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Monsignor Adriano Cevolotto ordinato Vescovo stamane a Treviso

Si è svolto questa mattina a Treviso, nel tempio di san Nicolò, il rito di ordinazione episcopale  di  mons. Adriano Cevolotto, vescovo eletto della diocesi di Piacenza Bobbio. Monsignor Cevolotto farà il suo ingresso ufficiale in città domenica 11 ottobre mentre domani in Duomo ci sarà il saluto della comunità piacentina a monsignor Gianni Ambrosio, che oggi ha concelebrato la messa di ordinazione.

Alla cerimonia erano presenti le seguenti autorità

Vescovi concelebranti

Michele Tomasi, Treviso, Gianfranco Agostino Gardin, vescovo emerito Treviso,Paolo Magnani, vescovo emerito Treviso, Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo Udine,Corrado Pizziolo vescovo Vittorio Veneto, Alberto Bottari De Castello, Renato Marangoni, Belluno – Feltre, Lauro Tisi, arcivescovo Trento, Erio Castellucci, arcivescovo Modena – Nonantola, Gianni Ambrosio, amministratore apostolico di Piacenza – Bobbio, Giovanni Mosciati, Imola, Livio Corazza, Forlì – Bertinoro, Piero Marini, arcivescovo, presidente Pontificio Comitato per i congressi eucaristici internazionali; già maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie (1987-2007), Matteo Zuppi, cardinale di Bologna, presidente della Conferenza episcopale Emilia Romagna.

Autorità civili e militari

Mario Conte, sindaco Treviso, Antonello Roccoberton, Vicario del prefetto Laganà, Stefano Marcon, presidente Provinciadi Treviso, Vito Montaruli, questore di Treviso, Salvatore Gibilisco, comandante Nucleo informativo Carabinieri di Treviso, Gianfilippo Magro, comandante provinciale dei Carabinieri di Treviso, Francesco De Giacomo, comandante provinciale Guardia di Finanza di Treviso, Maria Cristina Piovesana, presidente Assindustria Veneto Centro Pd-Tv, Giuseppe Milan, direttore Assindustria Veneto Centro Pd-Tv, Romano Tiozzo, segretario generale Camera Commercio Treviso, Ernesto Caffo, membro Pontificia Commissione per la tutela dei minori, Francis Contessotto, pres. Fism provinciale di Treviso, Giancarlo Iannicelli, presidente Consiglio Comunale di Treviso, Pieranna Zottarelli sindaco di Roncade, Luca Durighetto sindaco di Zero Branco, Elena Baio vicesindaco di Piacenza, il sen. Angelo Pavan

L’introduzione di monsignor Gardin

Ad introdurre la funzione odierna è stato Agostino Gardin, vescovo emerito di Treviso. Questo il suo discorso.

«Don Adriano mi ha chiesto di introdurre brevemente questa celebrazione. Ho, accettato di offrire questo piccolissimo servizio, anche per esprimergli la mia gratitudine per il suo ministero in questa chiesa trevigiana e, in particolare, per il quinquennale e davvero prezioso aiuto diretto al mio ministero.

Non intendo descrivere il rito. Ognuno lo potrà seguire, constatando che si tratta di una celebrazione assai ricca di segni, di parole, di gesti. Per qualcuno potrebbe anche assomigliare un po’ ad una specie di solenne investitura di un monarca di altri tempi; altri potrebbero forse percepirla, per così dire, come la versione liturgica di una grande promozione nella cosiddetta ‘carriera ecclesiastica’.

Ma non si tratta di questo. Nessuna “glorificazione” o esaltazione della persona dell’ordinato. L’unico ad essere glorificato, come sentiremo nella preghiera di ordinazione, è solo «Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo», che viene «glorificato – così verrà detto – anche in coloro che ha scelto». Glorificato Lui, non loro.

Capiremo infatti che l’effetto dell’ordinazione è quello di abilitare ad un ministero, cioè ad un servizio; al farsi servo di una chiesa e dei fratelli e sorelle che la compongono. Un ministero da compiere sempre sotto la guida, il giudizio, la verifica del Vangelo, che verrà significativamente aperto sopra il capo del consacrando. E poi sentiremo, nei vari momenti, la richiesta di aver cura e di pascere il gregge affidato, di annunziare la Parola con grandezza d’animo, di accogliere tutti con misericordia, di dare aiuto e conforto ai poveri, di cercare la pecora smarrita, di praticare la fedeltà e la perseveranza, di pregare senza mai stancarsi, di condurre una vita irreprensibile; e potremmo aggiungere anche l’invito di Paolo, nella seconda lettura, rivolto al giovane discepolo e vescovo Timoteo, di saper “soffrire per il Vangelo”.

