Giovanni Fattori, “Il Genio dei Macchiaioli” da sabato in mostra a Piacenza

Si sta chiudendo in queste ore l’allestimento della grande mostra Giovanni Fattori 1825-1908. Il ‘genio’ dei Macchiaioli a cura di Fernando Mazzocca, Giorgio Marini ed Elisabetta Matteucci, che sarà visitabile dal 29 marzo al 29 giugno a XNL Piacenza, il centro per le arti contemporanee della Fondazione di Piacenza e Vigevano ed è promossa da Rete Cultura Piacenza per celebrare il bicentenario della nascita di uno dei protagonisti del grande naturalismo europeo dell’Ottocento. L’esposizione, sostenuta anche dalla Banca di Piacenza e realizzata in collaborazione con la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, è a cura di Fernando Mazzocca, Giorgio Marini ed Elisabetta Matteucci e presenterà un corpus di lavori importante, ben 170 opere (di cui 100 dipinti e 70 tra disegni e incisioni), per un percorso espositivo che offrirà una nuova interpretazione della figura e dell’opera di uno dei protagonisti indiscussi del movimento dei Macchiaioli.

Oltre ai dipinti più celebri dell’artista, conosciuto per gli intensi ritratti, i paesaggi en plein air, i soggetti di vita rurale, le scene che esaltano la Maremma e i soggetti militari, dalle scene di battaglia ai momenti più intimi della vita di guarnigione, la mostra dedica una peculiare attenzione anche alla sua produzione grafica, disegni, acqueforti, incisioni, testimoni della capacità di Fattori di rinnovare il proprio linguaggio e dell’impatto che ha avuto sulla grafica italiana del Novecento. Un ponte tra il passato e la contemporaneità prenderà corpo nella sezione conclusiva del percorso, a cura della direttrice XNL Arte Paola Nicolin, con le opere del fotografo Elger Esser (Stoccarda,1967), grande interprete della relazione tra pittura e fotografia.

In occasione e in collaborazione con la mostra di XNL Piacenza, infine, la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi presenta Da Ghiglia a Morandi. Ripensare Fattori nel Novecento, a cura di Barbara Cinelli. Visitabile con lo stesso biglietto dell’esposizione in XNL: un corpus di oltre 30 opere di grandi artisti del Novecento – da Giorgio Morandi a Carlo Carrà, da Ardengo Soffici a Oscar Ghiglia – che esplorano il dialogo a distanza con Giovanni Fattori.

GIORNI E ORARI DI APERTURA

Dopo un’anteprima riservata domani alla stampa e alle autorità, la mostra aprirà ufficialmente le porte al pubblico sabato mattina, 29 marzo, e si potrà visitare fino al 29 giugno prossimo, da martedì a venerdì, dalle ore 10 alle 19, sabato, domenica e tutti i festivi dalle 10 alle 20. Per informazioni e prenotazioni, è attivo anche un Contact center tutti i giorni dalle ore 10 alle 17, che risponde al numero +39 329 5617174 e all’indirizzo e-mail infomostre@xnlpiacenza.it. Le informazioni sono disponibili anche sul sito xnlpiacenza.it e i biglietti già acquistabili su Vivaticket.

La mostra è promossa da Rete Cultura Piacenza, che comprende Fondazione di Piacenza e Vigevano, Comune di Piacenza, Provincia di Piacenza, Regione Emilia-Romagna, Camera di Commercio dell’Emilia e Diocesi di Piacenza-Bobbio. La mostra Giovanni Fattori 1825-1908. Il genio dei Macchiaioli è prodotta da Dario Cimorelli Editore e realizzata con il sostegno della Banca di Piacenza, in collaborazione con l’Istituto Centrale per la Grafica, la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, l’Istituto Matteucci, il Comune di Livorno e la Fondazione Livorno. XNL Piacenza è il centro dedicato allo sviluppo dei nuovi linguaggi della contemporaneità di proprietà della Fondazione di Piacenza e Vigevano.




Sabato doppia presentazione di libri in centro a Piacenza

Si terrà sabato 15 marzo ore 17,00 presso la libreria internazionale Romagnosi l’incontro con la psicologa psicoterapeuta e mediatrice familiare Silvia Tizzoni che nell’occasione presenterà il suo libro intitolato: “Il Sottosopra dell’Amore. Come muoversi tra luci e ombre della relazione di coppia. L’amore in tutte le sue sfaccettature e a tutte le età”

Sempre nella giornata di sabato 15 marzo alle ore 17,30, questa volta presso l’Atelier Gallerati in via Calzolai 106 a Piacenza, ci sarà la presentazione del libro “Adamo ed Eva, come il Fico divenne Mela”, a cura di Gian Carlo Bello. Si tratta “di un’indagine di sesquipedale acutezza in cui si mescolano cultura biblica, botanica ed erotismo”. Seguirà un rinfresco.

