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Il grunge torna a suonare grazie a quattro diciassettenni piacentini, gli “Uncoolkids”

In un mondo che si misura con likes, followers, visualizzazioni, in cui per essere famosi non sempre serve studiare e lavorare ma essere “cool” su Instagram la scelta di chiamare una band giovanile “Uncoolkids” (ragazzi che non sono fighi) è un chiaro manifesto programmatico.

Il nome non è l’unica scelta controtendenza per i quattro componenti piacentini del gruppo, tutti diciassettenni Lorenzo (voce), Leo (bassista e seconda voce), Alessio (batteria), Davide (chitarra). Anche il genere che suonano, il grunge, appartiene più all’epoca dei loro genitori, agli anni ottanta, che non a questo scampolo di inizio del nuovo millennio.

Grunge in slang significa sporco e venne usato per etichettare il movimento musicale che si sviluppò a Seattle, mescolando diversi tipi di rock dall’hard, al punk rock all’heavy metal.

Da un cassetto musicale del passato è dunque emersa l’ispirazione per questi quattro studenti del liceo Gioia (indirizzo linguistico) che si sono avvicinati ad un genere dimenticato eppure capace di regalare loro molte più emozioni della musica odierna.

«Molti pezzi di oggi – ci raccontano – dicono solo cazzate, sono prive di contenuti, leggere».

«La trap che va di moda – sottolineano all’unisono i componenti della band – spesso gira solo intorno all’esaltazione del cantante. Sono più personaggi, idoli, che non musicisti. Non li sentiamo come punti di riferimento, persone con cui rapportarsi. Invece siamo rimasti affascinati da questa musica nella quale ci rivediamo e crediamo che possa essere lo stesso per molti altri ragazzi».

Cantate in inglese o anche in italiano?

«Solo in inglese perché l’italiano difficilmente si adatta al genere».

Cosa raccontano i vostri testi?

«Raccontiamo i problemi giovanili, i nostri sentimenti che a volte sono di amore ma spesso anche di rabbia. Con la musica sfoghiamo la nostra rabbia, le frustrazioni che ci derivano dalla scuola, dalle relazioni».

Proprio in questi giorni stanno uscendo su varie piattaforme le vostre due prime tracce. Come è stata l’esperienza della registrazione in studio?

«La possibilità di poterci confrontare con dei professionisti è stata per tutti noi interessantissima. Anche perché mentre Leo ha un background musicale di un certo tipo (frequenta il Conservatorio n.d.r.) e Davide suona la chitarra da parecchio tempo – racconta Lorenzo  – io ed Alessio abbiamo iniziato solo da pochi mesi, anche se la musica l’abbiamo sempre ascoltata».

«Ascolto musica da quando sono nato – conferma Davide – e soprattutto rock. Cercavo qualcuno con cui condividere la mia passione e per questo mi sono ritrovato subito nel progetto. Nessuno di noi aveva mai suonato in una rock band».

«Io – ammette Alessio – ho incominciato a suonare solo da qualche mese con un mio conoscente, un batterista d’esperienza, che mi dà lezioni. Mi sto impegnando molto intensamente per imparare. Piano piano siamo cresciuti tutti, musicalmente, in questi mesi».

Leo, forse proprio perché frequenta il Nicolini, è l’anima critica del gruppo ed infatti anche quando ascoltiamo insieme una delle due tracce appena pubblicate, batte il tempo ed ascolta con attenzione, per cogliere eventuali imperfezioni, fin qui sfuggite.

Dopo i due audio arriverà anche un video?

«Dipende da Filippo che è un po’ il quinto componente della band. Non sta sul palco ma ci aiuta in tutto. Lo chiamiamo “il manager”. Tocca a lui, che è bravo con la telecamera, girare il video».

A proposito di palco quanti pezzi avete in repertorio ed avete già avuto esperienze in pubblico?

«Al momento abbiamo sette pezzi tutti scritti e composti da noi. Non facciamo – per scelta – cover. Abbiamo suonato tre volte in pubblico, una volta ad una festa privata, una volta ai Giardini Sonori, davanti ad un pubblico che potremmo dire di amici. La terza esperienza ci spaventava di più perché si trattava degli “Intervalli Musicali” del Gioia, davanti ad un sacco di studenti. Alla fine è andata bene ed abbiamo ricevuto parecchi apprezzamenti».

Suonare è solo un divertimento o avete obiettivi precisi a cui arrivare?

«Non ci siamo posti obiettivi o limiti. Arriveremo dove riusciremo. Ora vogliamo far conoscere la nostra musica, poi si vedrà. Però non è solo un passatempo – assicura Allessio – cercheremo di andare il più in là possibile».

Chi scrive i testi?

«Alcuni sono miei – risponde Lorenzo – altri di Leo che compone anche la musica».

Come mai avete scelto titoli come Nausea e Toxic Love.

«Toxic love – racconta Leo – è una canzone d’amore … parla di una richiesta d’amore particolare e mi domando se quello che riceverò sarà abbastanza».

Quindi è autobiografica?

«Un po’ si, ma non del tutto».

«Nausea meno – chiarisce Lorenzo -. Ci sono ovviamente spunti dalla mia vita ma più che altro è un modo per sfogare la rabbia, per parlare di cose che potrebbero farmi e farci male. La musica è una valvola di sfogo per noi che la scriviamo e per chi l’ascolta».

 

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