    Negli anni passati, Anna ha accompagnato un gruppo di donne peruviane e boliviane in Valle d’Aosta per un incontro interculturale con una comunità locale di tessitura della canapa. E’ stato interessante, ci spiega, l’approccio di due realtà in fondo piuttosto simili. Ognuna di esse lavora con dignità per mantenere viva una tradizione e una qualità di prodotti unici attraverso un lavoro che richiede una capacità manuale enorme, ma anche pazienza e amore. Nonostante le barriere culturali, le donne hanno legato moltissimo tra loro, hanno amato la nostra natura e le nostre montagne, si sono scontrate con una realtà, quella di un paesino che ha conosciuto in passato la povertà e attualmente lo spopolamento, che non avrebbero immaginato per l’Europa. Si sono messe in gioco e hanno il ricordo di  un’esperienza che raccontano ancora con gli occhi lucidi.

    E’ proprio questo che porterò a casa. Non solo il bene ostinato negli occhi di Anna ma anche la delicatezza, il rispetto, l’ascolto reciproco. L’approccio che vede i problemi dei boliviani come quelli che affliggono il nostro mondo, la nostra umanità e la nostra terra, e che punta a risolverli con consapevolezza, parità e mutuo aiuto. Che prende con ammirazione l’esempio delle loro tradizioni e comunità, il loro legame con la natura, il loro coraggio nella lotta per i loro ideali, la loro ostinazione silenziosa, il loro duro lavoro, per spunti sempre nuovi.

    Per continuare a esigere pari diritti, per dare voce e non permettere più che i figli della miseria si ritrovino a perdere il loro sguardo intenso, l’amore per il proprio corpo, la consapevolezza di sé stessi. Per portare avanti i prodotti di un lavoro duro, autentico, che non scende a compromessi con un mercato e una società che non danno più spazio al tempo necessario per costruire qualcosa con amore e qualità. Per proteggere una natura straordinaria, che come ben sanno le popolazioni locali che adorano la Pachamama, è l’origine di tutta la nostra vita e ha la precedenza su ogni tipo di interesse, per la quale vale la pena lottare con una marcia anche a costo di morire, come per esempio è successo per difendere il Tipnis, territorio del parco del Isiboro Secur, dove tuttora si prevede la costruzione di una strada di 306 km in mezzo all’Amazzonia, per fini esclusivamente commerciali.

    La lotta è dura, instancabile, continua. Si continua con ‘los hermanos bolivianos’, non senza fraintendimenti e barriere culturali, armati di pazienza e sacrificio. Questo è quanto le realtà e le persone che abbiamo conosciuto ci hanno insegnato, con la forza del loro esempio. La terra meravigliosa e unica della Bolivia invece ci ha mostrato, con la spontaneità della meraviglia che si dà al mondo, di cosa l’universo sia capace, di quanta bellezza ci sia nella miseria e di come i luoghi più straordinari possano portare avanti storie pesanti e difficili. Il mondo è così, folgorante, tra il nostro germogliare e sfiorire, possiamo provare a rendergli omaggio.

    Arianna Badini

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