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    L’istruzione ed un corretto stile di vita da  bambini “salvano” dalle malattie degenerative della mente

    Nuove scoperte delle neuroscienze sulla memoria e non solo: le capacità cognitive dell’anziano posso essere predette analizzando quelle che emergono già in età infantile.

    Questo importante risultato è stato raggiunto da un gruppo di ricercatori anglosassoni che ha pubblicato sulla rivista Neurology gli esiti di uno studio longitudinale condotto su 502 pazienti. La ricerca ha dimostrato che le condizioni cognitive manifestate dal cervello umano in età avanzata sono il frutto di una serie concorrente di fattori tra cui si evidenziano: le capacità cognitive che un bambino manifesta nell’infanzia e, inoltre, le condizioni socio economiche in cui lo stesso individuo si trova a vivere intorno ai 50 anni di età.

    E’ quindi evidente che individuare i predittori cognitivi è di notevole importanza in quanto è possibile determinare quali aspetti della vita dei bambini e dei giovani possono essere modificati: dalla istruzione allo stile di vita; dalla alimentazione ad una corretta educazione del sonno e alla quantità di esercizio fisico adeguata al soggetto, ecc.

    Come si accennava, la ricerca ha analizzato il profilo di 502 soggetti (maschi e femmine) nati nel 1946 i quali erano stati sottoposti ad una valutazione cognitiva all’età di 8 anni utilizzando test che misuravano le abilità verbali e non verbali. Gli stessi soggetti sono stati successivamente sottoposti ad una nuova valutazione ad un’età compresa tra i 69 e 71 anni.

    I ricercatori hanno dimostrato l’esistenza di una importante correlazione tra le abilità cognitive mostrate nell’infanzia e i punteggi ottenuti 60 anni dopo. Non solo, anche l’educazione ricevuta e lo stile di vita praticato sembrano avere un’importante funzione protettiva sui rischi di degenerazione cognitiva in tarda età.

    Questo studio fa il paio con un’altra ricerca, sempre pubblicata su Neurology e di cui da notizia anche Doctor33 (rivista del gruppo Edra) nel numero del 21 novembre scorso.

    In questo secondo caso i ricercatori hanno condotto un esperimento su 983 pazienti con un’età media di 77 anni e bassi livelli di istruzione, di cui 237 analfabete e 746 alfabetizzate. I partecipanti sono stati sottoposti a esami medici, test mnemonici e cognitivi all’inizio e al termine dello studio.
    I ricercatori hanno scoperto che all’inizio della ricerca la demenza era presente in una percentuale pari al 35% dei soggetti analfabeti e al 18% persone alfabetizzate anche se di scarso livello culturale. L’esito finale dello studio ha evidenziato che le persone che non sapevano né leggere nè scrivere avevano una probabilità quasi tre volte maggiore di manifestare una qualche forma di demenza senile.

    Ciò dimostra che il livello di istruzione e di cultura produce un effetto benefico sulle capacità cognitive dell’anziano. Ovviamente questi esiti trascurano un altro elemento fondamentale delle forme degenerative che colpiscono il cervello a causa della presenza delle placche beta – amiloidee che sono tipiche della demenza di Alzheimer. Ma di questo parleremo in un prossimo articolo.

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