 




“Realtà e finzione”. Prima rassegna di cinema in costume a Piacenza

L’associazione GioiAlumni e la Fondazione di Piacenza e Vigevano, in collaborazione con l’associazione Il Cavaliere Blu, organizzano la prima rassegna di cinema in costume a Piacenza, “Realtà e finzione. Destini femminili tra Sette e Ottocento”, ideata e curata da Alessandro Malinverni, storico dell’arte e della moda, direttore del Museo Gazzola di Piacenza e conservatore dell’Accademia di Belle Arti di Parma.

La rassegna è dedicata a tre figure femminili realmente vissute tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo successivo: Georgiana Cavendish, duchessa di Devonshire (“La duchessa” di Saul Dibb); Eleonora de Fonseca Pimentel (“Il resto di niente” di Antonietta De Lillo); Fanny Brawne, musa del poeta John Keats (“Bright Star” di Jane Campion). Tre donne con caratteri e vicende diversi, ma accomunate da una forte personalità, desiderose di giocare in pubblico o nel privato un ruolo incisivo, sempre romanticamente in lotta tra ragione e sentimento.

La proiezione dei tre film, preceduta da una breve introduzione di Malinverni relativa ai costumi, si terrà presso l’auditorium Santa Margherita della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Sant’Eufemia 12 (Piacenza) nelle seguenti date: giovedì 27 marzo, ore 21.00, “La duchessa”; giovedì 3 aprile, ore 21.00, “Il resto di niente”; giovedì 10 aprile, ore 21.00, “Bright Star”.

Evento collaterale della rassegna è la conferenza di Alessandro Malinverni e Margherita Muselli dal titolo “La moda maschile e femminile tra Sette e Ottocento”, sempre presso l’auditorium, martedì 15 aprile, ore 18.00.

L’ingresso alle proiezioni e alla conferenza è gratuito sino a esaurimento posti.




Napoleone, in due giorni a Piacenza, sottrasse 1 milione di lire e tutti i cavalli dei nobili

Piacenza centro strategico e militare di vitale importanza (fin dal 1500) in quanto era la città fortificata più vicina a Milano che consentiva il controllo del passaggio sul Po. Questo quanto emerso nel corso della presentazione del volume “L’esercito del Ducato di Parma e Piacenza – Le truppe dei primi Borbone 1732-1736 e 1748-1802” di Mario Zannoni (Casa editrice Alessandro Farnese), illustrato dall’autore al PalabancaEventi (Sala Panini) in dialogo con l’editore Massimo Galli, che ha ringraziato la Banca di Piacenza per aver promosso l’evento (presente per l’Istituto il vicedirettore generale Pietro Boselli).

Il titolare della casa editrice («una piccola realtà creata da un gruppo di amici appassionati di storia») ha sottolineato il «significato particolare della pubblicazione», in quanto chiude un ciclo di ricerche iniziato nel 1981 con “L’Esercito Farnesiano dal 1694 al 1731”, cui seguì nel 1984 “Le Reali Truppe Parmensi da Carlo III a Luisa Maria di Borbone 1849-1859”. È del 2012, invece, l’uscita di “L’Esercito del Ducato di Parma e Piacenza – Le truppe di Maria Luigia 1814-1847”.

Il prof. Zannoni – autore di una decina di volumi sulla storia militare dell’Italia settentrionale e sul Ducato di Parma e Piacenza nel più ampio contesto europeo – ha riassunto il contenuto del libro descrivendo le caratteristiche delle truppe dei primi Borbone. «Nell’esercito la vita quotidiana trascorreva “pacifica”. I soldati avevano più che altro finalità di mantenimento dell’ordine pubblico non esistendo allora la Polizia». La guarnigione a Piacenza era a Palazzo Gotico, con 350 uomini, mentre a Parma erano circa un migliaio. «I piacentini avevano una certa attitudine alle arti militari – ha proseguito l’autore – a Parma c’era meno interesse. Necessario dunque ricorrere a mercenari, soldati per mestiere che provenivano soprattutto da Francia e Piemonte». Diverso il ruolo delle milizie, corpo militare solo teoricamente. Avevano il compito di presidiare le porte delle città e per un terzo venivano alimentate dalla popolazione maschile dai 18 ai 40 anni.