È vero quanto ha detto don Adriano il giorno della sua nomina: diventare vescovo non è un premio. Significa, piuttosto, essere più intensamente associato al dono totale di sé proprio di Gesù. Per questo ha bisogno, il vescovo eletto, della dolce forza dello Spirito donata dal Cristo Risorto, che prenderà possesso di lui mediante l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione, centro di tutta la celebrazione.

 Sentiremo anche la parola di papa Francesco che ‘invia’, come Gesù fece con gli apostoli. È chiesto al nuovo vescovo, come avvenne con Abramo, di «lasciare la sua terra», l’amata diocesi in cui è nato e ha ricevuto il dono della fede e della vocazione presbiterale, in cui ha già esercitato un impegnativo servizio per ben 36 anni; di lasciare la fraternità presbiterale trevigiana e tante persone con le quali sono nati legami di preziosa amicizia. Gli viene detto, in sostanza: senza dimenticare e anzi valorizzando ciò che qui hai ricevuto e vissuto, dona ora te stesso con generosità piena alla tua nuova chiesa, quella di Piacenza-Bobbio, alla quale sarai legato con un profondo vincolo sacramentale. Anche lì troverai ricchezza di fede e di amore, che ti aiuterà ad essere pastore buono e lieto anche nella fatica.

A questa celebrazione, carissimo don Adriano, ti assicuriamo di partecipare stringendoci a te con preghiera, affetto, amicizia, gratitudine»

L’Omelia del vescovo di Treviso

L’omelia è stata invece letta dal vescovo di Treviso Michele Tomasi

«La folla che si accalca attorno a Gesù vuole ascoltare la Parola di Dio. Dopo aver inaugurato la sua predicazione nella sinagoga di Nazareth Gesù annuncia la Parola, gira per i villaggi vicini, compie molte guarigioni, libera da spiriti cattivi e si mette in cammino, spinto dalla necessità di “annunciare il Vangelo anche alle altre città”.

Le persone che lo hanno incrociato o che ne hanno sentito parlare vengono a Lui, esprimendo l’attesa grande che essi portano con sé, consapevoli della novità del suo annuncio, dell’unicità della sua persona. Davvero si è di fronte ad una buona notizia.

Per annunciare meglio, il Signore sceglie di allontanarsi un po’ da riva, sula barca di Simone, forse per sfruttare al meglio l’acustica di un anfiteatro naturale.

Una richiesta tutto sommato non molto impegnativa, probabilmente ragionevole date le caratteristiche del posto. Per Simone però, che era intanto sceso a terra a lavare le reti, è già la richiesta di uno sforzo: ritornare sulla barca, lasciare le reti, rinunciare al riposo, e scostarsi un poco da terra. Un primo assaggio di quanto doveva ancora venire. Gesù si siede e insegna alle folle. E Pietro è là, con Lui. Poi Gesù, appena finito di parlare, pone un’altra richiesta, questa volta del tutto inattesa, e sorprendente: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”.

Simone ora deve prendere il largo; aveva terminato il lavoro e si disponeva al meritato riposo ed eccolo di nuovo in movimento, a riprendere le reti: “prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”. Si muove lui, assieme agli altri.  La chiamata è di una novità radicale.

E Simone risponde. Già egli riconosce in Gesù il Maestro. Ne ha appena sentito l’insegnamento, ne è stato toccato forse anche al di là di quanto egli potesse credere. E anche se egli inizia a rispondere accennando ad un’obiezione – naturale per il pescatore, e soprattutto per il lavoratore stanco del lavoro infruttuoso di tutta la notte – Simone continua con le parole che manifestano un cambiamento del cuore, la novità del pescatore che è già diventato discepolo: “sulla tua Parola getterò le reti”.

Il pescatore accetta l’indicazione del Maestro. Gesù incontra Simone e lo mette alla prova nella sua professione, nel suo ambiente, nella vita di tutti i giorni, al centro dei suoi interessi.

