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    Rugby tots: il pallone ovale per insegnare ai bimbi l’autostima

    Si chiama “Tamariki Ora Rugby” la nuova associazione che dallo scorso anno propone, nella nostra provincia il Rugby Tots, una attività di avvicinamento allo sport dedicata ai bambini più piccoli (a partire da due anni). In lingua maori “Tamariki Ora” vuol dire  “bimbo che cresce in salute”.

    Un nome scelto sia per il suo significato sia perché il rugby è tradizionalmente legato alla Nuova Zelanda, terra da cui proviene uno dei due fondatori dell’associazione, Kelli Rolleston, rugbista con un passato anche nella selezione universitaria degli All Blacks. L’altra anima dell’iniziativa è Gianclaudio Barillà, una vita spesa intorno alla palla ovale, nel tentativo di fare amare questa disciplina sportiva ai più giovani possibile.

    Barillà sta partendo la nuova stagione piacentina del rugby tots, la seconda. Ci può spiegare cosa è? Immaginiamo che non buttiate i bambini piccoli nella mischia.

    No in effetti no – risponde Barilla sorridendo – svolgiamo una attività psicomotoria di base. In realtà il rugby è secondario perché a questa età è più importante appunto l’attività psicomotoria che non quella specifica della disciplina. Però del rugby usiamo i materiali. Innanzitutto la palla ovale, la mini-porta fatta ad H, le protezioni anti-infortunistiche e la terminologia, come si fa la meta, come si contano i punti. Insegniamo ai bimbi a rispettare il regolamento, a seguire gli ordini, usiamo il fischietto che  rappresenta il comando dell’arbitro. Gli insegniamo a collaborare l’un l’altro, in una fase di crescita che è per loro egocentrica. Per questo  stimoliamo il lavoro di squadra e continuiamo a ripetere “bravi, stiamo lavorando di squadra, siamo un’ottima squadra etc.”. E’ tutto incentrato sul divertimento che è alla base dell’apprendimento per i bimbi.

    A chi si rivolge e  quali sono le fasce d’età?

    Le famiglie con bimbi dai due ai cinque anni. In realtà sarebbe dai due a sette anni ma noi abbiamo deciso di non avere la fascia cinque/sette anni per non entrare in competizione con le società che già fanno mini-rugby (a partire dai cinque anni). Vogliamo essere una risorsa per le società rugbistiche non dei “concorrenti”.

    Ma perché parla di famiglie?

    Ci avvaliamo della collaborazione dei genitori che partecipano attivamente alla lezione. Il bimbo gioca con il papà e/o con la mamma soprattutto all’inizio. Via via che si abitua comincia a collaborare con gli altri bambini. Nella prima fascia due/tre anni e mezzo la presenza del genitore è assolutamente necessaria. Nella seconda fascia fino ai cinque anni diventa facoltativa e dipende molto dai bambini e dalla loro maturità. Alcuni collaborano e lavorano da soli, altri hanno ancora bisogno del supporto di mamma e papà.

    Si punta molto sull’aumentare l’autostima dei bambini. Per noi non è importante che il bimbo riesca ad eseguire un particolare schema motorio. E’ importane che ci provi perché la ripetizione porterà sicuramente al successo. Gratifichiamo il tentativo non il successo dell’esercizio. Lo gratifichiamo con questo entusiasmo che le famiglie e noi allenatori ci mettiamo applaudendo il tentativo del bambino. Il bambino in questo modo si sente molto gratificato e quindi invogliato a continuare.

    Chi sono gli allenatori?

    Al momento io e Kelly; stiamo formando dei nuovi coach. L’anno scorso ne avevamo altri ma purtroppo si sono trasferiti fuori Piacenza. Ci siamo rimessi in gioco noi due con degli assistenti che un domani diventeranno coach.

    Come si fa a diventare coach di rugby tots?

    La formazione dei coach è rigida. Devono seguire anche il corso di pronto soccorso pediatrico, avere la fedina penale pulita. Ci affiancano per otto settimane, seguono lezioni teoriche su Internet e poi compiono la parte finale a Londra dove ha sede la casa madre del rugby tots e dove c’è Greg, il capo di tutti i coach, quello che per primo ha iniziato questa attività, che è mondiale e coinvolge migliaia di bambini.  Gli inglesi hanno indubbiamente una cultura sportiva molto più avanzata della nostra. Per fare un esempio le loro società di rugby tots hanno, ciascuna, 700-800 iscritti.

    A Piacenza, lo scorso anno (che era anche il primo) quanti bimbi avete avuto?

    Un centinaio in tutta la provincia. Abbiamo attivato corsi a Piacenza, Fiorenzuola, San Nicolò, Vigolzone e abbiamo continuato l’attività in centri estivi a Piacenza e Vigolzone.

    Quest’anno abbiamo intenzione di allargare ulteriormente le attività portando il rugby tots a Gossolengo, Pontenure, Ponte dell’Olio, Borgonovo, Castel San Giovanni e Carpaneto. Chiaramente l’attivazione di nuovi corsi è legata all’utenza, a come viene accolta la proposta che noi solitamente facciamo conoscere con degli open day.   Come dicevo prima non vogliamo entrare in competizione con le squadre di rugby che già esistono nei vari paesi della provincia ma anzi essere complementari, collaborare con loro.

    Siete una sorta di corso propedeutico al rugby?

    Si esatto. Alcuni dei bambini che lo scorso anno hanno frequentato il nostro corso a Fiorenzuola quest’anno sono entrati nel mini rugby, under 6, del Val d’Arda. Magari succederà lo stesso, quest’anno a Gossolengo dove i bimbi più grandi potrebbero poi proseguire l’attività nel Gossolengo Rugby.

    Vogliamo essere una risorsa per il territorio, per le famiglie e per le società sportive. Se anzi hanno dei coach o degli assistenti che vogliono avvicinarsi a questa disciplina per i più piccoli … sono i benvenuti. Perché è una attività che può anche offrire opportunità di lavoro a ragazzi energici ed estroversi, in grado di coinvolgere i più piccini.

    Quanto dura ogni lezione?

    Dipende dalle fasce di età. Dai due anni ai tre anni e mezzo un incontro dura 30 minuti. Lo scopo è quello di divertire i bambini, facendogli imparare tra l’altro anche i colori e i numeri. E’ una questione di concentrazione. Tempi più lunghi li porterebbero ad annoiarsi. Invece le sessioni con i bimbi più grandi durano 45 minuti.

    Carlandrea Triscornia

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