I primi tre capitoli sono dedicati rispettivamente agli eserciti di Carlo I (nel 1736 si trasferì a Napoli e diventò Re; Piacenza e Parma furono annesse all’impero austriaco), don Filippo (entrambi figli di Elisabetta Farnese) e don Ferdinando. Con la pace di Acquisgrana del 1748 il Ducato tornò ai Borbone (Filippo) e in quella fase si respirava un’atmosfera molto francese. Atmosfera che cambiò, influenzata dalla Spagna, con Ferdinando e con la fine del ministro Du Tillot.

Il prof. Zannoni ha infine fatto riferimento alle campagne napoleoniche che fecero ritornare il Ducato in orbita francese, Ducato che rimase perché protetto dagli spagnoli. Bonaparte stanziò a Piacenza due giorni, riuscendo a rubare più di 1 milione di lire e tutti i cavalli dei nobili piacentini, animali che risultarono fondamentali per la vittoria francese nella battaglia di Lodi.




Quando nei ristoranti piacentini non si mangiavano né tortelli né pisarei

Pubblico straripante al PalabancaEventi della Banca di Piacenza (Sala Panini e Sala Verdi e Sala Casaroli videocollegate) per la presentazione del volume “A regime: storia dell’alimentazione a Piacenza tra le guerre mondiali” (Edizioni Tip.Le.Co., Prefazione di Michele Mauro, cuoco gentleman), illustrato dall’autrice Laura Bricchi in dialogo con il giornalista Giuseppe Romagnoli.

Nipote del compianto critico d’arte Ferdinando Arisi, la neo scrittrice – alla sua prima fatica editoriale – è giornalista professionista (dieci anni come redattrice responsabile delle pagine culturali al quotidiano La Cronaca di Piacenza) e ora insegnante. Una laurea in Scienze della comunicazione allo Iulm e una seconda in Storia contemporanea alla Statale di Milano. Ed è proprio dall’attività di ricerca per quest’ultima tesi di laurea che è nato il libro che – come ha spiegato il prof. Romagnoli – tratta in particolare della storia dell’alimentazione in periodo fascista «ed è attualissimo, perché parlando del periodo autarchico affronta il tema della valorizzazione dei prodotti locali».

Stimolata dalle domande del coordinatore della serata, la prof. Bricchi si è soffermata sui principali argomenti presenti nell’opera, a partire dal futurismo (è stato ricordato che proprio a Piacenza, all’Albergo Italia, si tenne una cena alla presenza di Tommaso Marinetti, organizzata da Bot). «Marinetti – ha spiegato l’autrice – ha portato gli italiani ad interessarsi di alimentazione e lo ha fatto con la provocazione: proponendo l’abolizione della pastasciutta o il mangiare senza posate. Le tematiche che portavano avanti erano funzionali al regime; pensiamo all’autarchia e all’abolizione dei termini stranieri».

Il libro riporta i menu delle cene governative consultati alla Biblioteca Barilla, «prima del 1935 ricchi di portate ed esterofili, dopo il ’35 più “poveri” con piatti italiani», e delle abitudini del Duce a tavola (sofferente di ulcera, considerava i pranzi ufficiali una perdita di tempo e mangiava e beveva in maniera contenuta: latte, pasta, riso, carne bianca, frutta e verdura).

Dopo le sanzioni all’Italia della Società delle Nazioni conseguenti all’invasione dell’Etiopia, gli italiani (e i piacentini) si sono dovuti arrangiare con quello che avevano: verdure, riso, minestre, carni povere. «Il monito – ha argomentato la prof. Bricchi – era “non sprecare”, tutto si ricicla: stracci, spaghi, carta, ossi, gusci d’uovo, bucce. Studiando queste cose, ho capito i comportamenti di mia nonna Dina. Si sentiva la mancanza di caffè, zucchero, carne, grassi da condimento e ci si ingegnava con i surrogati». In quegli anni nascono importanti industrie alimentari (Cirio, Buitoni, Barilla, Lazzaroni e tante altre) e si sviluppano tecniche di conservazione dei cibi: la pastorizzazione e la refrigerazione meccanica con i primi vagoni e le prime navi in grado di trasportare prodotti surgelati. Nascono così i mercati del pesce.

Il volume dedica un capitolo a osterie, trattorie e ristoranti. «Molto interessanti le liste vivande del 1918 depositate per calmierare i prezzi e consultate al locale Archivio di Stato. Ho scoperto l’assenza di tipicità locali (bortellina, salumi, pisarei, tortelli) e piatti generici. Una cucina borghese, insomma, senza identità. Perché? Il motivo è semplice: al tempo non si andava al ristorante per svago e i clienti erano per la maggior parte commessi viaggiatori, comunque gente in giro per lavoro». Poi con il fascismo le produzioni tipiche hanno guadagnato spazio.