Ma la relazione tra Gesù e Simone è già diventata quella tra il Maestro e il discepolo, e anche se questo atto di fiducia permetterà la pesca miracolosa, ormai il centro del dialogo e della vita intera di Simone non è più la sua situazione, non è più la pesca, non è più il passato.

Tutti lavorano, chiamano l’altra barca, le riempiono ambedue di pesci. C’è grande concitazione, con le reti che quasi si rompono e le barche cariche sino ad affondare. Ma al centro della scena stanno Gesù e Simone, il quale ora – e solo ora – è chiamato Simon Pietro.

Da quando egli ha accettato di agire sulla sua parola, l’attenzione di Pietro è rivolta sempre di più alla persona di Gesù. Tutto il resto sembra perdere di consistenza.

È la Sua Parola che lo ha scosso, è la Sua presenza che ora lo inquieta, è a partire da Lui che ora egli definisce tutta la sua vita. La pesca così abbondante non è più importante in se stessa, ma solo in quanto segno della potenza dell’incontro con Gesù. “La pesca lo ha raggiunto spiritualmente”.

Guardando a Lui egli si riscopre peccatore. Il pescatore di Galilea, già divenuto discepolo del Maestro, ora percepisce nettamente che proprio Dio sta toccando la sua vita. Egli si trova alla presenza del suo Signore e se ne sente indegno.

La Parola di Gesù libera e trasforma.

Essa Libera dalla paura del limite, della fragilità, della precarietà e trasforma: ormai Simon Pietro sarà ”pescatore di uomini”. Parteciperà con tutto se stesso alla missione di Cristo, annunciando che le ragioni della vita sono più potenti di quelle della paura e della morte.

Caro don Adriano. Hai scelto l’invito di Gesù “prendi il largo” come tuo motto episcopale.

La tua storia con Gesù non inizia certo ora. Prende le mosse in famiglia, poi in parrocchia, in seminario e nei vari incarichi in diocesi, numerosi, sempre impegnativi e di responsabilità. Alle volte forse è stato anche per te un po’ come allontanarsi appena da riva, nell’incontro con Lui e con i fratelli nella quotidianità della vita, nelle fatiche delle scelte, chiamato spesso a ricominciare da capo, a rimettere in acqua la barca, talvolta invece di godere di un meritato riposo. Hai imparato a riconoscere il Signore come Maestro in questa chiesa di Treviso, qui hai incontrato tante persone –  molte di queste son presenti qui oggi, altre ti accompagnano nella preghiera, altre ci hanno preceduto nella casa del Padre – che ti hanno aiutato a scoprire il suono della Parola del Signore che ti viene rivolta.

Molte volte lo hai sentito chiederti di percorrere un tratto di strada insieme, e di svolgere un servizio alla Chiesa e alle persone in questo nostro tempo.

Ora il Signore ti ha chiesto un passo ulteriore, ti chiama a un nuovo cambio di rotta e di passo, ad allontanarti ancora di più dalla riva: “prendi il largo e getta le reti”.

Ora devi fidarti ancora di più del Signore, ora devi gettare con convinzione più tenace le tue paure e i tuoi limiti, le tue capacità e i tuoi talenti là sulla barca, accanto al Signore.

Sempre con Lui e prima di tutto con Lui.

Chiamato a essere guida di un popolo, di una Chiesa, potrai esserlo solamente lasciandoti alle spalle ogni anche ragionevole obiezione, ogni sia pur giustificato calcolo umano, ogni diaframma che si frapponga tra te e il Signore Gesù Cristo. 

Potrai essere segno della sua presenza amorevole solamente se anche tu saprai dire “sulla tua Parola, Signore”. Anche se alle volte potrai pensare altrimenti, anche se la ragionevolezza, il buon senso, la valutazione di ciò che sembra strategicamente più valido od opportuno sembreranno chiederti altro, tu continua a dire sempre e solo: “sulla tua Parola”.

Sei inviato a portare a tutti, nella tua nuova terra, nella tua nuova casa, l’annuncio di cui tutti hanno bisogno. Potrai proclamare con la parola e con i gesti, con le tue decisioni, con tutto il tuo essere che il Cristo, il crocifisso risorto è presente e vivo nella nostra storia, nelle nostre case, sulle nostre strade, nelle pieghe delle esistenze fragili e smarrite come nei grandi sogni di bene che nonostante tutto continuano a fiorire. Con Lui ogni uomo e ogni donna possono essere davvero dei viventi.