Nel libro troviamo anche testimonianze dirette raccolte dall’autrice. Tra queste, anche quella di Giacomo Scaramuzza, decano dei giornalisti piacentini mancato di recente all’età di 102 anni: «È stata la parte più arricchente del lavoro di ricerca, con il racconto della cucina di tutti i giorni, dei piatti delle feste, che sono poi gli stessi di oggi; e poi della polenta come pasto principale».

Infine, un cenno ai differenti tipi di alimentazione rispetto al territorio nella cucina piacentina casalinga tra le due guerre. «In pianura – ha osservato la prof. Bricchi – si mangiava maiale, mais (polenta), latte, formaggi, pesce di fiume; in collina, dove si stava meglio in tempo di guerra, si potevano trovare alberi da frutto, ortaggi, erbe spontanee, lumache, animali da cortile; in montagna si utilizzavano molto le castagne (per fare la polenta), nocciole, patate, frutti di bosco».

Agli intervenuti, con precedenza ai primi soci prenotati e ai primi clienti prenotati, è stato riservato il volume fino ad esaurimento copie.




L’Allegra Combriccola festeggia 30 anni al President con “Il naufrago”

Venerdì 7 marzo alle ore 21 al Teatro President per la Rassegna dialettale Corrado Sforza Fogliani in scena l’Allegra Combriccola, nella ricorrenza dei trent’anni di attività, con “Il naufrago”, commedia brillante in tre atti di Tremagi, con traduzione e libero adattamento di Francesco Romano, che ne è anche il regista.

Rassegna realizzata grazie alla Fondazione di Piacenza e Vigevano, la Banca di Piacenza e con il Patrocinio del Comune di Piacenza.

Il naufrago è una commedia brillante, briosa, adatta al pubblico di tutte le età. Ambientata a Borgonovo nella metà degli anni ’70 racconta le vicissitudini di Renzo Pancini in occasione di una sua vacanza. Egli riceve da Luigi, vecchio amico di gioventù emigrato in Argentina il quale ha fatto fortuna, un invito per una rimpatriata oltre oceano. Terrorizzato all’idea di dovere affrontare il

viaggio in aereo decide di partire in nave. Durante la traversata però… Una sarabanda di equivoci e colpi di scena, con la loro comicità, coinvolgeranno il pubblico in un puro e sano divertimento.

Personaggi e interpreti: Renzo Pancini, Maurizio Gallarati: Luisa, sua moglie, Antonella Melchi; Caterina, sorella di Renzo, Giovanni Bensi; Piero, amico di Renzo, Davide Manara; Julkio, italo argentino, Gerardo Beretta; Pancrazio, direttore, Francesco Romano; Lolita, entraineuse, Monica Traversone.

Scenografia di Salvatore e Giorgio Cosimo, audio e luci Salvatore Greco, rammentatrice Lorenza Campagnoli, grafica Stefano Negrati.

Posto unico non numerato € 12 – Soci Famiglia Piasinteina € 5 – Under 18 Gratuito – Prevendita: CITY BAR, Via Manfredi 33 da Lunedì a Sabato dalle ore 7 alle 19 – Info e prenotazioni: tel. 351 8728156 da lunedì a Sabato dalle 15 alle 19




Il Cavalier Malosso. Un artista cremonese alla corte dei Farnese

E’ stata presentata questa mattina in sala Consiglio presso il Municipio di Piacenza la mostra “Il Cavalier Malosso. Un artista cremonese alla corte dei Farnese”. Sarà un’occasione unica per riscoprire la figura di Giovan Battista Trotti, un pittore eclettico e di grande talento che ha lasciato un segno indelebile tra Cremona, Piacenza e Parma. L’esposizione, frutto della collaborazione tra i Musei Civici di Palazzo Farnese di Piacenza e il Museo Diocesano di Cremona, si articola in due sedi, proponendo un percorso espositivo ricco e coinvolgente che approfondisce due aspetti distinti di questo artista poliedrico. La sede di Piacenza si concentra sulla straordinaria ricomposizione del cosiddetto Trittico Salazar, un’opera commissionata da don Diego Salazar, una figura di spicco dell’epoca, originariamente composto da tre tele: la pala centrale, raffigurante l’Adorazione dei pastori, firmata e datata 1595 e oggi di proprietà della Banca di Piacenza, e le due ante laterali raffiguranti San Sebastiano e San Diego d’Alcalà, recentemente riemerse sul mercato antiquario.  Il ritrovamento e la ricostruzione di questo trittico, di grande valore storico e artistico, sono stati possibili grazie alla sinergia tra diverse istituzioni. Un ruolo fondamentale è stato svolto dalla Banca di Piacenza, proprietaria della pala centrale, e dagli Amici dell’Arte di Piacenza, che hanno individuato gli attuali proprietari delle due ante laterali.  A Cremona, invece, il filo conduttore sarà la bottega del Malosso. Verranno esposti, infatti, dipinti, bozzetti e disegni realizzati dall’artista e dalla sua bottega. Sarà inoltre presente una piccola selezione di materiali utilizzati dai pittori dell’epoca, come pigmenti, pennelli e tele, per offrire uno sguardo più approfondito sulle tecniche pittoriche del tempo. Un’ulteriore possibilità sarà quella di assistere al restauro di un’opera di particolare interesse, offrendo al pubblico l’opportunità di osservare da vicino le diverse fasi degli interventi e di comprendere l’importanza di preservare le opere d’arte. Anche in questo caso, oltre alla collaborazione con i Musei Civici di Piacenza, è stato di cruciale importanza l’apporto della Banca di Piacenza che, oltre a mettere a disposizione un “pezzo” fondamentale della mostra, fornirà il suo prezioso sostegno economico all’iniziativa culturale e artistica; ed è stato altrettanto fondamentale il contributo della Camera di Commercio di Cremona, Mantova e Pavia e della Fondazione comunitaria della Provincia di Cremona, a testimonianza dell’impegno congiunto nel promuovere e valorizzare il patrimonio artistico e culturale del territorio. A completamento della mostra, e per sottolineare il dialogo che il Malosso, grazie alla famiglia Farnese ebbe con la città di Parma, è prevista l’apertura straordinaria di alcune sale del Palazzo Ducale di Parma, dove è possibile ammirare un importante ciclo di affreschi realizzato dal pittore, testimonianza del suo talento e della sua versatilità artistica. È importante ricordare che queste sale sono attualmente sede del Comando Provinciale dei Carabinieri di Parma e di una delle sedi del RIS, e che per rendere possibile questa apertura è in corso un dialogo con queste istituzioni. Le due mostre sono accompagnate da un unico catalogo, curato da Antonio Iommelli, Stefano Macconi e Raffaella Poltronieri, che rappresenta uno strumento prezioso per approfondire la conoscenza dell’opera del Malosso e del contesto artistico in cui operò. Il volume offre un’analisi accurata delle opere esposte, corredata da un ricco apparato iconografico e da saggi critici che ne contestualizzano la produzione nel panorama artistico della fine del XVI secolo. Un biglietto convenzionato offrirà infine ai visitatori di una delle due mostre di poter visitare l’altra esposizione a un prezzo ridotto.




Gli anni Settanta a Piacenza e nel mondo

«L’obiettivo della mia attività editoriale è di scrivere tante cose per regalarvele. Anche questo mio ultimo lavoro è stato scritto con il cuore. Spero di averlo fatto bene». Così un emozionato Mauro Molinaroli si è rivolto al numeroso pubblico presente al PalabancaEventi (Sala Panini) alla presentazione del suo libro “Un lungo incanto”, dove vengono raccontati gli anni Settanta sia dal punto di vista personale, sia con riferimenti a ciò che è avvenuto a Piacenza e nel mondo.
Dopo gli interventi di saluto del vicedirettore della Banca di Piacenza Pietro Boselli e dell’assessore alla Cultura del Comune di Piacenza Christian Fiazza («Mauro è una persona coraggiosa che con questo libro si è messo a nudo, ha fatto i conti con il passato e questo gli dà maggiori potenzialità per il futuro»), hanno preso la parola – coordinati dal giornalista Robert Gionelli («nel volume c’è un affresco sentimentale della nostra città») – il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Roberto Reggi (che ha scritto la Prefazione), lo psicoterapeuta Stefano Sartori (autore della Presentazione) e il giornalista Giorgio Lambri.
Reggi ha riconosciuto all’autore «la capacità di raccontare, di portarti in mezzo agli eventi» e il merito di aver, libro dopo libro, «creato un mosaico emotivo che ricostruisce la storia della nostra comunità». Il presidente della Fondazione degli anni Settanta recupererebbe i cantautori («allora straordinari») e il Piacenza Calcio («che svolse una potentissima azione di marketing territoriale»); non ha invece nostalgia alcuna del traffico «pesantissimo a quei tempi» e dell’inquinamento («elevatissimo»).
Lo psicologo Sartori ha ripreso il concetto del coraggio dimostrato dall’autore nell’affrontare le cose che ci hanno fatto più male nella vita (come la prematura morte del padre) definendo la lettura del libro («piccolo ma denso») una lunga seduta di psicoanalisi.
A parere del giornalista Lambri il volume «non è un amarcord» di un periodo «che ci ha formato», ma un «ritrovarsi con se stessi, le proprie inquietudini, la propria anima: leggetelo pensando all’aspetto emotivo e vi darà delle belle sensazioni arricchendovi».
L’autore ha ringraziato la Banca di Piacenza («fortemente identitaria») e citato «tre grandi sindaci» con i quali ha lavorato: Felice Trabacchi, Stefano Pareti, Roberto Reggi. Ha poi ricordato i cantautori (Guccini, De Gregori, Vecchioni, Lauzi e tanti altri) che lo hanno aiutato a crescere. Molto formativa anche l’esperienza da studente lavoratore alla Libreria Bellardo («dove avevo modo di confrontarmi con il titolare Italo e con un giovane Gianni D’Amo, allora leader del movimento studentesco»). «Ho cercato – ha concluso Molinaroli – di tirar fuori le cose che abbiamo dentro».