Don Adriano, sei chiamato ad essere maestro di questo annuncio, di questa folle sapienza. L’umanità lo sta aspettando. Spesso non lo sa o non se ne rende conto, talvolta crede addirittura di non volerne neppure sentir parlare, ma ogni persona e tutta la nostra società confusa e smarrita ne hanno bisogno.

Questo annuncio e questa fiducia saranno la tua vera ricchezza ed il dono prezioso che porterai alla tua Chiesa.

Il nostro papa Francesco ti ha scelto per essere guida della diocesi di Piacenza – Bobbio. Ne abbiamo ascoltato per così dire la voce durante la lettura del mandato: oggi

riceverai il dono che il papa ha chiesto per il Sinodo dei Vescovi, “il dono dell’ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del popolo; ascolto del popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama”.

Questo ascolto ti permetterà di vivere gli impegni che oggi assumi davanti alla Chiesa senza dover contare sulla tua volontà o sul tuo sforzo, e nemmeno sulle tue capacità, bensì sul dono dello Spirito Santo che riceverai mediante l’imposizione delle mani da parte dei Vescovi concelebranti. E sarà uno Spirito non “di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza”.

Entri oggi nella successione apostolica, nella lunga storia di coloro che, chiamati a guidare un popolo sanno di doversi affidare in tutto e per tutto all’unico Dio vivo e vero, al Padre creatore di tutto ciò che è, al Figlio fratello ed amico affidabile, allo Spirito che fa nuove tutte le cose.

Le nostre mani vuote mostreranno la fiducia della Chiesa e di ciascuno di noi nell’opera di Dio e nella presenza attiva del Cristo nella storia, certi che ciascuno di noi è chiamato “con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo pro­getto e la sua grazia”.

Il Vangelo aperto sul tuo capo sarà gesto eloquente: se permetterai alla Parola ascoltata nella Chiesa di essere l’orizzonte della tua esistenza, il ritmo del tuo pensiero, il respiro del tuo animo, allora sarai sempre protetto e custodito e troverai dimora nella Buona novella di Cristo. Le tue parole saranno guida per la tua Chiesa, verso l’unico Maestro.

E con Lui, sarai anche tu “pescatore di uomini».

Il saluto del vescovo emerito Magnani

Monisgnor Paolo Magnani, 94 anni, originario di Pieve Porto Morone e vescovo emerito di Treviso ha rinunciato a pronunciare il proprio saluto peviso alla fine della celebrazione ma lo ha consegnato al vescovo Adriano.

«Ringrazio di cuore il vescovo diocesano mons. Michele Tomasi perché mi è concesso di parlare a conclusione dell’Ordinazione episcopale di mons. Adriano Cevolotto. Con le mie parole vorrei rappresentare l’ordine episcopale che non conosce prescrizione, ma soprattutto gli affetti di vescovi, di tanti sacerdoti, di tanti religiosi e fedeli qui presenti.

Dopo il Concilio si parla talvolta di appartenenza collegiale che lega i vescovi tra di loro e che nella Chiesa è chiamata a confrontarsi con l’Istituzione, si tratta di “Affectus collegialis”.

Saluto i miei confratelli che hanno partecipato a questa liturgia di Ordinazione episcopale e saluto i presbiteri e tutto il popolo di Dio che ha partecipato a questa liturgia che ora si è conclusa. Il nuovo vescovo di Piacenza-Bobbio è fatto.

Vorrei che le mie parole fossero buone, nella misura in cui interpretano gli affetti di tutti. Non so in che modo gli affetti fanno parte della liturgia, ma senz’altro ne sono una componente di umanità. E di questa umanità fraterna ne fanno parte i vescovi consacratori. A loro io mi rivolgo, tra loro ricordo gli affetti dei vescovi di origine trevigiana, ma allargo il cuore verso tutti i vescovi presenti. Cari confratelli, perché siete venuti a questa concelebrazione? Perché già volete bene al nuovo vescovo di Piacenza-Bobbio. Mi rivolgo soprattutto ai vescovi non trevigiani, venuti da altre diocesi: voi siete venuti a mietere dove non avete seminato e siete venuti a porre un segno di universalità Cattolica in una Chiesa locale.