Michele Placido: «Il palcoscenico è stato la mia culla»

«Sono nato in teatro e il palcoscenico è stato la mia culla. Non vedo l’ora di fare lo spettacolo di domani sera». Questo uno dei pensieri regalati al numeroso pubblico del PalabancaEventi (Sala Corrado Sforza Fogliani), dove l’attore e regista Michele Placido – ospite della Banca di Piacenza – è stato protagonista di una chiacchierata con Mino Manni come anteprima, appunto, di “Pirandello – trilogia di un visionario” in scena questa sera al Teatro Verdi di Fiorenzuola, di cui Manni è direttore artistico. Si tratta di un viaggio nel mondo del grande poeta italiano – in occasione delle celebrazioni del 90° anniversario del Premio Nobel per la letteratura a lui assegnato – che abbraccia tre delle opere più iconiche: L’uomo dal fiore in bocca, La Carriola e Sgombero. «Sono tre atti unici, tre testi completamente differenti – ha spiegato l’attore dopo l’intervento di saluto del presidente della Banca Giuseppe Nenna, Banca che è stata ringraziata da Placido per il sostegno dato allo spettacolo -. Pirandello sapeva trovare pregi e difetti delle persone, ma poi era generoso a non approfittarne ed aveva il grande pregio di essere umoristico nella tragedia». E il tema della generosità è stato ripreso da Manni per descrivere le qualità umane dell’illustre ospite. «Bisogna essere generosi con il pubblico – ha osservato Placido – perché è quello che ci dà fiducia. Massimo rispetto dunque per chi sceglie di assistere a uno spettacolo. E per me il rispetto sta nel presentare al pubblico un Pirandello pop, cioè comprensibile, come del resto ho fatto con Caravaggio».
Generoso e coraggioso, ha aggiunto il direttore del Verdi, per esempio nell’abbandonare a un certo punto la televisione e nell’interpretare spesso personaggi al limite approfondendoli.
L’attore e regista ha quindi raccontato come è nata la sua passione per il teatro e per Pirandello: «Anche se il mio sogno era diventare un artista e frequentare l’Accademia nazionale d’arte drammatica “Silvio d’Amico”, a 18 anni entrai in Polizia al Commissariato Castro Pretorio a Roma. Mi rifugiavo in biblioteca e declamavo L’uomo dal fiore in bocca. Un giorno sentii una voce alle mie spalle che recitava un verso di quest’opera: era il mio colonnello che mi disse “le darò io una mano”. Così fu e con il suo aiuto entrai in quella prestigiosa accademia».
Su Pirandello Michele Placido ha realizzato il suo ultimo film (Eterno visionario) che – ha fatto sapere nel corso della serata il regista – sarà proiettato al “Filming Italy-Los Angeles”, la kermesse, alla sua decima edizione (19-22 febbraio), per la valorizzazione le produzioni cinematografiche e punto di connessione tra la cultura italiana e quella americana, organizzata sotto il patrocinio del Consolato generale d’Italia a Los Angeles. Michele Placido, che sarà presidente onorario del Festival insieme a Dolph Lundgren, riceverà nell’occasione il “Filming Italy Achievement Award”.
L’indimenticato protagonista de La piovra si è detto «orgoglioso» di presiedere (dal 2021) il Teatro Comunale di Ferrara («diventato il quarto teatro italiano per importanza») e ha definito il piacentino Marco Bellocchio suo «grande maestro» che gli ha insegnato che non è tanto importante diventare famoso, bensì riuscire a dare al pubblico «la possibilità di scegliere tra il bene e il male».




Presentata la rassegna “Teatro e Oltre”

E’ stata presentata stamani in Municipio la rassegna “Teatro e Oltre”, composito cartellone del Teatro San Matteo che dal 30 gennaio al 15 giugno vedrà in scena numerose compagnie piacentine. I rappresentanti delle diverse realtà protagoniste hanno illustrato i propri spettacoli accanto all’assessore alla Cultura Christian Fiazza e a Giada Antonucci per la Fondazione Teatri.

Si parte giovedì 30 gennaio con Quarta Parete e “Ascoltami: il filo della memoria”: dal testo di Paola Cordani, per la regia di Stefania Zanfrisco, un mosaico di storie per non dimenticare, raccontando la Shoah e inseguendo il filo conduttore della memoria anche sulle colline dei nostri partigiani o lungo il fronte israeliano-palestinese. La rassegna prosegue sabato 1 e domenica 2 marzo con gli sketch in vernacolo della Società Filodrammatica che propone le “Brisal ad Dialett” con la regia di Francesca Chiapponi, mentre sabato 5 aprile sarà la volta della nuova produzione delle Stagnotte, “Indomiti cuori” e domenica 13 aprile andrà in scena “Medina – Un nome per tutte” di Cantiere Simone Weil, dedicato a Medarda Barbattini, sopravvissuta a Ravensbruck e diventata – insieme a Rita Cervini – una delle due prime donne elette nel Consiglio comunale di Piacenza.

Anton Checov sarà in cartellone il 26 e 27 aprile con la Società Filodrammatica nella rappresentazione de “L’anniversario” e altri testi, per la regia di Lorenzo Loris, mentre il 30 aprile calcheranno il palco gli allievi dei laboratori di Quarta Parete con “Affari di famiglia”. Spazio a gli Improbabili sabato 10 maggio con il loro “Condannati a morte” che affronta, appunto, l’argomento tabù della morte così come farà – sabato 7 e domenica 8 giugno – “Mendicanti di abbracci”, testo di Monia Giovannangeli portato in scena da TFV LAB.

Venerdì 16 e sabato 17 maggio la nuova produzione di Quarta Parete, “Una ragazza in gamba”, prima di rivedere la compagnia sotto i riflettori il 27 maggio, in collaborazione con il laboratorio teatrale Follemente, in “Lo sciopero del cuore” per la regia di Stefania Zanfrisco. Giovedì 29 maggio, il sipario si aprirà per “Otello’s tales”, del gruppo sperimentale Officina M in collaborazione con l’associazione MOLO8.
Trittico di Molière, infine, per Kabukista Teatro, che sabato 24 e domenica 25 maggio presenterà “Il malato immaginario”, mentre sabato 31 maggio e domenica 1° giugno proporrà “A proposito di Molière” e sabato 14 e domenica 15 giugno “Le intellettuali”.




Una Santa Maria di Campagna per il Concerto di Natale della Banca di Piacenza

Basilica di Santa Maria di Campagna ancora una volta nel ruolo di splendida cornice del Concerto degli Auguri della Banca di Piacenza, giunto all’edizione numero 38, avendo dato vita a questo appuntamento – diventato tradizione per i piacentini – nel 1987. E dall’alto della Cupola meravigliosamente affrescata dal Pordenone 500 anni fa, Profeti e Sibille avranno gradito nel vedere il tempio mariano gremito in ogni ordine di posti.

Allo spettacolo musicale (presentato da Robert Gionelli) hanno presenziato le maggiori autorità civili, militari e religiose (tra queste, il sindaco Katia Tarasconi con l’assessore alla Cultura Christian Fiazza, il questore Ivo Morelli, il vescovo emerito mons. Gianni Ambrosio, il vicario generale della Diocesi don Giuseppe Basini, il col. Daniele Paradiso, comandante del II Genio Pontieri, il comandante del Gruppo della Guardia di Finanza Nicola Piccolo, il direttore del Polo di Mantenimento Pesante Nord brig. gen. Roberto Cernuzzi, il vicecapo di gabinetto della Prefettura Claudio Giordano, il direttore della sede piacentina della Banca d’Italia Massimo Calvisi, il vicepresidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Mario Magnelli, il vicepresidente della Camera di Commercio dell’Emilia Filippo Cella, il vicecomandante vicario della Polizia Municipale Massimiliano Campomagnani), accolte dal presidente della Banca Giuseppe Nenna, dal vicepresidente Domenico Capra, dal direttore generale Angelo Antoniazzi, dal vicedirettore generale Pietro Boselli, dai componenti del Cda e del Collegio sindacale.