Ora con questa consacrazione la diocesi di Treviso si è arricchita di doni e di carismi e la diocesi di Piacenza-Bobbio dell’acquisizione di un nuovo vescovo. A voi si deve gratitudine.

E quanto alla ricchezza degli affetti presenti in questa liturgia, guardo e vedo il popolo di assiepati in questa chiesa e oltre questa chiesa. Da dove viene e chi è questo nuovo vescovo? A questa domanda risponde la sua famiglia e Roncade, dove belò agnello, il suo seminario, l’intera diocesi di Treviso, i presbiteri che conoscevano l’eco di tanti incontri personali, l’Istituto religioso delle Discepole del Vangelo accompagnate da più di vent’anni nel loro cammino formativo dal nuovo vescovo, la comunità sacerdotale della Casa del Clero, i molti Consigli Pastorali Parrocchiali. Ma soprattutto le due parrocchie di Castelfranco Veneto che l’hanno conosciuto come pastore e padre. Non voglio dimenticare la funzione del vescovo come moderatore della Curia diocesana. Sì, anche la Curia oggi l’accompagna non con la processione di scrivanie, ma come strumento in carne ed ossa per l’applicazione delle direttive del vescovo. In questa funzione è stato un moderatore improntato all’operosità e alla condivisione.

Così io interpreto una presenza tanto numerosa.

Mi rivolgo ora al nuovo vescovo di Piacenza-Bobbio. Non è tempo di panegirici, ma neppure è tempo di commiati: è tempo di condivisione del cuore, di speranza e di novità pastorale. Chi sia il nuovo vescovo di Piacenza-Bobbio io l’ho tratteggiato in una intervista al Nuovo Giornale, ma una risposta più completa può solo venire dalle persone qui presenti. E per lui è giunto il momento di un distacco evangelico, un perdersi per guadagnare in relazioni, in carismi, di un andare dove non pensava di andare. È il tempo per lui di speranza e di futuro pastorale, in modo nuovo e profondo, come rappresentante di Cristo Buon Pastore. La sua partenza è un atto di fede.

Caro vescovo di Piacenza-Bobbio, caro don Adriano, va e cammina, si associano a te come compagni di strada i santi di Treviso, Liberale, Longhin, Farina. Ti accompagna il santo Charles De Foucauld che hai voluto rappresentare nello stemma e di cui ti sei fatto conoscitore e imitatore. Ti accompagnano tutti i presenti in questa liturgia, non già ancora santi, ma umile sostegno della santità episcopale».

L’intervento del Vescovo Adriano Cevolotto

Infine è intervenuto il nuovo vescovo di Piacenza Mons. Adriano Cevolotto

«In questo momento risuonano con forza le parole di S. Paolo rivolte a Timoteo: “Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato”.

Mi è stato affidato un dono prezioso, che fa tremare i polsi, che fa incrinare la voce nel rispondere, alle domande del Vescovo circa gli impegni da prendere con quella serie di “Lo voglio”. Ma ripeto con l’Apostolo: “So in chi ho posto la mia fede… Egli” -proprio Lui- “è capace di custodire ciò che mi è affidato”. Non è uno scaricare la responsabilità. È essere consapevole che il ministero del Vescovo vive di questa Presenza fedele. In forza dello Spirito Santo “che abita in noi”.

Nei giorni di ritiro trascorsi presso la Piccola Famiglia dell’Annunziata, che mi ha custodito con la preghiera e l’accoglienza calorosa, è emerso il grande debito che ho accumulato nella mia vita. Debito di amore e di fede. Due parole che raccolgono una molteplicità e particolarità di volti, di relazioni, di esperienze condivise, di gioie e di sofferenze.

In questo momento sono tentato di ricordarle. Ma vi assicuro che sarebbe impossibile. Allora, a mo’ di indice, desidero ricordare i luoghi abitati in questo lungo percorso, dove la Grazia del Signore si è sbizzarrita per plasmarmi. Si tratta di un ricordo grato.

–    la mia famiglia, mamma Carla e papà Gino (che sicuramente è qui, magari in mezzo al coro per dare una voce), con i fratelli, Paolo e Francesca, il cognato e la cognata e i nipoti. Ma lasciate che con loro unisca la mia comunità di Roncade, nella quale sono stato iniziato alla vita e ai legami necessari e provvidenziali, alla fede celebrata, vissuta, testimoniata. Qui è risuonata la (bella e promettente) chiamata a seguire Gesù e a donare la vita. Eterna è la sua misericordia.

–    Il Seminario. È un ambiente grande e articolato. Posso dire di averlo abitato in ogni suo ‘luogo’. Nelle diverse comunità che lo compongono. Qui respiro, ancora oggi, l’appello vocazionale della vita. Che non appartiene al passato, perché si rinnova continuamente. Altrimenti che vita sarebbe? Eterna è la sua misericordia.

–    Le parrocchie. Al plurale perché sono state diverse quelle dove mi sono sentito a casa. Mons. Magnani in un’ordinazione ebbe a dire che l’unica ambizione di un prete è di fare il parroco. Vi assicuro che ce l’avevo e l’ho coltivata, però è… quasi nuova. Poco usata. Ma viene comunque buona. Credo non serva dire che il primo amore non si scorda mai e quindi non posso non avere un ricordo particolare per la comunità Castelfranco Veneto: mi ha iniziato a vivere da prete, poi da parroco ed infine da coordinatore della Collaborazione Pastorale. In questi giorni sono tornati alla mente tantissimi incontri, situazioni di sofferenza condivisa nella fede, affetto ricevuto e dato che mi hanno sostenuto. Amicizia. Eterna è la sua misericordia.

–    la diocesi. Tanti (magari qualcuno ritiene troppi) anni trascorsi in servizi diocesani mi hanno permesso di sentirmi parte di una Chiesa particolare, responsabile, anche nello specifico servizio, dell’intera comunità ecclesiale. Mi è stata data la grazia di conoscere il presbiterio, con realismo, e perciò a contatto con le povertà (che per lo più balzano agli occhi immediatamente) ma anche con la tanta dedizione e passione presente e di cui mi sento riconoscente. Sono felice di far parte di questo nostro presbiterio. Ho avuto modo di intessere relazioni con le forze vive della nostra chiesa: laiche e laici, conosciuti in diverse occasioni e con i quali abbiamo collaborato proficuamente. Penso alle realtà della vita consacrata (particolarmente femminile) con le quali abbiamo condiviso tanto in questi anni (le Discepole del Vangelo e le Cooperatrici pastorali). Ho avuto modo di dirlo: con ruoli diversi sono stato a contatto con i Vescovi. Nutro una sincera stima e gratitudine per tutti loro. Il legame sacramentale si è arricchito di conoscenza, di condivisione, di fiducia. Allora, quasi a raccogliere ogni mio grazie nei loro confronti, desidero esprimere un grazie al Vescovo Michele che ha presieduto questa celebrazione di ordinazione e per le mani del quale sono stato consacrato Vescovo. In questo primo anno te ne sono proprio capitate di tutti i colori. È stato un anno intenso che mi hai dato la possibilità di condividere fraternamente. Evidentemente, con il senno del poi, in poco tempo era concentrata tanta vita! Eterna è la sua misericordia!

–    Infine, un grazie a tutti voi che avete partecipato a questa celebrazione e state partecipando via TV o streaming (magari anche da Piacenza-Bobbio). Grazie alle autorità civili e militari che hanno potuto essere presenti e che rappresentano quelle che non è stato possibile invitare. Un grazie a tutte le persone che hanno lavorato perché potessimo vivere questa bella celebrazione, in sicurezza. Lasciate che il ringraziamento vada a mons. Gianni Ambrosio, mio predecessore, e a mons. Erio Castellucci, Vescovo Metropolita che ho voluto come vescovi Co-consacranti. Ci hanno reso presente la Chiesa per la quale sono stato ordinato: Piacenza-Bobbio. Saluto la rappresentanza di quella diocesi, che tra quindici giorni diventerà a tutti gli effetti la mia diocesi. Voi mi ricordate che i motivi di ringraziamento non riguardano solo il passato: fin d’ora rendo lode e grazie al Signore per quanto ha operato in quella Chiesa. Voi siete un ulteriore segno della Sua fedeltà. Eterna è la sua misericordia.

A Maria, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli, e ai santi di queste due diocesi affido il mio e il nostro cammino. Il Signore benedica il nostro andare. Amen»

(Foto: Zago Agenzia foto film Treviso)

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