Applausi numerosi e convinti per l’esibizione – sotto la direzione artistica del Gruppo Strumentale Ciampi – dei solisti Sachika Ito (soprano), Agnes Sipos (soprano), Marta Fumagalli (contralto), Massimo Lombardi (tenore), Piermarco Viñas Mazzoleni (basso), Federico Perotti (organo), del Coro Polifonico Farnesiano (voci bianche e voci giovanili – dirette da Paola Gandolfi -, voci miste dirette da Alessandro Molinari) e dell’Orchestra Filarmonica Italiana diretta da Stefano Chiarotti.

L’edizione 2024 ha richiamato l’attenzione del pubblico soprattutto con le musiche di John Rutter (Personent Hodie), Roberto Goitre (Noël dei Pirenei), Mario Pigazzini (Les anges dans nos campagnes), David Willcocks (The firs nowell), Mykola Dmytrovyc Leontovyc (Carol of the bells), Dietrch Buxtehude (Cantata Nun danket alle Gott BuxWV79), Johann Gottlieb Naumann (Te Deum). Eseguiti anche (per entrambi con arrangiamento di M. Berzolla) il canto tradizionale italiano Tu scendi dalle stelle e l’antica carola francese Ding Dong. Proposte inoltre Antiche arie dell’organista, scrittore e poeta piacentino Girolamo Parabosco (1524-1557) per celebrarne i 500 anni dalla nascita.

Come sempre fin dal primo concerto, lo stesso si è concluso con l’esecuzione del canto natalizio Adeste Fideles. Ripetuti gli applausi e replica, in particolare, del citato Adeste Fideles finale.




Atlas Maior, atlante-capolavoro che nel 1662 costava 450 fiorini

“Atlas Maior: 360 anni di un capolavoro cartografico”. Questo il tema della conferenza tenuta da Luigi Rizzi, ingegnere e orientalista, come prima manifestazione collaterale alla mostra di Natale della Banca di Piacenza “Atlas Maior – Un universo senza confini”, in corso al PalabancaEventi di via Mazzini. «Un titolo – ha spiegato il relatore, introdotto dal vicepresidente della Banca Domenico Capra – scelto in onore di Corrado Sforza Fogliani che lo volle per un analogo incontro che si doveva celebrare il 12 dicembre del 2022, ma che non si tenne per l’improvvisa scomparsa dello stesso Presidente». Si voleva festeggiare l’importante anniversario della sua realizzazione per valorizzare l’eccezionale documento, operazione che trova oggi compimento con la mostra, anche immersiva, allo stesso dedicata.

Realizzato dall’olandese Johannes Blaeu e pubblicato nel 1662, l’Atlas Maior rappresenta una delle più prestigiose – e preziose – opere di cartografia prodotte nell’Europa del XVII secolo, munifico dono alla Banca, nel settembre 2010, della signora Annarosa Mars, vedova dell’ing. Bruno Torretta, uno dei più noti e stimati professionisti cittadini. Prima di entrare in argomento, l’ing. Rizzi ha accennato a qualche lineamento storico di quella che nei secoli XVI-XVII è diventata una scienza fondamentale per il progresso umano, la cartografia, che affonda le proprie radici nella notte dei tempi: le testimonianze più antiche vengono infatti dalla Mesopotamia e dall’Egitto. Dal 1630 la cartografia era appannaggio di due società: quella fondata da Jodocus Hondius e proseguita dal figlio Henricus e dal genero Johannes Janssonius e quella fondata da Willem Jansssonius che, dal 1619, per motivi commerciali, aveva assunto il cognome Blaeu. Nel 1662 uscì, nell’edizione latina, il suo definitivo capolavoro, la Geographia qae est Cosmographia Blaviana, ovvero l’Atlas Maior dei Blaeu. Si trattava di un’opera il cui prezzo superava i 450 fiorini del tempo, equivalente all’affitto per un anno di una fattoria di medie dimensioni.

Il relatore ha infine illustrato diverse immagini tratte delle pagine dell’Atlas, soffermandosi altresì su splendide raffigurazioni non strettamente cartografiche, come quelle dedicate all’Escorial e alla Certosa di Pavia. L’incontro si è concluso con le immagini del Volume VIII, dedicato all’Italia con le mappature particolareggiate del Ducato di Parma e Piacenza, con l’invito ai presenti di ammirare personalmente i volumi esposti in mostra.

Mostra che proseguirà fino al 12 gennaio con i seguenti orari: da martedì a venerdì: 16 – 19; sabato e domenica: 10 – 13 / 16 – 19; giorno di chiusura: lunedì; giorno di Natale, chiuso; aperture straordinarie giovedì 26 dicembre, 10 – 13 / 16 – 19; lunedì 30 dicembre, 16 – 19; lunedì 6 gennaio, 10 – 13 / 16 – 19. Ingresso libero.